venerdì 30 luglio 2010
Il ministro conferma 40 milioni in più per i ricercatori. 152 i voti a favore: accanto a quelli della maggioranza i sì di rutelliani e Svp.
- Finalmente si sta aprendo il «cantiere Università» di G. Dalla Torre
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Lei arriva a definirlo «un evento epocale», che «rivoluziona i nostri atenei» e «permette all’Italia di tornare a sperare»: insomma il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, commenta entusiasticamente il via libera del Senato – ieri sera – al disegno di legge di riforma dell’Università, che adesso passa all’esame della Camera (con 152 voti a favore, quelli della maggioranza, ma anche dell’Api di Francesco Rutelli e dell’Svp, 94 contrari e 1 astenuto).Sta così nascendo un provvedimento «di regole e di principi», come lo definiscono al ministero in viale Trastevere (poiché «gli impegni finanziari saranno stabiliti nella prossima manovra»), che prevede – fra le altre cose – un limite massimo di 8 anni al mandato dei rettori, una sforbiciata al numero delle facoltà (non più di 12 per ateneo), l’abilitazione nazionale per il reclutamento di professori ordinari e associati, le risorse distribuite agli atenei in base alla qualità della ricerca e della didattica (se saranno gestite male riceveranno meno soldi) e il commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario.Ministro più che contento, dunque: «Voglio esprimere grande soddisfazione per l’approvazione del ddl sull’università – ha commentato la Gelmini –», che «rivoluziona i nostri atenei e permette all’Italia di tornare a sperare. L’università sarà più meritocratica, trasparente, competitiva e internazionale». E ancora: con questo provvedimento «finalmente si potrà competere con le grandi realtà internazionali». Anzi, magari arriveranno anche i soldi per i ricercatori, visto che la Gelmini ha annunciato l’impegno del governo a recuperare una parte del taglio di un miliardo e 300 milioni: in particolare, «40 milioni di euro per ripristinare gli scatti di stipendio ai ricercatori»: impegno che «è stato messo nero su bianco in un ordine del giorno.Secondo il capogruppo Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri, questa è «una riforma storica che intende trasformare, snellire e svecchiare la governance dei nostri atenei, allinearli alle grandi università europee e mondiali, ripristinare il merito come comune denominatore per la valutazione di studenti e professori». Anche la Lega è soddisfatta: «Ci sono fondi concreti per coprire parte del sottofinanziamento delle università del Nord. Come Lega Nord non possiamo che esprimere soddisfazione», ha fatto sapere il senatore Mario Pittoni, capogruppo del Carroccio in commissione Istruzione del Senato. E per Francesco Rutelli (primo voto dell’Api con la maggioranza) «seppure con i suoi limiti, è una riforma che migliora l’università».Ma all’opposizione la pensano in modo opposto. Il vicepresidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, annunciando il voto negativo al ddl, ha posto una domanda al ministro: «La manovra anticrisi di 25 miliardi non prevede un euro per lo sviluppo e la legge sull’università taglia le risorse. Al ministro Gelmini chiedo se può, per cortesia, spiegare ai cittadini: quale futuro il governo sta costruendo per l’Italia? Come pensa di renderla competitiva?».Anche le critiche dall’Udc sono forti: Questa riforma è «l’ennesimo spot che finge di cambiare perché nulla cambi», spiega il presidente dei senatori Udc, Gianpiero D’Alia: «Ci sono due riforme dell’università: quella Gelmini e quella Tremonti. La prima è un compendio di buone intenzioni prive, però, di concreta utilità. La vera riforma è quella fatta da Tremonti che in due anni  ha tagliato 1,5 miliardi di euro e bloccato le assunzioni di docenti e ricercatori». Previsioni funeste dall’Idv, infine: «Questa non è una riforma, ma una procedura di implosione dell’università pubblica italiana», ha detto il senatore Pancho Pardi.
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