martedì 30 aprile 2013
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Posso dirlo? Posso dire che trovo inverecondo un giornalista che si sia armato di microfono e sia andato a intervistare il figlio dell’uomo che ha sparato davanti a Palazzo Chigi?». Don Fortunato Di Noto, che ha fondato l’Associazione Meter per difendere i più piccoli dagli abusi, prova rabbia per quell’intervista. Che non gli passa neppure dopo la nota del direttore di Studio Aperto: «Non credo sminuisca la gravità di ciò che è avvenuto: è stato intervistato un bambino, il video è stato messo on line». E ancora: «Che male ha fatto questo bambino per meritare tanta sofferenza? Penso anche ai figli dei carabinieri, ed anch’io sono figlio dell’Arma, vittime di un gesto insano e folle».È un fiume in piena don Di Noto: «Chi ha permesso questo? Informazione o sciacallaggio a tutti i costi? È un bambino, soltanto un bambino, niente più. Che cosa vuole fare l’Ordine dei giornalisti? E come risponde la nostra coscienza sopita?». Perché i vertici istituzionali «non vanno a incontrare il figlio del disperato attentatore, perché non confortiamo anche lui? Che colpa può avere un bambino... Adesso additato più di ieri? Lo ripeto, è inverecondo mettere in mezzo un ragazzino di undici anni».Proprio in questa settimana l’Associazione Meter sta celebrando la XVII "Giornata dei bambini vittime dello sfruttamento, e della indifferenza e contro la pedofilia". «I giornalisti si sono dotati di un codice di autoregolamentazione in nome della tutela dei minori (la "Carta di Treviso", ndr) – dice il sacerdote – ma a me pare che spesso, in nome dello scoop o presunto tale, si violi facilmente la deontologia». Poi conclude con amarissimo sarcasmo: «Adesso che facciamo? Invitiamo quel bambino a qualche bella tavola rotonda o in qualche programma di "approfondimento"?».
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