venerdì 5 dicembre 2014
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​«Il sindaco Marino dovrebbe chiamare a raccolta tutte le forze sane che ci sono nella città. A cominciare da quelle presenti in Campidoglio. Perché Roma, la Capitale d’Italia e della Cristianità, sta vivendo una gravissima crisi politica, che è anche morale e culturale, e ha urgente bisogno di una risposta eccezionale, all’altezza della situazione». Francesco Rutelli, sindaco di Roma per due mandati, tra il 1993 e il ’99, è preoccupato: «Roma fin dai tempi antichi ha avuto un fondo limaccioso. Ne parlavano Marziale e Giovenale, poi il Belli, ora abbiamo il Romanzo Criminale di De Cataldo. Questo fango va tenuto a bada, la città non merita di essere sommersa». On. Rutelli, sta proponendo per Roma un governo di larghe intese? Non spetta a me indicare le formule. Dico solo che in un momento come questo credo sia importante che il sindaco cerchi il massimo di collaborazione possibile, coinvolgendo persone capaci e oneste, indipendentemente dalla casacca di partito. Penso, per esempio, ad Alfio Marchini, agli esponenti del Movimento Cinquestelle, a quella parte della destra pulita, come Umberto Croppi o Domenico Fisichella. Perché anche le inchieste di Roma dimostrano che in fatto di onestà non ci sono divisioni nette: i buoni tutti da una parte, i cattivi dall’altra. E poi, è un punto fondamentale, serve il coinvolgimento della parte sana della società civile: dico "sana" perché la corruzione non riguarda solo la classe politica, ma – come emerge pure da questa inchiesta – tocca funzionari, avvocati, notai, forze dell’ordine, associazioni, cooperative e così via. Ha detto che non vuole suggerire formule a Marino. Però un’idea se la sarà fatta di quello che si dovrebbe fare a Roma... Roma è una città grande e complessa e non si può mai governare in solitudine. Le leadership sono importanti, ma così come non esistono salvatori della patria, non possono nemmeno esistere salvatori di Roma. È pertanto fondamentale avere una squadra, un progetto chiaro di città con le priorità all’altezza di una Capitale e il coinvolgimento il più ampio possibile dei cittadini, delle categorie sociali, delle periferie. Ecco perché l’idea di un sindaco in bicicletta non mi convince fino in fondo. Può funzionare al centro storico, dove girare in bici è un’esperienza bellissima, ma non certo nelle periferie. Roma si estende su un territorio vastissimo di 130 mila ettari: quando ero sindaco macinavo in auto migliaia e migliaia di km alla settimana. Gli abitanti della periferia sanno che nessuno potrà mai arrivare dalle parti loro in bicicletta. E si sentono abbandonati, anche per la scomparsa dei partiti.Quando era sindaco ha avuto mai sentore di quanto di sporco e di marcio si muovesse all’ombra del Campidoglio?Gli affaristi e i corrotti sono sempre esistiti. Ma bisogna metterli ai margini, tenerli fuori. L’incorruttibilità personale è fondamentale. Anche perché i corrotti capiscono subito, come diceva il sindaco Nathan, che «non c’è trippa pe’ gatti». Ma l’onestà non basta. Bisogna rendere l’amministrazione trasparente e perfettamente funzionante. E tenere gli occhi sempre aperti. Nella mia giunta, appena sentivamo odore di bruciato o notavamo un comportamento non corretto andavamo immediatamente dai carabinieri  o, nei casi più gravi, in Procura. Non c’è solo Roma nel mirino dei giudici. Penso alle inchieste sul comitato del centenario, sul Mose a Venezia, sull’Expo a Milano. Che succede?La corruzione dilaga se la politica è debole. E come dicevo prima non risparmia nessun partito. Non voglio vantarmi, ma al Comune di Roma abbiamo gestito i fondi del Giubileo terminando le opere in tempo e senza avere neanche un avviso di garanzia. Questo significa che la politica è in grado, se vuole e se ne è capace, di guidare progetti e trasformazioni, facendo argine contro il malaffare. Lei è arrivato in Campidoglio subito dopo gli anni di Tangentopoli. Cosa ha trovato?Solo macerie. La magistratura ha accertato che su tutti i lavori dell’Acea, la municipalizzata per l’acqua e l’elettricità, c’era un pizzo del 5 per cento, si trattasse della piccola cabina fino alla grande centrale, che veniva spartito tra i partiti di maggioranza. Il 60 per cento delle opere pubbliche erano attribuite a trattativa privata. C’è a questo punto un discorso importante da fare: il meccanismo per bandi, concorsi e controlli è estremamente lento e farraginoso. L’eccesso di burocrazia, specie di fronte alle emergenze, può diventare l’alibi per aggirare le regole. Per essere efficaci, le norme devono essere più semplici. Il degrado di Roma, però, non si spiega solo con la corruzione.Quando sono diventato sindaco ho fatto fare un piccolo censimento: in città c’erano 5000 cassonetti della nettezza urbana incendiati ogni anno. Racconto questo per dire che servono i grandi progetti, le grandi opere, ma anche le piccole costanti attenzioni – un asilo nido o la riqualificazione di un parco giochi – che cambiano davvero la qualità della vita delle comunità urbane. C’è tanta gente generosa che è pronta a dare una mano se viene coinvolta. Abbiamo fatto molti accordi di questo tipo con gli abitanti, con le associazioni di quartiere, i commercianti: il Comune vi riqualifica la piazza, ma voi pensate a tenerla pulita e in ordine. E ha funzionato: la piazza è rimasta pulita e le persone si sono sentite parte viva della città.Che ne pensa del coinvolgimento dell’ex sindaco Alemanno nell’inchiesta?Per commentare vorrei aspettare la conclusione delle indagini. Posso dire, comunque, che registro a livello politico il fallimento della destra ex missina romana di trasformarsi in una destra in doppio petto, di governo. Non si può pensare di cambiare pelle se poi ci si continua ad avvalere degli uomini più compromessi del passato.
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