martedì 27 ottobre 2009
È un quadro politico in ebollizione quello che si è delineato nelle ultime ore sia all'interno della maggioranza che dell'opposizione. Rutelli conferma l'annuncio "scissionista" a poche ore dall'elezione di Bersani: «Serve un tragitto diverso, con persone diverse». E il caso Tremonti continua a dividere il Pdl.
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È un quadro politico in ebollizione quello che si è delineato nelle ultime ore, dopo l'annuncio "scissionista" di Rutelli e il caso Tremonti che agita e divide il Pdl. Da un lato, dunque, una situazione in forte cambiamento ad appena poche ore dall'elezione di Bersani a nuovo segretario del Pd; dall'altro le tensioni all'interno della maggioranza, con Berlusconi che preme sul taglio delle tasse e annuncia di non essere più intenzionato ad aspettare Tremonti, mentre la Lega invece appoggia incondizionatamente il ministro dell'Economia, insistendo addirittura sul suo ruolo di vicepremier.Il caso Rutelli. Fuori dal Partito democratico e al fianco di Pier Ferdinando Casini, ma «non subito e non da solo». La considerazione di Francesco Rutelli sul suo futuro politico non è di ieri, anche se proprio ieri è stata resa pubblica per promuovere il prossimo libro di Bruno Vespa. «Quelle dichiarazioni risalgono ad alcune settimane fa», ha perciò precisato l’ufficio stampa dell’ex-leader della Margherita, che dell’esito delle primarie parlerà oggi, a Milano. Presentando il suo, di libro, intitolato La svolta. Lettera a un partito mai nato. «Figuriamoci se un tema così serio come le alleanze e i rapporti con l’Udc si liquida con i giochini che servono a Vespa per lanciare i suoi libri...», avrebbe detto il senatore, con un pizzico d’irritazione, ai suoi collaboratori. «Nessun giochetto», ha ribattuto il giornalista, il testo era «rivisto, meditato e concordato».La sostanza non cambia: Rutelli sta per salutare il Pd, che con Bersani segretario ha svoltato decisamente a sinistra. L’idea, che il presidente del Copasir accarezza ormai dall’estate scorsa, è la formazione di due gruppi parlamentari autonomi, alla Camera e al Senato. Servono almeno 20 deputati e 10 senatori e la conta è già cominciata, tra i rutelliani (Gianni Vernetti, Linda Lanzillotta), i cosiddetti teodem (Paola Binetti, Enzo Carra, Luigi Bobba), altri centristi e liberali che ora sono in diverse formazioni politiche.Questo per l’immediato. Più in là, certamente dopo le elezioni regionali di primavera, potrebbe invece nascere un soggetto politico tutto nuovo, con Casini come co-fondatore. È quello che qualcuno, tra i potenziali aderenti, già chiama «il Centro reale». Un centro "puro", insomma, o «un partito del buonsenso», per dirla proprio con Casini.«Deve formarsi una forza nuova», dice Rutelli a Vespa, auspicando «un confronto tra moderati del centrodestra e democratico-riformisti del centrosinistra». Oggi, invece, il Pd non rappresenta i moderati che non votano Berlusconi, i quali «da un lato sono sempre più attratti da Casini e dall’altro guardano a Di Pietro». Ma «nemmeno il Pci», secondo l’ex-sindaco di Roma, ha mai oscillato «tra un laicismo fondamentalista minoritario e un giustizialismo caudillista».E il caso Tremonti. «Ma quale vicepremier! Se Giulio insiste con questa richiesta folle offro a Giancarlo Giorgetti il ministero dell’Economia... E poi voglio davvero vedere la Lega che cosa fa...». Silvio Berlusconi scandisce quel nome. Poi, come se volesse dare forza a quella che sembra a tutti una boutade, va avanti: «Ho detto Giorgetti, uno dei parlamentari più in gamba del Carroccio, uno che si è laureato in economia alla Bocconi...». Chi siede davanti al premier capisce e, pretendendo garanzie certe sull’anonimato, confessa: «La misura è colma e Tremonti non sarà mai vicepremier... Se poi dovesse insistere con le minacce Berlusconi ha pronti più piani alternativi...». Non esiste la carta Mario Draghi, oggi al comando di Bankitalia. Non esiste, almeno a sentire il diretto interessato, una carta Renato Brunetta. «Io sono disposto a spostarmi solo all’Università e a riprendere a fare il professore», taglia corto il ministro della Pubblica amministrazione. E forse la verità è che non esiste un candidato vero per un’improbabile successione all’Economia perché tutti, a cominciare dal premier, scommettono su una resa imminente del ministro. Ma se Tremonti dovesse insistere e la Lega continuasse a sostenerlo sarebbe il momento di rispondere con la stessa moneta. C’è la carta Giorgetti. Ma c’è anche una seconda ipotesi che servirebbe al Cavaliere per «far tornare la ragione» al ministro dell’Economia: in cambio della testa di Tremonti e di un via libera al ministro del Welfare Maurizio Sacconi, Berlusconi sarebbe pronto a dare alla Lega due Regioni del Nord. Magari anche la Lombardia. È davvero una partita complicata, dall’epilogo ancora non chiaro.
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