«I nostri 3 figli, più gli altri 15»: a CasaMondo la famiglia non ha confini

di Lucia Bellaspiga, San Savino (Rimini)
Vicino a Rimini, la casa della Comunità Papa Giovanni XXIII ospita i migranti in un'atmosfera di condivisione: abbiamo trascorso una giornata insieme a loro
December 24, 2025
Grandi e piccoli, a CasaMondo sono tutti fratelli
Grandi e piccoli, a CasaMondo sono tutti fratelli
«Con i nostri quindici ragazzi, o meglio chi di loro vorrà esserci, la notte della vigilia la passeremo come ogni anno in stazione a Rimini alla Messa degli ultimi, nella piazza. È tutto molto curato, siamo seduti su cartoni puliti, avvolti nelle calde coperte, per noi è la più bella Messa dell’anno, lì Gesù arriva proprio per tutti. Partecipano tantissimi giovani». Siamo a CasaMondo, fuori Rimini, casa di accoglienza per migranti maggiorenni dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, e i “quindici ragazzi” che attualmente vivono qui sono in massima parte islamici, solo tre sono cristiani, ma tutti insieme hanno fatto il presepe e addobbato l’albero, che ora guardano con soddisfazione e corrono ad accendere per noi.
L’edificio in cui abitano loro è distinto dalla casa di Anna Marchetti e Christopher Pellizzari, i responsabili di CasaMondo, giovani sposi veneti trapiantati in Romagna e genitori di tre biondissimi bambini: a dividerli, o sarebbe meglio dire unirli, è il grande cortile interno con tanto di forno in cui d’estate si cuociono le pizze per tutti, e altri spazi comuni come il nuovo laboratorio per i lavori artigianali, dalla stampa su tessuti alla ceramica. Per il resto, Santiago (5 anni), Cecilia (3) ed Enea (1 e mezzo) vivono la loro dimensione familiare con mamma e papà, anche se «hanno un surplus di baby sitter – sorride Anna –, tutti se li coccolano appena tornano dal lavoro o da scuola, quando passano a salutare». Soprattutto quelli che sono partiti per povertà e a casa hanno i loro bambini: «Negli occhi di questi ragazzi in particolare vedi lo sguardo dei padri, lo riconosci subito». Arrivano da Bangladesh, Pakistan, Afghanistan, Egitto, Sierra Leone, Nigeria, Costa D’Avorio, Burkina Faso, Guinea e qui sono di passaggio, in attesa che la loro posizione sia valutata: accolti come profughi o invece respinti, spesso anche con situazioni intermedie che richiedono mesi di tempo…
«Intanto cerchiamo di essere noi la loro famiglia. Quando qualcuno viene a visitare CasaMondo ci stupiamo dello stupore altrui – afferma Christopher –, la nostra è una vita molto normale, come normale sarà il nostro Natale. Prima della Messa nella piazza, tra l’altro intitolata proprio a don Benzi, apriremo insieme i regali. L’anno scorso Anna aveva cucito in casa degli astucci con ricamato il loro nome, quest’anno abbiamo avuto meno tempo quindi riceveranno un bollitore nuovo collettivo. Poi con chi non andrà dagli amici e vorrà accompagnarci andremo alla Messa, che ogni anno ha un tema, quest’anno è “tu sei prezioso ai miei occhi”. Per gli islamici non ha il significato che ha per noi, ma sono liberi di fare ciò che sentono e l’anno scorso hanno percepito la gioia di tutte quelle persone, tanti senza dimora, unite dalla stessa gioia di celebrare insieme a Natale. Diceva don Oreste che gli ultimissimi non ci vengono a cercare, quelli dobbiamo andare a cercarli noi, ancor più allora nella notte di Natale: Gesù non arriva solo nelle chiese, quella piazza è la chiesa più affollata».
