Con Olga e gli altri, al pranzo di Natale nel cinema di Kiev che è diventato un rifugio

di Luca Geronico, inviato a Kiev
Sant’Egidio ha riunito sfollati e volontari per condividere cibo, canti e normalità: un gesto semplice che resiste alla guerra e accende una luce nelle tenebre. Noi ci siamo stati e abbiamo raccolto le loro voci
December 26, 2025
Un momento del pranzo di Natale a Kiev con Sant'Egidio
Un momento del pranzo di Natale a Kiev con Sant'Egidio
Gli allarmi delle tre e mezza e delle sei del mattino nei quartieri centrali di Kiev sono la risposta a chi chiedeva, almeno per il giorno di Natale, una tregua di 24 ore. La guerra, da oltre un anno, ha «cambiato strategia» spiegano gli abitanti della capitale: si combatte non solo contro l’avanzare dei tank nel Donbass, a Kherson, a Zaporizhzhia, ma si deve resistere alla battaglia dei droni che, stillicidio di quotidiana crudeltà, colpiscono tralicci dell’alta tensione e generatori, consegnando l’Ucraina, senza luce e riscaldamento, al quarto inverno di seguito al buio e al gelo.  Per questo il pranzo di Natale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio alla Kiev Hall – un enorme cinema durante il regime sovietico ora riconvertito a spazio espositivo - è la risposta della normalità e della festa popolare al “terrorismo psicologico” di chi ha deciso violare i cieli anche nella Notte santa. Il piano terra, dove sono stati apparecchiati i tavoli per accogliere più di 200 invitati “reclutati” nei “Centri umanitari” di Sant’Egidio dove avviene una distribuzione settimanale di aiuti, funziona anche come “shelter” in caso di un attacco durante la giornata.
I primi, con in mano un cartellino di invito, arrivano verso le due del pomeriggio: i volontari, una cinquantina sono in gran parte donne, loro stessi assistiti dalla comunità di Sant’Egidio. «Il 90% sono sfollati da altre città che vengono alle distribuzioni di viveri e beni di prima necessità nei nostri cinque centri una volta alla settimana» spiega Vita Zinevych, la responsabile dell’organizzazione del pranzo. In 48 ore, nella sola Kiev, la comunità organizza altri quattro pranzi di Natale, ed altri si svolgono a Leopoli e Ivano-Frankivsk. «In questo modo chi è stato aiutato nei nostri Centri umanitari, chi è diventato profugo a causa della guerra, ora si sente utile e può socializzare con gli altri» prosegue Vita. Olga Mironchik ha lasciato la sua città Alchevck, 100mila abitanti nel Lugansk, il 29 luglio del 2014 «quando sono arrivati i russi: da allora ho abitato in sei città diverse. Mariupol, Sumy, Poltava, Kharkiv, ancora Poltava. E dal 2022 a Kiev» dove vive in una casa in affitto. «Ho fatto tutto questo per i miei figli: per dare loro un futuro». E Sant’Egidio, a Kiev, è diventato la sua seconda famiglia: la prima è composta dal marito, lavoratore portuale, e da Hartema, 28 anni, e Masha, 14 anni autistico: «La mia vita è la comunità: mi aiutano e io aiuto molto». Così durante l’anno è lei stessa volontaria dell’”Ufficio postale”, una sorta di telefono amico con cui si mantengono i contatti con le famiglie nelle regioni vicine al fronte e si organizza la spedizione degli aiuti. Una macchina della solidarietà cresciuta esponenzialmente durante la guerra e resa possibile da una rete di donazioni internazionali.
«Collaborando a questo pranzo non mi sento sola: questo per me è un giorno di pace» conclude Olga. «Oggi celebrare il Natale in Ucraina è allo stesso tempo una sfida e un'impresa cristiana» ha sottolineato l'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Chevchuck, nel suo messaggio di Natale. Ed è la terza volta che la Chiesa latina, la Chiesa greco-cattolica e la Chiesa ortodossa d’Ucraina festeggiano il Natale assieme il 25 dicembre. In segno di unità nazionale la Chiesa ortodossa ucraina – ma non la Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca – ha abbandonato la tradizionale data del 7 gennaio stabilita dal calendario giuliano. «Il nemico del genere umano cerca di immergerci nel freddo e nelle tenebre, tenebre non solo fisiche, privandoci di energia elettrica e di calore, ma anche nelle tenebre della disperazione, dello sconforto, delle manipolazioni e del mercanteggiare sul destino del nostro popolo» osserva sempre l'arcivescovo di Kiev nel suo messaggio. Il pranzo alla Kiev Hall è servito. Il popolo dei poveri di Kiev, cattolici ed ortodossi, si è riunito: Mykola Lysenko è il bisnipote del più grande compositore e direttore d’orchestra ucraino che, deceduto nel 1912, portava il suo stesso nome. Pure lui volontario, si aggira per le sale ora tutte riempite dagli ospiti cantando le musiche tradizionali. Con altri due coristi canta il saluto di Natale degli ucraini: «Hrystos Narodysia. Slavimo Joho», «Cristo è risorto. Gloria a lui». E tutta la sala diventa un coro spontaneo. Il pranzo è finito e i volontari consegnano a ciascun ospite un pacco dono: un dolce, una barretta di cioccolata, una confezione the, un paio di calze e delle ciabatte di pezza. Alla Kiev Hall una luce nelle tenebre è rimasta accesa.

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