lunedì 29 maggio 2017
L'Ospedale San Raffaele sta trattando un paziente con malattia cronica avanzata che utilizza cellule progenitrici in grado di rigenerare i tessuti
Aggregato di cellule staminali neurali in coltura

Aggregato di cellule staminali neurali in coltura

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È italiano il primo studio clinico al mondo che prevede una terapia a base di cellule staminali neurali su pazienti affetti da sclerosi multipla (sm). A guidare il team di scienziati che dal 2003 si occupa della malattia è Gianvito Martino, direttore scientifico e capo unità di ricerca in neuroimmunologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, nel cui reparto di neurologia è ricoverato un paziente affetto da sm cronica in stadio avanzato che sta ricevendo, in questi giorni, staminali fetali, cellule progenitrici in grado di rigenerare i tessuti danneggiati dalla malattia. In questo caso la mielina, la guaina che protegge i nervi e permette loro la conduzione del segnale nervoso.

Lo studio

Lo studio si chiama Stems. L’infusione di cellule avviene attraverso una puntura lombare che le immette direttamente nel liquido cerebrospinale, attraverso il quale possono raggiungere il cervello e il midollo spinale. L’implementazione di questo nuovo protocollo, guardato con attenzione dagli scienziati di tutto il mondo, è opera del Centro Sclerosi multipla del San Raffaele, guidato da Giancarlo Comi, direttore dell’Istituto di neurologia sperimentale del nosocomio, che è parte del Gruppo ospedaliero San Donato. Le cellule sono state preparate grazie alla collaborazione con il Laboratorio di Terapia Cellulare Stefano Verri, sostenuto della Fondazione Matilde Tettamanti e Menotti De Marchi Onlus. Dopo l’infusione, i pazienti saranno tenuti sotto osservazione in ambito ospedaliero per un periodo di tempo limitato. Al termine di questo periodo potranno tornare a casa, verranno seguiti a stretto contatto per i primi 2 anni e poi in modo continuativo negli anni successivi.


Le prospettive

L’infusione sui malati serve a superare la prima, difficile prova della sperimentazione sull’uomo: quella che garantisce la sicurezza e la tollerabilità della cura. Per questo il numero di candidati è ristretto. Se le due condizioni dovessero dare l’esito che tutti attendono, allora si passerà alla fase che testa l’efficacia della terapia. E cambiare così, come credono i ricercatori, la storia della malattia. Non è un caso se riviste del calibro di Nature e Nature Reviews riservano al gruppo di lavoro di Martino spazio sin dall’inizio del decennio scorso. «Le basi scientifiche per il trial appena partito – ha spiega l’ospedale - sono state gettate in una serie di lavori che, tra il 2003 e il 2006, hanno dimostrato l’efficacia del trapianto di cellule staminali neurali nei topi affetti da una malattia, in acronimo “Eae”, che esprime caratteristiche simili alla sclerosi multipla e ne costituisce il miglior modello sperimentale».

Negli animali la terapia portò a un recupero significativo, sia clinico sia fisiologico, dai sintomi della patologia.

I finanziamenti alla ricerca

È stato lo stesso Martino a dare l’annuncio del trial poco fa a Roma, nel corso del congresso scientifico della Fism, la Fondazione dell’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism); grazie a questa realtà, e ai contributi della Fondazione Cariplo, di Bmw Italia e di “Amici Centro Sclerosi Multipla” onlus, le ricerche non si sono fermate. Sullo studio, Martino ha dichiarato che «le cellule staminali sono in grado di agire in senso terapeutico in modi diversi a seconda delle aree in cui vanno a operare e a seconda del tipo di danno che incontrano. Sono cioè capaci di orchestrare un’attività terapeutica sofisticata e su misura, guidata dai segnali biochimici che il tessuto danneggiato invia loro». Di «importante sviluppo della terapia della sm» nella quale «il San Raffaele è all’avanguardia nel mondo», ha parlato il professor Comi, mentre il presidente della Fism, Mario Alberto Battaglia, ha evidenziato il percorso della ricerca: «Nel 2000 ancora non si investiva in questo campo. Con il passare degli anni la scienza ci ha dato ragione. Oggi siamo a un punto di svolta per conoscere il potenziale del trattamento con le staminali neurali».

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