giovedì 10 novembre 2011
È quanto prevede il maxi-emendamento alla Legge di stabilità, che riduce i tagli al comparto di 19,55 milioni di euro nel 2012, di 16,25 milioni nel 2013 e di 12,902 milioni nel 2014. In precedenza erano previsti tagli rispettivamente di 69,8 milioni, 58,06 milioni e 46,14 milioni.
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Ridotti i tagli all’editoria. È quanto prevede il maxi-emendamento alla Legge di stabilità, che riduce i tagli al comparto di 19,55 milioni di euro nel 2012, di 16,25 milioni nel 2013 e di 12,902 milioni nel 2014. In precedenza erano previsti tagli rispettivamente di 69,8 milioni, 58,06 milioni e 46,14 milioni.In particolare, si legge nell’emendamento presentato dal relatore, «si propone una variazione compensativa ridotando la missione Comunicazioni - programma Sostegno all’Editoria, per gli importi di euro 19,55 milioni di euro per l’anno 2012, di 16,25 milioni per l’anno 2013 e di 12,92 milioni per il 2014, per tener conto di talune obbligazioni pluriennali vincolanti».I tagli all’editoria sono così formulati nell’ultima versione: 50,27 milioni nel 2012, 41,80 milioni nel 2013 e 33,22 milioni nel 2014.

La riduzione dei tagli recepisce, almeno in parte, l’appello che, anche Avvenire, aveva lanciato a più riprese, affinchè si rivedessero norme che, se attuate, avrebbero compromesso la continuità di centinaia di giornali editi da cooperative e società non profit. I tagli avrebbero messo in pericolo anche i settimanali cattolici, che, proprio su queste colonne, hanno lanciato un vero e proprio grido d’allarme, appena quattro giorni fa, tramite il presidente della Federazione italiana Fisc, Francesco Zanotti.Dopo l’appello di Avvenire è intervenuto anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dicendosi preoccupato per la situazione venutasi a creare. «Chiederò all’esecutivo di riconsiderare le scelte», ha detto Napolitano, schierandosi al fianco delle testate minacciate di chiusura.Sulla questione si è espresso anche Lanfranco Massari, presidente di Federcultura, che rappresenta più di 260 editori: «Senza questi contributi le nostre cooperative non ce la farebbero. Continuare con la politica dei “tagli lineari” anziché premiare il merito, vuol dire colpire nel mucchio e produrre effetti recessivi. Se chiudiamo le cooperative avremo produzione in meno, posti di lavoro in meno, costi aggiuntivi per lo Stato».

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