
Claudio Scajola con due nuovi cittadini italiani - undefined
Nel suo grande ufficio sul mare, Claudio Scajola tiene in bella vista tre fotografie: una di Alcide De Gasperi, una di Silvio Berlusconi e una di Papa Francesco. Da quando è tornato a fare il sindaco di Imperia, sembra divertirsi ancora di più. È ripartito laddove tutto era cominciato, nel 1982, quando era diventato il più giovane primo cittadino d’Italia alla guida di un capoluogo di provincia. In mezzo, gli altari e la polvere della politica romana, di cui non sembra conservare un gran ricordo.
Oggi amministra una comunità di oltre 42mila abitanti, il 15% dei quali straniero. Imperia è infatti il quarto Comune italiano, il primo a guida centrodestra, per presenza di minori stranieri sul totale, dopo Prato, Piacenza e Brescia. È ai vertici delle classifiche anche per l’incidenza di imprese create da immigrati. A fine gennaio, Scajola ha consegnato 24 nuovi attestati di cittadinanza ai “nuovi” italiani, di tutte le età: sono in particolare di origine turca, peruviana, albanese, tunisina, romena.
L’ex ministro e coordinatore di Forza Italia è favorevole allo Ius Scholae, si dice «perplesso» sull’operazione Albania «pur comprendendone il possibile effetto deterrente per chi parte» e ha un giudizio positivo sulla premier Meloni, che «si staglia molto al di sopra del suo governo e del Parlamento».
Sindaco Scajola, numeri alla mano, sul fronte migratorio Imperia sembra una città di frontiera, ma non lo è. A cosa è dovuto tutto questo?
Penso sia dovuto alla “forza tranquilla” nella gestione del fenomeno, che dimostriamo nel nostro operato. Abbiamo una popolazione molto anziana e registriamo una carenza di manodopera tra le persone in attività. Do atto a questo governo di aver aperto e allargato la platea del decreto flussi, ma bisogna fare ancora di più, se vogliamo avere un Paese che possa finalmente crescere contando su lavoratori qualificati. Poi, una volta combattuta quella pagina vergognosa che è lo sfruttamento dei braccianti irregolari, è necessario pensare all’integrazione.
Il nostro Paese però appare impaurito, ha disinvestito sull’accoglienza e la nostra classe politica sfrutta il tema immigrazione per catturare voti.
È vero, il dibattito pubblico si è incattivito, ma cerco di seguirlo il meno possibile, almeno in tv. Se fai sentire i nuovi arrivati parte attiva e se li responsabilizzi nella quotidianità, si possono attivare processi di partecipazione e di cittadinanza, come sta avvenendo da noi. Non vale lo stesso nei confronti degli italiani e delle loro famiglie? Perché dobbiamo pensare che uno straniero sia peggiore? Da noi ci sono cittadini peruviani che si dedicano alla ristorazione, cittadini turchi che realizzano con piccole imprese i muretti a secco, imprenditori albanesi attivi nell’edilizia… Tutti collaborano alla vita della nostra città.
E il Comune su cosa punta per garantire inclusione?
Tenga questa busta (la porge sorridendo, ndr). È il kit del buon italiano, che consegniamo ai nostri nuovi connazionali: c’è una copia della Costituzione, c’è la bandiera italiana, ci sono le informazioni utili su come ottenere la carta d’identità, la tessera elettorale, gli atti ufficiali... Personalmente, credo molto a questi passaggi, da ultimo quello in sala consiliare in cui queste persone devono giurare di essere fedeli alla nostra Carta.
Il suo partito, Forza Italia, si è espresso a favore dello Ius Italiae, che prevede il riconoscimento della cittadinanza in 10 anni dopo il completamento di un ciclo scolastico. Eppure Palazzo Chigi non vuole saperne, mentre centinaia di migliaia di ragazzi si sono mobilitati per il referendum.
Sono per lo Ius Scholae, è ora di finirla con i pregiudizi. Silvio Berlusconi la pensava come me e anche buona parte dei moderati è d’accordo. Su alcuni processi, peraltro, noi Comuni possiamo fare molto. A Imperia abbiamo lanciato un progetto, si chiama “Imparo l’italiano con mamma”, rivolto agli alunni stranieri e alle loro madri: genitori e figli insieme, a volte nella stessa aula di studio, con insegnanti e mediatori linguistici per fare passi avanti nell’apprendimento fondamentale della lingua.
Se guardiamo agli irregolari, invece, i rimpatri in Italia procedono a rilento. Non è meglio lasciar perdere progetti di delocalizzazione come l’Albania, molto costosi e poco dignitosi per un Paese civile come l’Italia?
Il problema dei flussi migratori accompagna la storia dell’uomo, i governi possono rendere il fenomeno più controllabile, ma il tutto non si risolve alzando i muri. Quanto all’Albania, ho riflettuto a lungo sugli effetti di una simile operazione. Ci può essere un effetto deterrenza, ma i risultati sono complicati da ottenere. Per questo resto perplesso. Il nodo da sciogliere resta quello dei i confini, di tutti i confini. Ventimiglia è stata un’emergenza, ora lo è di meno grazie anche al nostro impegno, Lampedusa rimane invece una situazione molto problematica. Chi predica apertura, come fece un decennio fa Angela Merkel, deve però stare molto attento a non esagerare.
La convince l’idea della “fortezza Europa”?
Per troppi anni, la Commissione ha scaricato il peso degli arrivi su Italia, Spagna e Grecia. Semmai oggi mi chiedo: abbiamo leader in grado di avere una visione, su questo e su altri temi, che guardi per dirla alla De Gasperi alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni? La risposta è no, anche per colpa in Italia di una legge elettorale infame che ha levato al cittadino il diritto di scegliere la persona che lo rappresenta. Chi decide non è più il popolo, a differenza di quanto è accaduto ad esempio in America. Sarà per questo che ultimamente vedo un’utilità anche in una figura come quella di Donald Trump. Almeno c’è qualcuno che dice alla nostra vecchia Europa: svegliati dal sonno, è il momento di agire.