martedì 7 novembre 2017
L'obiettivo del segretario dem è di arrivare al 40%. «Uniti ce la facciamo. In Sicilia ha vinto il centrodestra come da dieci anni. M5S ha perso». «Di Maio è il nulla»
Renzi: «Vogliono mettermi da parte ma non mollo»
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La sconfitta annunciata in Sicilia chiude un capitolo ormai grigio per il segretario del Pd, e apre una nuova fase: la campagna elettorale è cominciata. Con l’occasione offerta da Luigi Di Maio del confronto televisivo, che si tramuta - per volontà dello stesso leader grillino che l’ha annullato - in un processo-palcoscenico per rimettersi in pista, Matteo Renzi parte lancia in resta: «Di Maio? Il nulla, direbbe Gnocchi. Se diventasse presidente del Consiglio, non è che può fare lo spaccone». Il plotone di giornalisti pronto a intervistarlo sembra esaltarlo, ma il leader del Pd arriva all’appuntamento serale pronto a confermare la sua volontà di andare avanti. «Il premier? Per ora è una discussione sterile, un nome è Gentiloni..., lo deciderà il Parlamento dopo le elezioni. Quando sono convinto che il Pd sarà il primo gruppo e che il centrodestra si spaccherà il giorno dopo».

Renzi ha preso tempo per l’analisi del voto: la direzione è fissata il 13. Ma non aspetta neppure la tribuna di Floris, su La7, per descrivere agli elettori nella e-news le prossime mosse: «Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta». Non molla il leader del Pd. A chi gli chiede se non sarebbe più facile un passo indietro per "sistemare i problemi", la replica è decisa: «Questa non è una novità, visto che hanno studiato vari modi per dirmelo: le prove false di Consip, la polemiche sulle banche, le accuse sulla mancata crescita». Ora le regionali della Sicilia. Per l’ex premier è solo un modo di «utilizzare ogni mezzo per togliere di mezzo l’avversario scomodo. Che poi è l’obiettivo di chi è contro di noi». E in tv passa al contrattacco. A chi esige discontinuità col passato, replica: «Mi chiedo, cosa vuol dire? Aboliamo gli 80 euro? O il Jobs act? Ma io vorrei altri 986mila posti». E agli avversari alla D’Alema, ribatte: «Cosa vuole? Che mi bruci in piazza?». Poi confessa il cruccio di essere stato percepito, a Palazzo Chigi, come «vicino alle istituzioni» e questo spiega probabilmente la campagna contro Bankitalia: «Io la critico perché non ho scheletri nell’armadio. Mps si comprò una banca a 9 miliardi, e tutti zitti...». Sul ritorno in scena di Berlusconi sfodera una battuta: «Quest’anno sono tornati Blade Runner, Twin Peaks, Trainspotting, forse si è un po’ convinto anche lui».

Nel voto siciliano, comunque, Renzi annota che la «sinistra radicale è passata dal 6,5% delle scorse regionali al 5,3, eleggendo un solo consigliere. Questo grande trionfo a sinistra io non l’ho visto». E però Renzi ammette la necessità di arrivare alla politiche uniti, o quanto meno con una coalizione. Ma senza alcun corteggiamento a Mdp. «Già oggi siamo in coalizione. E siamo pronti ad allargare ancora al centro e alla nostra sinistra. Condivido a questo proposito le riflessioni di Dario Franceschini. Non abbiamo veti verso nessuno». Perché, continua, «alle elezioni, se il Pd fa il Pd e smette di litigare possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale del 40%».

Ma alle correnti interne che non nascondono il malessere per la sua leadership replica: «Quello che deve essere chiaro è che io non posso essere il segretario dei caminetti tra correnti, degli equilibri e dei bilancini: io sono perché tutti nel Pd si sentano a casa, rispettando il pluralismo e mettendo i migliori in lista. Ma sono anche perché finalmente si parli agli italiani e con gli italiani. Basta chiacchierarsi addosso. Con la direzione del 13 novembre si inizia la campagna elettorale, altrimenti facciamo il gioco degli avversari». Insomma, il momento della campagna elettorale, dice, «è arrivato».

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