giovedì 20 ottobre 2011
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Vorrei partire con due affermazioni di principio. La Chiesa non è, né potrebbe mai trasformarsi in un soggetto politico. Come afferma Benedetto XVI, «perderebbe la sua indipendenza e autorità morale identificandosi con un’unica via politica e con posizioni parziali e opinabili». (Allocuzione alla V Conferenza generale del Celam Aparecida, 14 maggio 2007). La Chiesa non è chiamata alla formazione di partiti: si trasformerebbe in una religione civile.La comunità cristiana, invece, è chiamata a formare in Cristo uomini nuovi, capaci di fare nuova anche la politica; uomini e donne dal cuore nuovo, capaci di fare nuovo il cuore delle istituzioni politiche. La "legge dell’amore" vale anche per la politica e incombe sulla nostra coscienza di laici cristiani; ci spinge a ridire con nuovo amore la nostra fede nei contesti sociali in cui Cristo manca, è trascurato o è offeso. Del resto il Papa è esplicito: «Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo» (Deus caritas est, 28). Dunque, la costruzione della civiltà dell’amore ci interpella. Spetta a noi discernere come fare, cosa fare perché il messaggio sociale della Chiesa, la sua Dottrina sociale, non vengano sviliti o ignorati, in primis nella formazione di tanti cristiani. Noi abbiamo nella Dottrina sociale della Chiesa un punto di riferimento unitario di giudizio sulla realtà sociale, un pensiero che coniuga fede e ragione in forza della verità in essa contenuta. E io vedo due grandi sfide di fondo per l’impegno dei cattolici in politica. La prima sfida è impedire che sia marginalizzata la nostra fede cristiana nella vita pubblica delle nazioni. Come ha ricordato Benedetto XVI, «la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire» (Caritas in veritate, 7). «Comunità ecclesiale» e «Comunità politica» sono realtà distinte, con rappresentanze distinte, ma devono tornare a dialogare. Noi possiamo far sì che questo dialogo si ristabilisca e sia fecondo, credibile, che riponga al centro l’uomo, in una società a misura d’uomo, per uno sviluppo umano integrale. Non possiamo permettere che la nostra laicità cristiana sia messa a tacere, che venga relegata nella sfera privata.La seconda sfida della nuova evangelizzazione della politica è data dall’aspetto economico e mercantile della globalizzazione. Si sta ponendo al centro l’aspetto materiale dell’uomo, pregiudicando così l’apertura dell’uomo stesso alla trascendenza, a Dio. Si vorrebbe un «cristianesimo utilitario», utile a risolvere i problemi materiali dell’uomo, riducendo la portata salvifica della nostra fede a un puro umanesimo, a un’atea filantropia. Dio confinato nell’al di là e l’uomo sconfinato nell’insignificanza. L’attuale scenario della storia, ben lo sappiamo, è di profonda crisi economica e politica, una crisi planetaria che è prima di ogni cosa «crisi spirituale». Anche per molti credenti. Ecco perché abbiamo il dovere di pensare a una nuova evangelizzazione degli stili di vita e delle istituzioni che sovrintendono al destino degli uomini e dei popoli.Ormai da tre anni, il Papa Benedetto XVI invoca nuova generazione di cattolici impegnati nella politica. E sono "cinque", nel giudizio del Pontefice, le virtù, le attitudini indispensabili da riscontrare o da favorire in coloro che vogliono dedicarsi alla realizzazione del «bene comune» mediante l’impegno politico: 1) «coerenti con la fede professata», non con quelle conformi all’opinione pubblica prevalente; 2)«rigore morale», perché non si può più minimizzare la gravità della «questione morale», anche tra i cattolici; 3) «capacità di giudizio culturale», cioè di discernimento, frutto di studio, di meditazione, di capacità di distinguere un bene individuale dal bene comune; 4) «competenza professionale», perché la politica è un’arte, una vocazione e non ci si improvvisa; 5) «passione di servizio», non per l’onore personale o per la gratificazione di pochi.In conclusione, ritengo che mai tempo sia stato più favorevole di questo per la nuova evangelizzazione, dopo il vuoto determinatosi con il crollo delle grandi ideologie. «Il nostro è un mondo che deve essere creato a nuovo con fiducia nel pensiero cristiano», affermava l’esule, grande sacerdote e statista, Luigi Sturzo. (The preservation of the faith, Londra, 1938). Siamo la prima generazione del primo secolo del terzo millennio. È nostra responsabilità di fede che questo mondo caotico sia ordinato dallo Spirito di Dio e disponibile agli autentici bisogni dell’uomo.
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