giovedì 19 giugno 2014
​Tiene il patto Pd-Fi-Lega. Ddl in Aula il 3 luglio. Berlusconi attacca Napolitano e Grillo.
Perché la mossa di Berlusconi è più che altro tattica
Il premier avverte Merkel: «Juncker? Prima la crescita»
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Grillo? «Non abbiamo pensato assolutamente a lui. Ci fa paura e basta. Non pensiamo possa portare avanti nessun progetto serio di riforma». Silvio Berlusconi torna in gioco con una conferenza stampa a Montecitorio. Preoccupato dalle avances di Grillo al Pd sulle riforme (che metterebbero Forza Italia in un angolo), ordina ai suoi di chiudere la partita del Senato il prima possibile. Ma, contemporaneamente, getta sul suo piatto della bilancia l’opzione presidenzialista, senza farne però argomento di scambio. È abbastanza evidente che affrontare in questo momento il tema dell’elezione diretta del capo dello Stato con funzioni anche di governo (il modello a cui il Cavaliere guarda sembra essere quello francese) significherebbe aprire un cantiere che allontanerebbe la prospettiva di approvare in breve tempo le riforme che chiede Renzi. Perché introdurre il presidenzialismo nell’ordinamento italiano richiederebbe una quasi totale riscrittura della Carta Costituzionale. Non è un caso che il presidente del Consiglio, parlando con i suoi, abbia subito stoppato la fuga in avanti di Berlusconi: «Ora bisogna completare il percorso su cui c’è l’accordo, aprire la questione del presidenzialismo è inopportuno e intempestivo. Siamo a un passo dalla chiusura, inutile infilarci in un dibattito sul presidenzialismo ». Ma il leader di Forza Italia non ha minacciato rappresaglie. E, infatti, a una domanda specifica di un giornalista, risponde: «Abbiamo preso un impegno sul titolo V, sul Senato e sulla legge elettorale. E lo manterremo». Tant’è che la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha fissato l’inizio dell’esame in aula per il 3 luglio. Tuttavia Berlusconi vuol far pesare il suo contributo sulle riforme, cercando di rubare almeno in parte la scena a Renzi: «Non c’è nessuna accelerazione – spiega ai giornalisti – noi siamo sempre stati a favore delle riforme». Ma, aggiunge: «Dobbiamo ancora trovare un accordo, Renzi è disponibile a un nuovo incontro, ma insiste sul fatto che il nostro capogruppo Romani e la signora Boschi si incontrino per trovare un punto che vada bene a entrambi. Il programma è che il presidente Romani domani [oggi per chi legge, ndr] si incontra con la signora Boschi, se l’accordo non verrà trovato ci incontreremo direttamente con Renzi». E poi una frecciatina: «Da quando è nato il governo, Renzi continua ad annunciare di voler fare le riforme, siamo però ancora ai preliminari – nota con una punta di malizia il Cavaliere – la legge elettorale che doveva, secondo il governo, essere approvata entro il 25 maggio, si è insabbiata».  In realtà, l’accordo è più vicino di quanto lo stesso Berlusconi lasci intendere. Tant’è che Forza Italia, dopo un periodo di 'Aventino', è tornata a votare in Commissione, favorendo l’approvazione di un emendamento che introduce un criterio tra il numero dei senatori e la popolazione (come dire: la Lombardia non può avere gli stessi seggi del piccolo Molise). E, a quanto pare, cercherà di proporre modifiche sul sistema d’elezione dei senatori senza varcare il confine dell’elezione popolare, a cui Renzi ha sempre detto no.  In conferenza stampa non è mancato, da parte di Berlusconi, un attacco a Giorgio Napolitano. Anzi, il leader di Forza Italia ha motivato la necessità di passare a un sistema presidenziale anche a causa di «un capo dello Stato che è passato al di là della sua funzione prevista dalla Costituzione ». Un passaggio che Forza Italia giudica addirittura «patologico». Per il resto, dato che il presidenzialismo ricompatta tutto l’antico centrodestra (Ncd compreso), Berlusconi annuncia una campagna in Parlamento e nel Paese in tre tappe: la presentazione di emendamenti alle Camere, una raccolta di firme per promuovere una legge di iniziativa popolare per introdurre il sistema francese e un’altra per introdurre il referendum propositivo proprio per fare esprimere gli elettori sul tema.
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