sabato 31 luglio 2021
Adesso la parola spetta alla Camera dei deputati
Riforma della giustizia: indagini a tempo e oblio se assolti

Ansa

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La legge, recita l’articolo 111 della Costituzione, «assicura la ragionevole durata» del processo. Un principio al quale la riforma penale del governo, coi suoi 24 emendamenti al ddl Bonafede integrati ieri dalle correzioni concordate coi partiti, prova a dare concreta attuazione. In attesa che la legge di delega abbia l’approvazione della Camera, vediamo i principali elementi di novità.

Prescrizione e improcedibilità

La riforma contempera gli effetti della norma Bonafede (stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado) con l’improcedibilità, che scatterà dopo 2 anni per i processi d’appello (prorogabili a 3 per reati gravi) e un anno (prorogabile a 18 mesi) in Cassazione. Dall’improcedibilità sono esclusi i reati imprescrittibili, che hanno come pena l’ergastolo.

Il regime transitorio

La norma (che si applica a fatti commessi dopo il 1° gennaio 2020) entrerà in vigore gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi, con l’assunzione di 20mila assistenti e addetti amministrativi. Fino al 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi (3 anni in appello; 1 anno e 6 mesi in Cassazione), con possibilità di arrivare fino a 4 anni in Appello (3+1 proroga); e fino a 2 in Cassazione (1 anno e 6 mesi +6 mesi di proroga) per tutti i processi in via ordinaria. Ogni proroga dovrà essere motivata dall’ordinanza di un giudice, impugnabile in Cassazione. Per alcuni reati gravi (associazione mafiosa, terrorismo, violenza sessuale, associazione finalizzata al narcotraffico) non ci sarà limite al numero di proroghe, purché motivate da un giudice. Per i reati con aggravante mafiosa saranno consentite altre due proroghe, oltre a quella prevista per qualsiasi crimine (ossia fino a 3, di un anno ciascuna, in Appello): ciò si traduce in un massimo di 6 anni in secondo grado e di altri 3 in Cassazione nel periodo transitorio, che scenderanno a massimo 5 in Appello e 2 anni e mezzo in Cassazione dal 2025.

Comitato di controllo

Ogni anno un Comitato tecnico scientifico del ministero della Giustizia, riferirà sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sulla durata dei procedimenti.

Processo telematico

Le norme delegano il governo a intervenire nella digitalizzazione. Deposito degli atti e notifiche potranno arrivare per via telematica.

Indagini e criteri di priorità

Molti processi penali oggi si prescrivono ancor prima della sentenza di primo grado. La riforma interviene sul contenimento dei tempi d’indagine. Il pm potrà richiedere il rinvio a giudizio solo se gli elementi acquisiti consentano una «ragionevole previsione di condanna», altrimenti scatterà il non luogo a procedere. La durata massima delle indagini sarà rimodulata rispetto alla gravità del reato. Alla scadenza, salva la tutela del segreto investigativo, opererà a garanzia di indagato e vittima una discovery degli atti. E sarà previsto un mezzo di impugnazione straordinario in Cassazione, per far eseguire le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo. In più, con una formulazione criticata dal Csm, si dispone che i pm «nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del Parlamento, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati» da indicare nei progetti organizzativi delle procure «al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre».

Diritto all’oblio

Un emendamento di Enrico Costa (Azione), approvato ieri in commissione, rafforza il diritto all’oblio, con la deindicizzazione dai motori di ricerca web per gli indagati con inchieste archiviate e per gli imputati assolti.

Pene alternative, giustizia riparativa

Per ridurre il sovraffollamento nelle carceri, il governo potrà rivedere l’applicazione (come pene sostitutive) del lavoro di pubblica utilità e di misure alternative alla detenzione. Inoltre, la riforma delega l’esecutivo a rimodulare la giustizia riparativa, contemplata in una direttiva europea del 2012, con programmi a cui si potrà accedere su base volontaria, col consenso di vittima e autore del reato e con la valutazione favorevole del giudice.

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