martedì 26 ottobre 2021
Per "attivare" la protesi retinica il 70enne che ha ricevuto il device dovrà indossare occhiali speciali. Rizzo (Gemelli): due ore di intervento, adesso il paziente riesce già a percepire la luce
Il nuovo device

Il nuovo device - Ufficio stampa Gemelli

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È grande come la punta di una matita. Sta su metà di un’unghia ed è molto simile ad un minuscolo schermo. Ma può ridare la “luce” ad occhi che da anni vivono nel buio. Una retina artificiale di ultima generazione, in sostanza un piccolo gioiello della tecnologia, che è stato impiantato per la prima volta in Italia su un settantenne non vedente al Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs. Con una operazione di appena due ore. Al risveglio il paziente, affetto da una grave forma di retinite pigmentosa che aveva causato la perdita della vista, era già in grado di percepire la luce.

Gli occhiali necessari ad 'attivare' la retina bionica

Gli occhiali necessari ad "attivare" la retina bionica - Ufficio stampa Gemelli

«Siamo davvero felici di iniziare questa nuova esperienza – spiega Stanislao Rizzo, direttore di Oculistica al Gemelli e ordinario di Clinica oculistica all’università Cattolica campus di Roma, pioniere delle protesi retinica che ha effettuato l’intervento - che è frutto di un lavoro di squadra. Questa nuova retina artificiale dovrebbe assicurarci risultati migliori rispetto alle precedenti, essendo dotata di più di 400 elettrodi, molti più dell’Argus che ne possedeva 60. L’idea di restituire anche solo una parvenza di vista a persone che vivono da anni al buio, è il sogno di qualunque medico». La retina artificiale per ora è indicata solo per pazienti affetti da retinite pigmentosa (patologia che colpisce circa 150 mila italiani) negli stadi più avanzati di malattia, cioè persone che hanno perso completamente la vista da entrambi gli occhi, una condizione che interessa circa 1.000-1.500 italiani. «I criteri di selezione per entrare in questo trial sperimentale sono per ora molto severi e restrittivi».

L'equipe del professor Stanislao Rizzo che ha eseguito l'intervento

L'equipe del professor Stanislao Rizzo che ha eseguito l'intervento - Ufficio stampa Gemelli


La tecnologia

La nuova retina artificiale (NR600) è stata messa a punto dalla start up Nano Retina, che ha il suo quartier generale a Herzliya, la ‘Silicon Valley’ israeliana, nei pressi di Tel Aviv. Quello effettuato al Gemelli è il sesto impianto (il primo in Italia) nell’uomo del nuovo device, dopo quelli effettuati lo scorso anno in Israele e in Belgio (i pazienti operati finora hanno un’età dai 59 agli 81 anni). Questo gioiello high-tech, è frutto di oltre un decennio di ricerche. L’impianto, grande come la punta di una matita (5 mm di diametro x 1 mm di spessore), viene posizionato sopra la superficie della retina e gli elettrodi tridimensionali dei quali è composto, penetrano tra le cellule retiniche, andando a prendere il posto dei fotorecettori (le cellule specializzate che permettono di vedere), che trasmettono l’informazione al cervello, facendola viaggiare lungo le vie ottiche.

Ufficio stampa Gemelli

Per attivare i micro-elettrodi 3D, il paziente deve indossare degli speciali occhiali che inviano al device un raggio infrarosso, che provvede ad alimentarlo, attraverso di un minuscolo impianto fotovoltaico (due cellule fotovoltaiche) di cui è dotato. Il software e l’hardware contenuto negli occhiali inoltre controllano e modulano (come attraverso un alfabeto Morse) gli stimoli luminosi che arrivano agli elettrodi, traducendoli in impulsi elettrici che poi veicoleranno, percorrendo le vie ottiche, l’informazione al cervello. L’impianto di questo device, va detto, ripristina una parta della funzionalità retinica, ma non restituisce totalmente la vista.

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