giovedì 23 dicembre 2010
La scelta di Napolitano di ascoltare le ragioni della protesta ha di fatto disinnescato le tensioni di ieri. Grande soddisfazione dei ricercatori: «Per la prima volta colmata la distanza con le istituzioni». Il capo dello Stato ha chiesto di vedere le proposte dei giovani e poi ha ricordato quali sono le sue prerogative in materia di leggi.
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L'annuncio lo dà la ragazza col megafono. «Il presidente Napolitano ha detto di essere pronto a incontrarci!». La folla degli studenti esplode in un boato di applausi. È il segnale che i ragazzi aspettavano. Concretizzatosi poi nel pomeriggio quando una delegazione sale davvero al Quirinale e incontra il Capo dello Stato. «Per la prima volta il distacco tra la nostra generazione e le istituzioni è stato parzialmente colmato», commentano soddisfatti gli studenti. La migliore conclusione possibile a una giornata che ha seguito un copione tutto diverso rispetto al 14 dicembre. A mezzogiorno il fiume di diverse migliaia di universitari - 30mila secondo gli organizzatori - scorre in via dello Scalo di San Lorenzo. La risposta all’appello lanciato con l’invito al Quirinale a non firmare la legge è un’iniezione di entusiasmo alla manifestazione contro la riforma Gelmini che si snoda tra la Sapienza e la periferia est, mentre altri due cortei più piccoli sfilano tra Trastevere e l’Ostiense. Nessuna pressione sulla zona rossa dei Palazzi, nessun incidente. Traffico in tilt, certo, ma anche solidarietà ai manifestanti dalle finestre e tra gli stessi automobilisti bloccati.Alle 9 e 30, davanti all’ateneo, sotto una pioggerellina sottile tra telecamere e taccuini spunta qualche politico. Come il segretario del Prc Paolo Ferrero che polemizza per l’assenza dell’opposizione. «Si guardi meglio intorno», replica la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi: «Eravamo presenti con due esponenti della segreteria nazionale, parlamentari e consiglieri locali». Interesse e presenze della sinistra ufficiale. Ma tra gli striscioni non si vedono bandiere di partito.Qualche studente canta sulle note del Waka waka dei mondiali. È Matteo con la chitarra che guida il coro: «Viva l’università - libera e pubblica». Molti cartelli citano la Costituzione. Altri sono sarcastici: «Babbo Natale, regalami un futuro», «110 e Daspo». Discreta la presenza delle Forze dell’ordine: a precedere il corteo solo funzionari e agenti in borghese. Apre la marcia lo striscione «Voi prigionieri della Zona rossa, noi liberi per la città»: «Andremo a parlare – spiegano – con la gente lì dove vive la crisi». Il fiume imbocca via Tiburtina e consegna grandi pacchi regalo strada facendo. Uno alla Cgil «con la richiesta di uno sciopero generale». «Nessuno lo esclude – risponderà Susanna Camusso – ma per ora non ci sono le condizioni». Gli altri pacchi, via via, vanno ai lavoratori del Policlinico Umberto I, a quelli del deposito Atac «vittime delle assunzioni di parentopoli», al comitato Acqua pubblica di San Lorenzo. Il corteo decide di salire sulla Tangenziale Est mandando in tilt la circolazione. «Ci scusiamo per il disagio», gridano i ragazzi, e diversi clackson li accompagnano ritmicamente.La manifestazione ritorna alla Sapienza e si scioglie in varie assemblee. E mentre qualche centinaio di manifestanti prova a puntare sulla sede Cisl di via Po, blindata però da un robusto cordone di polizia, dodici studenti si preparano a raggiungere il Quirinale. Mattia Sogaro però, presidente del Consiglio nazionale degli universitari, chiede di essere ricevuto assieme al consiglio, «eletto democraticamente da 200mila studenti» con «la stessa tempestività» con cui ha incontrato «tutte le associazioni, dai collettivi all’Udu, cioé solo associazioni di sinistra». Grande soddisfazione tra gli universitari all’uscita dal Quirinale. «Il Presidente si è congratulato per lo svolgimento della manifestazione, ci ha ricordato le sue prerogative in materia di leggi e ha chiesto di vedere le nostre proposte», racconta Fabio Gianfrancesco. «Napolitano ha preso atto della distanza drammatica tra società e politica – aggiunge – e dei problemi della nostra generazione. Ci ha poi chiesto un nuovo incontro per continuare a essere messo al corrente direttamente». «Finora – commenta Luca Cafagna – è stato l’unico interlocutore».
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