Anna e Christopher, lei laureata in ostetricia all’università di Padova, lui creativo dai mille talenti e operatore socio sanitario, si sono sposati a Rossano Veneto nel 2019, l’intero paese sottosopra e quattrocento invitati («li raggiungi presto se sei della Papa Giovanni, che fai, non li inviti i barboni?»). Non hanno fatto in tempo a conoscere don Oreste, morto nel 2007, ma ad attirarli è stata la sua rivoluzione della “condivisione diretta”, «vivere insieme ai fratelli meno fortunati, alla pari, per restituire un po’ di giustizia – spiegano –. Già nascere in Italia o invece in Afghanistan è una disuguaglianza, metterci al fianco dell’altro allora non è una buona azione, è un dovere».
Per Albert, 23 anni, cristiano, arrivato dalla Sierra Leone dopo un viaggio drammatico in cui ha visto inabissarsi la barca con a bordo l’amico, questo Natale è ancora più speciale: «Mi sono comprato l’auto e mi arriva oggi», gli brillano gli occhi, «ho lavorato e ce l’ho fatta. Ho preso la patente in lingua italiana e alla teoria ho fatto zero errori». Un po’ uomini e un po’ bambini, venuti da mondi lontani e da esperienze per noi inimmaginabili, si sono affidati anima e corpo a quei due amici italiani quasi coetanei, così rigorosi nella gestione di CasaMondo, dove tutto è in perfetta regola, quanto fraterni, nel vero senso della parola: «Il nostro pacco di Natale? Lo abbiamo ricevuto martedì ed è Ishak, l’ultimo arrivato, egiziano cristiano, un ragazzo d’oro che a casa ha due bambini – racconta Christopher –. È sbarcato a Lampedusa, poi con 16 ore di pullman lo hanno portato a Bologna, dove io l’ho preso in macchina e siamo venuti qui. Penso a quanto è stato bravo: non conosceva nessuno, era in un luogo mai visto, parla esclusivamente l’arabo… ma si è fidato di me, gliene sono grato. Perché per noi è un dono di Natale? Perché queste persone aiutano la nostra fede a non fermarsi alla preghiera, pur importante: li vedi e li accudisci, e questo è fare spazio a Gesù dentro di noi». Sullo schermo del cellulare Ishak ha il suo santo protettore, San Menna, martire cristiano venerato in Egitto.
Insomma, qui il Natale è difficile da raccontare perché in fondo è Natale tutti i giorni. D’altra parte sul presepe dell’anno scorso, che Anna non ha smontato per 12 mesi, c’era una scritta, “O è Natale tutto l’anno o non è Natale mai”. Anche Al Miràn, 30 anni, islamico del Bangladesh – sorriso ampio e buono, la moglie Sonia e i due bimbi ancora in patria – è arrivato dalla Libia dopo un viaggio tremendo, «ma Chris e Anna e i loro bambini sono la mia famiglia italiana, la consolazione quando sono triste. La mia bambina compie gli anni lo stesso giorno di Santiago, così ci colleghiamo in video e i nostri figli aprono il regalo insieme. Magari lo faremo anche a Natale, poi sarò anch’io alla Messa».
Il giorno dopo, al pranzo del 25, porte aperte per chi vorrà, anche tra i vicini di casa, «non lo scriva perché dobbiamo ancora invitarli, ma ci sono un padre e una figlia che passano sempre le loro giornate sulla panchina a guardare le auto che passano, in silenzio», aggiunge Anna, «il Natale smuove sempre qualcosa dentro, a credenti e non credenti, e per chi ha problemi è un giorno che mette malinconia, viverlo insieme può migliorare le cose». Giorni fa c’è stata anche la tombola natalizia, «commovente vedere come i ragazzi si impegnavano a dire i numeri nel loro italiano traballante, divorando con gli occhi quei cioccolatini in palio». Un po’ uomini e un po’ bambini, appunto. Se li è aggiudicati Naìm, 21 anni, pakistano islamico. Metà se li è tenuti, con l’altra metà è tornato la notte a bussare da Chris e Anna: «Buon Natale ai vostri figli».

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