venerdì 23 novembre 2018
Caritas: mancano un progetto e le risorse I posti del piano freddo sono appena 335
Roma «dimentica» 16mila persone: «Povertà gravissima»
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Sono quasi 8mila i senza dimora romani, i 'barboni', gli 'uomini chiocciola'. Ma se aggiungiamo anche le situazioni di cosiddetto 'barbonismo domestico', cioé i casi di grave emarginazione che si manifestano nonostante la disponibilità di un’abitazione, e quanti vivono in insediamenti non idonei, arriviamo a 14-16mila. «Persone che cercano di rimanere 'in piedi', al limite della dignità umana, in baracche, anfratti, sottopassaggi, sui marciapiedi, nelle piazze, nei parchi pubblici o che si trovano “bloccate” nelle strutture di accoglienza della città per la mancanza di risposte adeguate ai complessi percorsi di vita che le hanno condotte all’emarginazione».

Lo scrive il direttore della Caritas di Roma, don Benoni Ambarus, nell’introduzione del rapporto 'Persone senza dimora. Le sfide di un sistema integrato' che sarà presentato oggi. «La città avrebbe potuto e dovuto fare di più», è la netta accusa della Caritas diocesana. «Non bastava solo “agire” ma fare sistema, fare rete, operare con obiettivi, metodologie, finalità condivise».

In altre parole «in una città che conta migliaia di persone senza dimora, a fronte di una dotazione di servizi e strutture di gran lunga insufficiente, è ormai urgente operare una revisione delle modalità di presa in carico e accompagnamento che tenga conto del loro impatto sociale. La povertà estrema è infatti un problema che riguarda tutta la cittadinanza, non soltanto le persone che ne sono afflitte: si ripercuote sulla sicurezza percepita e reale, sulla qualità della vita, sulla città e i suoi spazi, sulle relazioni di prossimità, sul senso di solidarietà. Si ripercuote inoltre sull’economia e sul welfare locale perché in questi ultimi anni sempre più spesso si trovano in strada giovani o comunque persone nel pieno dell’età lavorativa, non prive di competenze, capacità ed istruzione».

Di fronte alla gravità della situazione, prosegue la denuncia, «l’esiguità di risorse pubbliche destinate alla presa in carico delle persone in stato di grave povertà ha prodotto nel corso degli anni un sistema sbilanciato su misure emergenziali e discontinue, che oltre ad avere ricadute negative sull’organizzazione dei servizi, tende a riprodurre le condizioni di esclusione e ad alimentare l’assistenzialismo». È il caso del 'piano freddo' il cui bando è scaduto il 20 novembre.

«Ogni volta ci si trova impreparati, come se fosse il primo anno. Alla ricerca di locali. – denuncia Roberta Molina, responsabile dell’area accoglienza della Caritas –. Il bando chiede alle associazioni la disponibilità di 335 posti, ma cento sono solo per l’accoglienza diurna. Per la notte ce ne saranno solo 230». Pochissimi. «Milano ne prevede 2.500, con meno persone per strada. Basterebbe organizzarsi in tempo, almeno da settembre. E poi soprattutto manca una visione sul tema generale dei senza dimora. Si accendono i riflettori in questo periodo ma poi tutto cade nell’oblio, per risvegliarsi per il 'piano caldo'. Ma tra un piano e l’altro queste persone restano sempre per strada. Se continuiamo a considerarli come portatori di bisogni non andiamo da nessuna parte. Dobbiamo cominciare a pensarli come persone con delle risorse, con percorsi veri per farli uscire da condizioni di marginalità estrema».

Qualche altro dato sulla città. Gran parte delle persone senza dimora si trova in quella condizione da almeno 5 anni, ha un’età media di 45 anni. Tra le persone rilevate nei centri di accoglienza romani la nazionalità più rappresentata è quella italiana. Il 42% dichiara un titolo di istruzione superiore alla licenza media. Il 22% ha precedenti penali e, tra questi, per il 67% l’esperienza del carcere ha preceduto la perdita della casa. Quanto allo stato di salute, il 73% soffre di patologie e il 17% ha una qualche disabilità, ma il 32% non si è mai rivolto ad alcun servizio specifico. L’80% dichiara di aver trascorso in strada la prima notte dopo la perdita dell’alloggio non sapendosi orientare tra i servizi esistenti. Con nuovi drammi. «L’ostello di via Marsala – spiega Roberta Molina – sta vivendo dei giorni di difficile gestione esterna. Ci sono ragazzi accampati fuori, italiani, con disagio psichico forte, senza famiglia ». E «il piano degli sgomberi peggiorerà la situazione. Non discutiamo la questioni di legalità, ma quando poi vengono lasciati per strada non si risolve il problema della legalità».

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