venerdì 18 febbraio 2022
La lezione di Impastato e quel messaggio nel "feudo" di mafia
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Combattere la paura, la rassegnazione, la sfiducia. Per tre giorni San Severo ha riflettuto su questi temi con l’aiuto di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, il giovane politico e giornalista ucciso dalla mafia a Cinisi il 9 maggio 1978. L’occasione è stata l’inaugurazione del Centro diurno per minori intitolato proprio a Peppino Impastato, dopo incontri con le scuole, le parrocchie dei quartieri più a rischio, le associazioni giovanili. Una risposta all’escalation di attentati alle attività commerciali, ben 4 a gennaio, e alla forte presenza criminale nella città.

Un evento organizzato dall’amministrazione comunale col progetto di antimafia sociale 'Made in San Severo: la ricetta della legalità', insieme ad associazioni, scout dell’Agesci e la collaborazione della Caritas. Tra le iniziative la rassegna 'Legal factory' con la presenza dei protagonisti dell’antimafia sociale. L’incontro con Giovanni Impastato è stato un tuffo nella memoria, ma viva e legata all’attualità. Il più intenso degli incontri nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano, nel quartiere Luisa Fantasia, 'feudo' del clan più potente della città. Chiesa strapiena, tanti giovani e anche adulti.

La stessa chiesa dove pochi mesi fa il nipote di un boss era stato accompagnato per la Prima Comunione a bordo di un’enorme limousine. Ma questa sera è diverso, a partire dalle parole del parroco don Dino D’Aloia. «Questa parrocchia la definiscono di degrado sociale, ma è piena di voglia di riscatto, gente che vuole cambiare le cose. E allora noi ci mettiamo insieme, ci sono tanti progetti. Noi facciamo antimafia sociale col rispetto delle regole quando si gioca a pallone, quando si sta al bar, quando si sta vicini. E quando diciamo che la persona che deve essere rispettata è quella che rispetta le regole e non quella che fa il furbo. Questo è l’onore che dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi». Giovanni Impastato parla ai giovani, così come aveva già fatto in 4 scuole superiori e all’Epicentro giovanile. «Non partiamo sconfitti in partenza, dobbiamo crederci. Chi è rassegnato non cerca la verità. Quella mafia l’abbiamo sconfitta col tempo, raccogliendo le idee di Peppino, studiando».

E parla anche agli adulti, in particolare a chi ha un’attività economica ed è nel mirino della violenza mafiosa. «Non ci siamo arresi, non abbiamo abbassato la testa. Abbiamo tenuto viva la memoria. Anche qui potete farcela. Ma non vi dovete tirate indietro mai». Un appello che raccoglie il vescovo, don Gianni Checchinato. Legge alcuni passaggi della canzone di Francesco Guccini, 'Dio è morto'. «In ciò che noi crediamo Dio è risorto. In ciò che noi vogliamo Dio è risorto. Nel mondo che faremo Dio è risorto». E aggiunge: «Grazie a Peppino che ci ha dato la testimonianza di essere un uomo risorto, perché hanno potuto ucciderlo ma non hanno potuto distruggere la sua memoria che continua a essere viva e punto di riferimento della nostra vita». Lo dice anche il sindaco Francesco Miglio, da due anni sotto scorta per le minacce dei clan. «Porto a casa la fiducia e la speranza di un territorio con tanti problemi ma anche fertile e su cui bisogna continuare a investire, a seminare. E da un seme nascerà un fiore. Per questo ci impegniamo».

Ma la strada non è facile, come sottolinea Simona Venditti, assessore alle Politiche sociali e volontaria Caritas. «Quando siamo partiti con il progetto di antimafia sociale c’era paura e addirittura si arrivava a disquisire se si doveva inserire la dicitura antimafia. Stasera noi lo diciamo: antimafia sociale». E scandisce con forza la parola 'anti'. C’è davvero voglia di riscatto. Come, chiudendo l’incontro, sottolinea Matteo Ferrero, educatore professionale, volontario dell’Azione cattolica, che ha condotto la serata assieme ad Aurora Giuliani, assistente sociale, capo scout e volontaria Caritas. «Oggi abbiamo fatto il primo dei cento passi verso la legalità e la giustizia. Oggi abbiamo alzato la testa. Abbiamo detto il nostro sì, siamo qui. E fuori ci sono ancora tanti che ci sono vicini. Allora iniziamolo questo passo, tutti insieme, senza paura. Peppino avrebbe detto 'basta, la mafia è una montagna di m…!». E scatta un lungo applauso.

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