giovedì 17 novembre 2011
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Ma guardate un po’ come sono curiose le cose. Dal “fortino” di Sant’Egidio, luogo di pace e di raccoglimento, da dove partono i fili che collegano Trastevere a persone di tutto il mondo, impegnate nella cooperazione e nell’aiuto agli altri, ieri mattina si son persi i contatti proprio con il fondatore, Andrea Riccardi. I collaboratori più stretti del neo ministro, che riuscivano ad averlo al telefono, si sentivano dire: «Scusami, ti chiamo io dopo». Ed è andata così per tutto il pomeriggio, dal momento in cui il professore si è trovato catapultato come in un’altra dimensione. Salire su al Quirinale per giurare la fedeltà al Paese, richiede tempi e modi. Così, a Sant’Egidio, li vedevi scrollare le spalle: «Sì, l’abbiamo sentito, ma proprio due secondi!»In realtà, è stato tutto così fulmineo. Presi, insomma, di contropiede. E intanto il professore Riccardi si trovava proiettato in un governo, inaspettatamente, perché – dicono a Trastevere – non hanno nemmeno fatto il tifo per lui, così come in passato hanno sempre rifiutato ipotesi di poltrone in governi (e sono stati tanti) che da vent’anni in qua si sono succeduti.Adesso però sono cambiate tante cose. Anche questo dicastero voluto da Monti appare come una novità rilevante, densa di significato: “Cooperazione internazionale e integrazione”, recita la delega formale, che potrebbe anche ampliarsi ad altre materie altrettanto rilevanti sul terreno sociale. Lo scenario, dunque, è davvero mutato: «In un momento difficile, di prova per il Paese, in cui è in corso uno sforzo comune per affrontare la crisi attuale – dirà poi Riccardi dettando una nota ufficiale – ho accettato l’invito di far parte del nuovo esecutivo. Per rispondere alle sfide che il nostro Paese deve affrontare – aggiunge – mi metto a disposizione, nella convinzione che l’Italia ha bisogno di unità. L’impegno per la coesione sociale, per l’integrazione nazionale e per la cooperazione internazionale fanno parte della mia cultura e dell’esperienza da me maturata in questi anni». E davvero nella nuova veste di ministro il fondatore della Comunità di Sant’Egidio non sarà un pesce fuor d’acqua. È una nuova avventura? Glielo hanno chiesto, e a domanda ha risposto: «Speriamo. O forse è la vecchia che continua».Mentre il mondo metteva in moto quello che sarà poi il Sessantotto, nello stesso anno Riccardi fondava la Comunità che tesse i fili della cooperazione, dell’integrazione e del dialogo tra mondi diversi, con il fine ultimo della pace che passa però attraverso lo sviluppo. A Riccardi è stato chiesto semplicemente di spendere per il Paese questo suo formidabile know how, perché il Paese ne ha bisogno. È, se si vuole, questa nomina un riconoscimento all’esperienza del professore schivo e al mondo che rappresenta. Dice che siamo semplicemente alla «prima riga della prima pagina». «Riprende – aggiunge – la politica di cooperazione, di solidarietà e di integrazione per gli emigranti». Adesso, passato lo stupore nella Comunità, subentra l’attesa per vedere che succederà, con il metodo Riccardi: prodigarsi perché succeda quello che si desidera.
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