venerdì 8 aprile 2022
Mentre si accolgono con calore i profughi ucraini, continuano i respingimenti illegali di altre persone in fuga da guerre, torture e fame. Migliaia le violazioni documentate dal Consiglio d'Europa
Non sono tutti uguali coloro che fuggono dalle guerra e dalla violenza. Profughi afghani e siriani sulle strade di Presevo, in Serbia: per loro le porte sono chiuse e i respingimenti spesso sono illegali

Non sono tutti uguali coloro che fuggono dalle guerra e dalla violenza. Profughi afghani e siriani sulle strade di Presevo, in Serbia: per loro le porte sono chiuse e i respingimenti spesso sono illegali - Ansa

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La risposta «calorosa e accogliente» data ai 4 milioni di ucraini in fuga dal conflitto fa purtroppo da contraltare alle «violazioni commesse contro rifugiati, richiedenti asilo e migranti provenienti da altre parti del mondo».

Anzi, proprio mentre i «respingimenti» di queste persone stavano «diventando sempre più visibili, ora rischiano di essere oscurati dalle conseguenze della guerra in Ucraina».

È il drammatico paradosso da cui parte la «raccomandazione» di Dunja Mijatovic, dal 2018 Commissioner for Human Rights del Consiglio d’Europa, con il mandato di promuovere il rispetto dei diritti umani nei 46 Stati membri dell’organizzazione (oltre a quelli Ue, ci sono gli Stati balcanici Albania, Bosnia o Croazia e diverse ex repubbliche sovietiche come Azerbaigian, Georgia e la stessa Ucraina).

Un documento vibrante di 64 pagine in lingua inglese, che Avvenire ha potuto visionare, dal titolo emblematico: «Spinto oltre i limiti. Quattro aree di azioni urgenti per porre fine alle violazioni dei diritti umani ai confini d’Europa».

Migliaia di violazioni documentate. In diversi Stati membri del Consiglio d’Europa, a dispetto degli obblighi a cui sono soggetti – denuncia il documento – «respingere rifugiati, richiedenti asilo e migranti è una politica ufficiale». Mentre «in altri Stati, nonostante le smentite delle autorità nazionali» ci sono «prove credibili» che sia «una pratica consolidata». Il documento conferma quanto denunciato in questi anni da ong, enti umanitari e media internazionali, compreso Avvenire . Sulla rotta balcanica, si contano migliaia i casi di persone intercettate sul territorio croato, portate vicino al confine, lasciate nei boschi e costrette con «l’uso di minacce e abusi a camminare oltre il confine di nuovo in Bosnia-Erzegovina».

Il solo Danish refugee council ha riportato «30.309 incidenti di respingimento fra dicembre 2019 e settembre 2021», in diversi casi con «l’uso eccessivo di violenza». A sua volta, l’Acnur ha documentato nel 2020 il respingimento di 2mila persone dalla Croazia alla Serbia. Poi c’è il capitolo Ungheria, dove dal 2016 al 2020 (mentre erano in vigore «misure di respingimento» poi bocciate dalla Corte di Giustizia Ue) sono state respinte 50mila persone. Ma da allora, anziché fermarsi, «il loro numero è aumentato in modo significativo, con altri 71.470 respingimenti dall’Ungheria alla Serbia in corso nel 2021».

La catena dei respinti. Nell’elenco dei "respingitori", compaiono diversi Paesi europei, come Austria, Francia, Spagna, Romania, Grecia, in una catena che respinge potenziali rifugiati e richiedenti asilo da un Paese all’altro, uomini, donne e bambini fatti rimbalzare come pacchi postali. Fra Polonia e Bielorussia, nel novembre 2021, Mijatovic si è recata di persona, accertando come la «pratica dei respingimenti» è stata ripetuta e sistematica», esponendo «le persone a un rischio di tortura o trattamenti degradanti da parte degli agenti bielorussi.

Il caso italiano. Il nostro Paese non è indenne: «Tra maggio e dicembre 2020, l’Italia avrebbe inviato almeno 1.300 persone in Slovenia, sulla base di una procedura di riammissione informale, senza valutazioni individuali».

E ancora, «secondo quanto riferito, lungo la costa adriatica, l’Italia sta ancora inviando persone in Grecia, nonostante la sentenza Sharifi della Corte europea dei diritti dell’uomo»: fra gennaio e metà aprile 2020, «circa 400 respingimenti». E altri sarebbero stati «registrati anche dall’Italia alla Croazia e all’Albania». Infine, un altro tasto dolente, che il documento definisce «i frequenti pullbacks nel Mediterraneo, in particolare quelli alla Libia, resi possibili grazie al sostegno italiano».

La raccomandazione ai governi. I respingimenti non debbono avere «posto in Europa», tanto meno in questo momento, incalza la commissaria. Invece, è la sua denuncia, alcune autorità degli Stati membri del Consiglio usano «l’arrivo di persone in fuga dall’Ucraina per giustificare la continuazione dei loro respingimenti illegali di altri rifugiati, richiedenti asilo e migranti». Non ci dovrebbero essere «doppi standard», è l’ammonimento, perché i diritti umani «valgono per tutti».

La commissaria si appella agli Stati membri affinché rispettino gli obblighi in materia di diritti umani, rafforzino la trasparenza dei controlli di frontiera, «riconoscano i respingimenti come un problema europeo».

E chiede ai «parlamentari» di mobilitarsi, sia come legislatori che come controllori, per opporsi a queste violazioni «gravi, crudeli e contraddittorie».

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