giovedì 30 dicembre 2021
Dopo undici anni si conclude al terzo grado di giuizio col proscioglimento «perché il fatto non sussiste» la vicenda giudiziaria del presule calabrese accusato di rivelazione del segreto investigativo
Il vescovo di San Marco Argentano-Scalea monsignor Leonardo Bonanno

Il vescovo di San Marco Argentano-Scalea monsignor Leonardo Bonanno

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Ci sono voluti undici anni per vedere definitivamente ristabilita la giustizia grazie alla sentenza della Corte di Cassazione che oggi ha assolto «perché il fatto non sussiste» monsignor Leonardo Bonanno, vescovo della diocesi calabrese di San Marco Argentano-Scalea, difeso dagli avvocati Giuseppe Falcone e Franco Sammarco dall’accusa di rivelazione del segreto investigativo. Bonanno era stato indagato dal pm presso il Tribunale di Cosenza, Francesco Cozzolino. Come vicario generale dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, Bonanno era stato incaricato dall’arcivescovo Nunnari di reperire i documenti richiesti dalle autorità giudiziarie per un procedimento avviato nel 2008 dalla Procura di Cosenza nei confronti di un sacerdote dell'arcidiocesi bruzia. Gli venne contestato di aver chiesto a due legali di fiducia di collaborare alla ricerca della documentazione, un fatto che però per la Procura cosentina costituiva motivo di reato. L'avviso di garanzia porta la data della consacrazione episcopale di Bonanno, avvenuta nel Duomo di Cosenza il 25 marzo 2011. Nei giorni successivi il vescovo fu poi interrogato dal pubblico ministero.
La vicenda ha turbato monsignor Bonanno e i fedeli della diocesi di San Marco Argentano, che hanno sempre mostrato grande stima e fiducia nell'operato del loro pastore. La sentenza di prima istanza è stata emessa nel dicembre del 2015, con la condanna a 5mila euro di ammenda. Nel 2017 l’imputato ha rinunciato espressamente alla prescrizione mentre la prima sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado, vietando al presule la possibilità di essere presente e prendere parola nel dibattimento.
Il verdetto definitivo giunge ora con l'assoluzione da parte della Suprema Corte in quanto l'ordine di esibizione da parte della Procura era stato indirizzato all'Arcivescovo – legale rappresentate dell'arcidiocesi cosentina – del quale Bonanno fu semplice esecutore, così come i due legali suoi collaboratori.

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