«Caro Donnie...»: Silvia e le lettere al braccio della morte

Lei è milanese, 86 anni, abita in una zona residenziale, e la vita sembra averle già dato tutto. Tanto più che una malattia articolare limita gli slanci di generosità che l’hanno sempre contraddistinta. Invece ecco nascere quasi per caso la corrispondenza con un condannato alla pena capitale in un carcere duro della Florida
December 25, 2025
«Caro Donnie...»: Silvia e le lettere al braccio della morte
Donnie e Silvia in una delle due sole brevi visite nel parlatorio del penitenziario della Florida
Silvia Rocco ha 86 anni e uno di quei volti che a prima vista capisci plasmati dal bene fatto, visto, costruito. Un sorriso accogliente e buono, le parole misurate e gentili. I quattro figli cresciuti all’idea che attorno a noi c’è un bisogno smisurato di attenzioni, e lei che oggi dice di aver «dedicato la mia vita ad aiutare persone in situazioni estreme: tossicodipendenze, Aids, disagio psichico e comportamentale». Ora che anche i nipoti sono tutti grandi, che il suo matrimonio è purtroppo terminato e che avrebbe più tempo da dedicare alla sua grande passione per il prossimo, ecco arrivare una neuropatia alle gambe, che inevitabilmente la frena – «ho visto la mia vita attiva ridursi drasticamente» – ma non può fermarla: «La mia mente e il mio cuore sono rimasti aperti, curiosi e pronti a nuove esperienze. Cercavo da tempo qualcosa che mi permettesse di essere d’aiuto nonostante i miei limiti fisici». Un esempio di terza età che sa di prima giovinezza. Non raro a Milano, una di quelle persone di cui l’arcivescovo Delpini nel suo Discorso alla Città ha detto che «si fanno avanti» e tengono in piedi una metropoli che ha corso tanto e ora è incerta sul suo futuro. C’è tanta disponibilità di bene in giro ovunque per Milano – Silvia vive nella quiete residenziale della zona ex Fiera, e lei stessa si definisce «di estrazione borghese» –, come oggi si possa mettere a frutto è un altro discorso, specie quando anni e acciacchi pesano sempre più.
Ma le occasioni nascono come è sempre accaduto: per un caso apparente, Provvidenza manzoniana in purezza. E così Silvia incrocia il libro che racconta di una donna, Laura Belotti, entrata in corrispondenza con un detenuto atteso all’esecuzione capitale negli Stati Uniti: muovendo solo la penna ha mosso due cuori, quello del carcerato costretto a un destino di morte – ma non alla disperazione – e il suo. L’ha fatto grazie al progetto della Comunità di Sant’Egidio «Scrivi a un condannato a morte», idea formidabile per dare forza alla richiesta di messa al bando di ogni patibolo con l’adozione “a distanza” di chi è atteso un giorno da un’iniezione letale. E Silvia, per dirla con Delpini, “si fa avanti”.
Ma questa è solo una parte della storia, quella milanese, che ci parla di un gesto nobile come decidersi a mandare messaggi a una persona angosciata e sconosciuta che ha una storia completamente diversa dalla tua, parla un’altra lingua che non sai, il suo orizzonte è il cielo a scacchi e non il Vigorelli o le torri di City Life, e chissà che pensieri ha in testa. Quando il 25 gennaio 2022 Silvia scrive (in italiano, tradotto con dispositivi digitali) la prima email indirizzata alla Union Correctional Institution di Raiford, Florida, uno di quei penitenziari dov’è attivo un posto assurdo gestito dallo Stato che si chiama “Braccio della Morte”, ha presente solo un nome a cui rivolgersi ma non ha idea delle mani umane in cui la sua lettera capiterà. Le mani sono quelle di Donald O. Williams, detto Donnie, 65 anni: e per il tribunale che l’ha condannato a morte nel 2014 sono macchiate dal sangue di un efferato delitto del quale lui si professa innocente con battagliera tenacia. Veterano dei Marines, operaio e poi venditore, un figlio che non vuole più saperne di lui come l’ex moglie, Donnie è un omone grande e grosso col cuore tenero ma che il carcere duro ha fatto chiudere ermeticamente a un mondo che vuole disfarsi di lui. Una vita a perdere, si direbbe.
