giovedì 18 febbraio 2021
In 30 anni decuplicati. Yemen, Somalia, Iraq, Siria, Colombia e Sud Sudan i Paesi più pericolosi. Rapporto di Save the Children “Arma di guerra: la violenza sessuale contro i bambini in conflitto"
Lydia, violentata a 15 anni nella RdC, con la sua bambina Bintu

Lydia, violentata a 15 anni nella RdC, con la sua bambina Bintu - Credit: Esther Ruth Mbabazi per Save the Children

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Lydia (chiamiamola così per tutelare la sua privacy) è nata nella Repubblica democratica del Congo. Ha 15 anni quando, tornata da scuola, scopre che sua madre è scomparsa. Esce disperata a cercarla ma si imbatte in un gruppo di ribelli, che la violentano. Sola e sconvolta fugge per un giorno intero fino a quando non arriva in un centro di accoglienza dove trova sua zia. Mesi dopo si sente male. Negativo l’esame per l'Hiv, mentre è positivo il test di gravidanza. Lydia viene aiutata e partorisce senza complicazioni una bimba. Ora vive in un insediamento di rifugiati nell'Uganda occidentale con sua figlia, due zie e i loro figli. Save the Children ha fornito a Lydia supporto psicosociale, con un assistente che visita la famiglia e fornisce anche aiuti materiali. Lydia non vuole più tornare in RdC. Cullando la piccola Bintu tra le sue braccia magre, dice che vuole diventare una parrucchiera e vedere sua figlia andare a scuola.

Quella di Lydia è una delle tante, troppe, storie di violenze sessuali contro bambine e bambini in molte aree del mondo sconvolte da conflitti armati . Oggi, infatti, 72 milioni di minori vivono in zone dove gruppi armati sono soliti perpetrare abusi anche contro bambini e adolescenti. Un numero considerevole se si pensa che si tratta del 17% dei 426 milioni di bambini che vive a meno di 50 Km dalle aree di conflitto a livello globale - 1 su 6. Questo è solo uno dei dati che emerge dal nuovo rapporto "Arma di guerra: la violenza sessuale contro i bambini in conflitto" diffuso da Save the Children nell'ambito della campagna Stop alla guerra sui bambini. L'organizzazione si appella ai governi e alla comunità internazionale affinché «venga posta la massima attenzione su questa tragedia», ponendone fine, tenendo conto, denuncia Save the Children, che dal 2018 al 2019 queste atrocità commesse per mano delle forze governative sono quasi raddoppiate.

Il rapporto - il primo con un'analisi dettagliata del rischio per i bambini di vivere violenze sessuali in zone di conflitto tra il 1990-2019 - dimostra come oggi i minori corrano quasi 10 volte in più il rischio di subire abusi rispetto a trent'anni fa (nel 1990 erano 8,5 milioni). I Paesi nei quali il rischio di violenze sessuali contro i bambini per mano di gruppi e forze armate è più alto sono lo Yemen (dove le segnalazioni riguardano l'83% dei minori considerati a rischio), la Somalia (56%), l'Iraq (49%), la Siria
(48%), la Colombia (24%) e il Sud Sudan (19%). Questo include il rischio di stupro, schiavitù sessuale, prostituzione,
gravidanze, sterilizzazione e aborto forzati, mutilazioni sessuali, abusi e torture sessuali da parte di gruppi armati, forze governative o di polizia.

«Pensare che dei bambini possano essere vittime di violenze sessuali è qualcosa di semplicemente inaccettabile, di fronte alla quale non è possibile rimanere inermi», dichiara Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. Spesso - sottolinea - sono costretti a vivere questa tragedia in silenzio, portandosi dietro per tutta la vita i segni delle violenze subite e senza ricevere il supporto di cui avrebbero urgente bisogno per affrontare le conseguenze fisiche e psicologiche che tutto ciò comporta». Fatarella aggiunge che in media, nel 2019, sono stati segnalati «solo due casi al giorno di violenza sessuale contro i bambini che vivono in aree di conflitto, ma si tratta solo della punta dell'iceberg». Pensare che bambine in Repubblica Democratica del Congo, vengano violentate all'età di 8 anni da uomini armati durante le irruzioni nei villaggi «ci deve far vergognare come genere umano», conclude.

«Ho aperto per la prima volta il Panzi Hospital nel 1999 con l'intenzione di costruire un centro di eccellenza per la salute materna nella Repubblica Democratica del Congo - afferma nella prefazione del rapporto di Save the Children Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018 e fondatore e Direttore medico presso il Panzi Hospital in Rdc- ma non avrei mai potuto immaginare che mi sarei trovato di fronte a così tanti casi di bambine vittime di violenze sessuali. La più giovane sopravvissuta che abbia mai curato aveva solo sei mesi quando è stata brutalmente aggredita».




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