martedì 12 gennaio 2021
“Un'azione immediata”, la chiedono Amnesty International, Jesuit Refugee Service Europe, Médecins du Monde Belgique e Refugee Rights Europe
Migranti in coda al gelo in Bosnia

Migranti in coda al gelo in Bosnia - Foto Ipsia

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“Un'azione immediata per risolvere la crisi umanitaria in corso in Bosnia ed Erzegovina e individuare soluzioni istituzionali di lungo periodo per venire incontro alle necessità delle persone che transitano attraverso lo stato balcanico”, lo chiedono in una dichiarazione congiunta Amnesty International, Jesuit Refugee Service Europe, Médecins du Monde Belgique e Refugee Rights Europe.

Circa 2.500 migranti e richiedenti asilo, tra cui 900 ospiti del campo provvisorio di Lipa, restano senza riparo e al gelo. “Le autorità della Bosnia ed Erzegovina continuano a non fornire alloggi adeguati”, mentre le agenzie dell'Unione europea “tendono sempre ad appoggiare soluzioni di corto respiro”, si legge nella nota.

In realtà le strutture per offrre un riparo ci sarebbero, ma quella che manca è la volontà politica. “Le autorità a ogni livello devono fornire immediatamente rifugi e assistenza a tutti coloro che ne hanno bisogno", ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell'ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee.

Non si tratta di una crisi imprevista. Negli ultimi tre anni l'Unione europea ha messo a disposizione della Bosnia ed Erzegovina oltre 88 milioni di euro in fondi di assistenza per migliorare la gestione dei flussi migratori. “Ciò nonostante, le autorità del Paese - scrivono i firmatari della nota - non hanno individuato strutture adeguate ad accogliere migranti e richiedenti asilo”.

Tuttavia le responsabilità dell'Unione europea “sono chiare”, ha commentato Geddie. “L'attuale crisi umanitaria - spiega - è anche una conseguenza delle sue politiche di rafforzamento dei confini, che hanno lasciato migliaia di persone in stato d'abbandono nelle zone interne periferiche o negli stati confinanti".

Molte delle persone in pericolo sono ospitate in un campo provvisorio e improvvisato a Lipa, chiuso il 23 dicembre 2020, andato in fiamme durante la chiusura e diventato ora una terra desolata e inabitabile. Nell'ultimo fine-settimana, le autorità hanno allestito decine di tende riscaldate ma oltre 400 persone rimangono in rifugi improvvisati nonostante le abbondanti nevicate e le temperature sottozero. Fuori dall’area di Lipa molte persone, tra cui famiglie con bambini piccoli, continuano a cercare riparo nei parchi, in case abbandonate, in fabbriche dismesse e nelle foreste al confine con la Croazia.

"In conclusione, il contributo dell'Unione europea per superare la crisi umanitaria risulterà vano se non cambieranno le politiche che l'hanno causata. L'Unione europea deve creare opportunità più autentiche, attraverso percorsi legali e sicuri, in favore di coloro che cercano salvezza in Europa dai conflitti, dalla persecuzione e dalla povertà".

La prima reazione alle pressioni internazionali riguarda la sistemazione entro la giornata di oggi almeno dei 900 migranti costretti a lasciare il campo di Lipa, che stanno trovando rifugio nelle tende allestite dall’Esercito bosniaco. Ieri l’Unione Europea aveva chiesto alla Bosnia, attraverso la Commissione Ue, di intervenire per affrontare l’emergenza umanitaria. Le condizioni meteo sono destinate a peggiorare

ulteriormente, con temperature ancora pù rigide attese nei prossimi giorni, e altre migliaia di profughi continuano a vagare all’aperto, dormendo nei boschi o in rifugi di fortuna.

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