Un passato di abusi subìti dal padre e di povertà morale e materiale, Donnie legge le parole di quella attempata donna italiana che chissà perché ha deciso di spezzare il guscio della sua disperata solitudine («Oggi comincia una nuova amicizia tra noi, se vuoi...» è l’incipit della prima lettera). E poco manca che ci resti davvero secco. È come se una palla di fuoco sciogliesse all’istante il ghiacciaio nel quale la sua vita si è paralizzata, scossa solo dagli ostinati ricorsi per reclamare giustizia. L’ex marine tutto d’un pezzo sembra non attendesse altro. E nello scambio epistolare sempre più fitto che da allora inizia, poi ininterrotto, si scopre letterato, umorista, poeta, cronista, fluviale confidente di quella signora ignota che gli si rivolge con garbata eleganza. E quando scopre che la sua fede cattolica è condivisa da Silvia, donna di sensibile e profonda spiritualità, non tarda ad affiorare una sintonia dell’anima che va di pari passo con quella del cuore. Sino a rendere i due inseparabili sebbene divisi da un oceano, due vite difficilmente immaginabili più distanti dentro un destino che pare consegnarli a una lontananza insanabile.
Invece una lettera dopo l’altra Silvia e Donnie si intendono sempre meglio e sempre più a fondo. Parlando letteralmente di tutto: lei gli racconta come cucina il risotto alla milanese, lui della vita durissima in una cella di tre metri scarsi; lei gli dice delle bellezze e del clima di Milano, lui della rissa di cui è stato testimone nell’ora d’aria; lei si diffonde sui pensieri che le fanno compagnia in giornate insidiate dalla nostalgia e dalla solitudine, lui sul suo turbolento passato, la felicità sempre intravista e sempre negata, i desideri irrealizzati e quelli che inizia a sognare di compiere con lei, certo che il suo caso sarà rivisto e potrà gustare la libertà insieme alla “sua” Silvia.
Sì, perché l’amicizia è diventata in breve affetto, e poi è tracimata in un amore reciproco per via epistolare al quale l’una e l’altro si consegnano con tutta la gioia di una sorpresa che la vita ha imprevedibilmente riservato a entrambi quando pareva che fosse ormai tutto finito. «Com’è stato possibile? – si chiede Silvia –. Quale vuoto profondo ciascuno di noi ha riempito? Quale nostalgia ha condotto l’una e l’altro “in un luogo dentro noi stessi che non avevamo mai visitato”, come tu hai magistralmente descritto parlando del nostro percorso interiore?». E se Donnie si esprime con l’impeto di un uomo semplice che dentro il buio della disperazione ha visto accendersi una luce sempre più calda e avvolgente, Silvia usa un linguaggio quieto e nobile, come un abbraccio di parole che vola dentro il carcere e squarcia la cappa di piombo che teneva in schiavitù, con il corpo, anche l’anima di Donald.
Nel segreto di questo dialogo di persone mai così lontane e vicine (coronato da due brevi visite di persona nel penitenziario, nel 2023 e 2024, grazie a una rete di amicizie che intanto si è tessuta attorno all’incredibile impresa della nonna milanese) possiamo entrare grazie all’idea di Silvia che ha raccolto a sue spese il corposo epistolario in un volume (Oltre ogni irragionevole speranza. Una storia vera, 256 pagine) pubblicato in proprio, acquistabile su Amazon a poco più di 20 euro e ora disponibile anche nella traduzione in inglese. In un crescendo di emozioni e confidenze interiori, seguiamo l’avventura di due persone tra loro remote per tutto ma rese prossimo l’una dell’altra. Un viaggio sorprendente che si gusta parola dopo parola, con una sorpresa che cede il passo alla curiosità, al divertimento, persino alla commozione. Nel parlatorio del carcere Silvia racconta di aver «invocato la Misericordia di Dio su di te» e «recitato il Padre Nostro»: poi «ho tracciato una piccola croce sulla tua fronte benedicendoti». E gli manda una foto del Duomo di Milano. Donnie, incantato, si scioglie una volta ancora: «Ti prego di perdonare i miei errori. La ricerca è finita. Ci siamo trovati».

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