giovedì 12 luglio 2012
Il comandante della Forestale di Napoli: meglio della droga, pochi rischi e guadagno infinito. Due notti fa scovata l’ennesima discarica sotterranea. Ma risale ad alcuni anni fa e il reato è prescritto. D’altronde «il delitto ambientale quasi non esiste». IL FOTOREPORTAGE di Mauro Pagnano
TUTTE LE PUNTATE 1) La terra dei fuochi Inferno di camorra 2) Roghi senza tregua e tra serre e frutteti 3) Quelle bonifiche pagate ma mai realizzate
 IL DIRETTORE RISPONDE Quei roghi, scandalo intollerabile | Occhi aperti sulla terra dei fuochi
IL VIDEO L'appello di don Patriciello da Caivano: aiutateci (LivioTv)
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​Parecchi camorristi sono anche stupidamente… suicidi. «Sebbene conosciamo fin troppo bene quanto l’ecomafia sia realizzata da ignoranti, abbiamo intercettazioni dai contenuti assurdi. Le cito, tradotto dal napoletano, un colloquio fra un boss dei casalesi e un suo sottoposto: il secondo dice al primo "stiamo buttando tutta questa monnezza (intesa come rifiuti pericolosi) qua sotto, ma torna a noi, siamo noi che beviamo quest’acqua…", risposta del boss "e che c’importa? Beviamo l’acqua minerale!"». Sorride amaro, raccontandolo, Sergio Costa, comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli. Il business sui rifiuti è pazzesco - spiega -: «La quarta fonte di reddito criminale al mondo dopo il narcotraffico, il traffico di armi e l’estorsione in quanto tale». Non a caso ormai «le camorre compane» collaborano nello smaltimento illegale di rifiuti, specie quelli speciali e pericolosi, «con i clan dell’Est Europa, i cosiddetti clan emergenti, con la Triade cinese, con le malavite albanesi».Nella "terra dei fuochi" l’aria intanto è pesantissima e non è una metafora. «La situazione dei roghi è oggettivamente drammatica», spiega Costa: «Troviamo tutti i tipi di rifiuti, che vanno dal sacchetto dell’immondizia allo pneumatico, dallo straccio della zona vesuviana scartato dai tessili in nero, all’amianto e a molto altro». E «c’è un motivo per il quale si dà fuoco agli pneumatici. Chi li va a bruciare, in genere poveracci, brucia un po’ di pneumatici, la gomma si scioglie e rimane l’intelaiatura d’acciaio, che i poveracci recuperano e vendono come materiale ferroso». I roghi poi, «oggettivamente, li registriamo quasi tutti vicino ai campi rom, nel raggio di due o tre chilometri».Come funziona la faccenda? «Ho degli pneumatici dei quali mi devo liberare e che ho avuti in nero o gestisco in nero? Non posso certo portarli al consorzio per il riciclaggio degli pneumatici, avrei dovuto registrarli nel mio profilo fiscale e commerciale. Così li do’ al poveraccio pagandolo dieci euro. Lui li brucia e ne guadagna altri dieci vendendo il materiale ferroso». Ovvio che gli pneumatici «siano solamente un esempio - precisa Costa -, che le faccio perché quando bruciano si vede subito e da lontano una colonna nera e densa di fumo e si sprigiona subito diossina a iosa. Ma un esempio emblematico».Non c’è la camorra, o almeno non solo questa, a gestire la situazione: «C’è anche un capillare tessuto di cultura sociale ed etica fortemente degradata. Una diffusa evasione fiscale, ma anche ambientale». Diciamo che poi la camorra approfitta e cavalca: «I roghi di spazzatura servono a coprire la bruciatura di sostanze ben più pericolose - continua il comandante della Forestale napoletana -. Ed anche in questo caso non c’è tanto una regia unica della criminalità organizzata, quanto piuttosto un "sistema" che funziona». Come fa? «Se vengono accesi dieci roghi, si riesce a intervenire su due, tre, si riesce a indagare su uno o due, gli altri scappano di mano. Del resto come si potrebbe fare altrimenti? Mettendo un poliziotto a ogni angolo?».Il risultato è che la tragedia si risolve con la prevenzione, con la repressione che in questa vicenda rimane un palliativo: «Quando arresto chi ha acceso un rogo, chiunque sia, a quel punto la diossina l’abbiamo già respirata - tuona Costa -. E non mi dà alcuna soddisfazione averlo beccato, se ormai il tumore me lo sono preso».La morale è che «il legislatore dovrebbe darci una mano. Il delitto ambientale quasi non esiste, mentre ci occorrerebbero norme specifiche e inasprite. Se oggi prendo chi accende un rogo, la pena è praticamente quasi solo contravvenzionale». Poco o nulla a fronte, come si diceva, di un business da giramenti di testa. «I casalesi quasi non trattano più droga, ma rifiuti». Perchè il guadagno «è infinito» e soprattutto «clamorosamente conveniente rispetto ai rischi che si corrono».Altro esempio? «Due notti fa abbiamo trovato l’ennesima discarica sotterranea dei rifiuti più schifosi che lei possa immaginare, al confine fra le province di Napoli e Caserta. Risalgono ad alcuni anni fa, dunque il reato è prescritto. E allora cos’ha rischiato chi l’aveva messa in piedi? Il problema allora di chi è, visto che adesso bisognerà fare una bonifica profonda e costosa?».
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