sabato 16 aprile 2011
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Come si fa a restare u­mani dopo tutto quello che è succes­so? «È ancora possibile – ri­sponde mamma Egidia –. Anzi, se Vittorio fosse qui ci esorterebbe di nuovo, come faceva in tutti i suoi articoli dalla Palestina: “Restiamo u­mani”. Credo non ci sia mo­do migliore per ricordarlo e onorarne la memoria. Sia­mo tutti orgogliosi di lui». Per tutta la giornata di ieri, la villetta di Bulciago (Lec­co) dove vive la famiglia di Vittorio Arrigoni - il coope­rante italiano 36enne del Movimento di Solidarietà in­ternazionale rapito ieri da e­stremisti salafiti vicini ad al-Qeida e trovato morto nella notte a Gaza City - è stata meta del mesto pellegrinag­gio dei tantissimi che hanno voluto manifestare di perso­na il proprio cordoglio ai fa­miliari. Alla mamma Egidia Beretta, che di Bulciago è il sindaco, a papà Ettore e alla sorella Alessandra, che vivo­no con grande dignità e for­za d’animo questo momen­to di dolore. «Vittorio – racconta la ma­dre – aveva conosciuto la Pa­lestina nel 2002 e per lui era stata un’autentica folgora­zione, tanto che, a quasi die­ci anni di distanza, non so se sia stato Vittorio a scegliere la Palestina o la Palestina ad adottare Vittorio». La decisione di stabilirsi nel­la Striscia, dove viveva sta­bilmente da gennaio 2010, è stata appoggiata dalla fami­glia, che assecondava Vitto­rio in quella che lui conside­rava una scelta di vita. Di più, una vocazione. «Noi erava­mo contenti perchè lo vede­vamo felice», ricorda ancora Egidia Beretta, che ha rice­vuto la notizia della morte del figlio nel cuore della not­te. «Verso le due del mattino – aggiunge – ci ha telefonato da Gaza un’amica di Vitto­rio, chiamata dalle autorità locali a riconoscere il corpo. Da lei abbiamo avuto la con­ferma che le nostre speran­ze erano finite». Da quel momento, a casa Ar­rigoni sono cominciate ad arrivare telefonate di cordo­glio e, in mattinata, anche il prefetto di Lecco, Marco Va­lentini, ha fatto visita alla fa­miglia, impegnandosi a te­nere i contatti con Roma per organizzare il rientro della salma. Al momento non è però ancora possibile ipotizzare quando Vittorio po­trà rientrare in Italia. In attesa di dargli l’ultimo saluto, ieri sera gli amici lo han­no voluto ricordare con una veglia nella palestra delle scuole di Bulciago. Non si è svolto, invece, il presidio in piazza Aldo Moro, dove ieri pomeriggio stazionava un gruppo di pensionati, incre­duli per l’accaduto. Anche se tornava poco a casa, tutti in paese conoscevano Vittorio e il suo impegno per la pace in Palestina. A pochi passi ci sono il Mu­nicipio, con le bandiere a mezz’asta e la chiesa par­rocchiale dedicata a san Gio­vanni evangelista. Sul sagra­to, una statua di papa Gio­vanni XXIII con la scritta “In­segnaci la bontà, donaci la pace”. Due ideali per i quali Vittorio Arrigoni si è impe­gnato con tutto sè stesso fi­no a sacrificare la propria vi­ta. «Vittorio – dichiara il sinda­co di Lecco, Virginio Brivio, che ieri mattina ha telefona­to alla madre – era davvero un operatore di pace, bellis­simo esempio della genero­sità concreta e dello spirito di solidarietà che so­no tipici dell’animo dei lecchesi». Alla famiglia sono giunte anche le con­doglianze del presi­dente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni («Queste manife­stazioni d’odio e di disprez­zo totale della vita ci indu­cono ad una riflessione che coinvolge tutti noi su come sia caduto in basso il rispet­to della persona e della vita nel mondo di oggi. Nessuno si senta estraneo o indiffe­rente ») e del presidente del­la Provincia di Lecco, Danie­le Nava, che ha definito l’as­sassinio del cooperante «un gesto barbaro che impone una forte condanna e che ci lascia sgomenti».
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