mercoledì 25 gennaio 2017
Il giurista Guastalla: «La sentenza privilegia l’interesse del minore». Pratica «che rischia di generare sfruttamento economico di soggetti svantaggiati»
Una madre surrogata, in India (Reuters)

Una madre surrogata, in India (Reuters)

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Un conto è la fecondazione eterologa, «ammessa dalla Corte costituzionale con la sentenza 162/2014». Un altro la «maternità surrogata», per cui rimane fermo il divieto. Emanuele Lucchini Guastalla, ordinario di diritto privato alla Bocconi di Milano, tratteggia il contesto su cui si muove la pronuncia di Strasburgo. Una pronuncia che sembra aver accolto quanto stabilito dalla Cassazione nel 2014: in Italia, la filiazione o è naturale, o è adottiva. Non sembra esserci posto per la maternità surrogata. «A mio avviso la Grand Chamber non prende posizione sulle scelte legislative, ma si limita a va- lutare se le soluzioni siano coerenti con la protezione dell’interesse del minore. Ha infatti affermato che è competenza esclusiva dello Stato riconoscere o meno un rapporto di filiazione, nell’ottica di protezione del bambino».

Dunque la Cassazione non c’entra nulla?
In effetti la decisione di ieri riguarda fatti accaduti nel 2011, quando ancora la filiazione era o biologica, o adottiva.

Ora, invece?
A seguito della sentenza della Corte costituzionale 162/2014, che ha ammesso il ricorso alla fecondazione eterologa, in Italia il rapporto di filiazione può sussistere anche tra un genitore non biologico e figlio nato a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

Nel caso deciso a Strasburgo, il bimbo nato da maternità surrogata non ha alcun legame genetico con la coppia che l’ha commissionato in Russia. E nei numerosissimi casi in cui vi è genitorialità al 50%, soprattutto da parte maschile?
Di fatto esiste già un orientamento giurisprudenziale che consente la trascrizione del certificato di nascita ottenuto all’estero, in un Paese che riconosce la filiazione attraverso maternità surrogata. Generalmente, questi certificati indicano la genitorialità di madre e padre, anche se poi il corredo genetico è di un solo membro della coppia.

Quali problemi apre questo regime?
Diciamo che non disincentiva la pratica di ricorrere alla maternità surrogata all’estero.

Dunque rischia di premiare l’elusione della legge italiana…
Certamente pone il problema dell’interesse del minore.

La maternità surrogata, di per sé, apre seri interrogativi.
E il divieto previsto dall’articolo 12 della legge 40/2004 si giustifica: questa pratica rischia infatti, com’è noto, di generare problemi di sfruttamento economico di soggetti in posizione svantaggiata.

Quello della gestante, innanzitutto…
In effetti, spesso il contratto di maternità surrogata impone limitazioni a colei che porta avanti la gravidanza. E queste limitazioni incidono su libertà essenziali della persona.

E per il bimbo?
Qui la situazione appare ancor più delicata, perché di fatto è estraneo al contratto concluso tra la coppia e la maternità surrogata. Oltrettutto, pur geneticamente estraneo alla gestante, egli sviluppa con lei un legame fisico che viene dissolto dopo la nascita.

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