sabato 29 novembre 2014
​All'Infernetto i timori per l'arrivo dei migranti da Tor Sapienza. Pochi vigili, strade buie e antiche paure "Ma non andiamo in piazza".
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Buio. Un po’ troppo. Sebbene stasera pensi la luna a rischiarare certe strade e stradine del-l’Infernetto, le novantatré ancora senza illuminazione. E va anche molto meglio, rispetto al passato, fino solo a quattro anni fa quelle senza luce pubblica erano duecentodiciassette, su duecentosessanta in tutto (una settantina di chilometri a sommarle insieme). Il buio fa paura alla gente, ma assai comodo alla delinquenza di qualsiasi genere. Un paio di settimane fa una rissa fra immigrati accolti in un centro – subito dopo i fatti di Tor Sapienza – e la seguente (mini) manifestazione di protesta hanno riacceso i riflettori su questo quartiere spalmato tra via Cristoforo Colombo, la tenuta presidenziale di Castel Porziano e la pineta di Castel Fusano, quattro passi dal mare da una parte e dall’altra quattro a sud-ovest di Roma. Ma luce tutta artificiale e accesa soprattutto dall’estrema destra, perché in realtà problemi di “convivenza etnica” qui non se ne registrano. E perché «è difficile che la nostra gente scenda in piazza», raccontano dai vari comitati di quartiere. Avevano trasferito qui proprio alcuni minori rifugiati del centro di Tor Sapienza, e subito aveva preso a girare la notizia che fossero ospitati in una struttura per malati di Alzheimer. Ovviamente falsa: i ragazzini sono in uno dei vari casali rimasti inutilizzati di quella struttura e per altro i ragazzi «sono di transito». Si chiama “Infernetto” perché un paio di secoli fa i contadini qui bruciavano legna per farne carbone e nei pomeriggi invernali si vedevano alzarsi in cielo colonne di fumo scuro. Quarantamila abitanti, ceto generalmente medio e medio alto, molte ville e villette, molti giardini e diverse palazzine al più di tre piani, il quartiere ebbe il suo sviluppo maggiore intorno alla fine degli anni novanta: urbanizzazione sfrenata e allegramente abusiva, negli anni seguenti via via sanata attraverso i condoni. Un bel po’ di strade sono private e più di qualcuna è anche senza rete fognaria. Come pure alcune sono costruite (troppo) a ridosso dei canali di bonifica e non di rado anche a livello più basso. Perciò, ad esempio, annegò tre anni fa un giovane trentaduenne cingalese che viveva nello scantinato di una villetta a schiera in via di Castelporziano, quando tracimò violentemente il canale a poche decine di metri. L’Infernetto è famoso per allagarsi facile, infatti. Il terreno è argilloso, drenava senza difficoltà, e qui era tutta campagna, ma a forza di cementificare l’acqua non va più giù. Rete fognaria appunto scarsa e tombini senza grandi manutenzioni fanno il resto. Se i residenti stranieri non sono moltissimi, assai più sono quelli che vengono quotidianamente a lavorare da queste parti: parecchi giardinieri, ma anche impegnati in molti piccoli o grossi lavori edilizi e via dicendo, pagati assai di frequente in nero. E tutto fila generalmente sempre liscio. Piuttosto qui una delle preoccupazioni è la sicurezza. Non c’è stazione dei Carabinieri, né posto di Polizia: al più si vede girare, di tanto in tanto, un’auto delle forze dell’ordine. Sono praticamente assenti anche i Vigili urbani. Ancora? Nessun presidio sanitario. Mezzi pubblici a singhiozzo ed è emblematica la battaglia che i residenti stanno conducendo da un pezzo per la linea 070 dell’autobus che collega questa zona all’Eur: mezzi che passano (o dovrebbero passare) ogni mezz’ora, richiesta di prolungarne l’orario fino alle 22.30 e liceali che prendono la corsa delle 6.50 oppure sono costretti a entrare alla seconda ora, visto che la via Colombo è affogata dal traffico, i tempi di percorrenza sono da terno a lotto e l’ingresso alle lezioni di molte superiori è alle 8. Ultima annotazione: se diverse strade dell’Infernetto sono desolatamente buie, in altre di luce ce n’è invece fin troppa. Come via Domenico Ceccarossi e i suoi lampioni a distanza d’una quindicina di metri l’uno dall’altro e, non bastasse, anche “doppi”, cioè con due lampade, quella più in alto rivolta verso la sede stradale e la seconda, più in basso, puntata verso la pista ciclabile.
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