mercoledì 11 marzo 2009
Berlusconi: in Aula votino solo i capigruppo La replica: la proposta è già caduta nel vuoto. Nuove tensioni tra governo e presidenza della Camera Ma in precedenza il leader di An aveva aperto: il Cavaliere sul Colle? Ipotesi non remota
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Tempi troppo lunghi per arrivare all’approva­zione di una legge? Berlusconi azzarda una possibile soluzione: «Si riconosca nel solo vo­to del capogruppo il voto di tutto quanto il gruppo che rappresenta. Chi è contrario può venire in Aula per esprimere il suo no o per astenersi». È una rivoluzio­ne. I deputati e i senatori del Pdl, riuniti in assemblea al teatro Capranica proprio a due passi da Monteci­torio, si guardano e si interrogano. Ma è una nota di Gianfranco Fini a sbarrare la strada all’idea del pre­sidente del Consiglio. Voto solo ai capigruppo? «È im­possibile che accada», dice secco il presidente della Camera che subito ricorda: «È una proposta che è già stata avanzata ed è caduta nel vuoto. Accadrà anche questa volta». Il nuovo scontro rischia di agitare il congresso fondativo del Pdl in programma per fine marzo, ma Berlusconi sembra deciso ad andare a­vanti per cambiare i regolamenti parlamentari «che non sono adeguati alle necessità di un governo e di una maggioranza di avere tempi certi e brevi per i propri disegni di legge». Magari spostando molte vo­tazioni nelle commissioni. Già perchè Berlusconi pro­pone anche un’altra modifica ai regolamenti parla­mentari: «La maggior parte delle votazioni dovrebbe tenersi nelle commissioni. In aula dovrebbe andare solo il voto finale sul provvedimento». Tutto sembra passare in secondo piano. Anche il ca­pitolo Quirinale aperto da Fini con un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais passa per 'merito' del Cavaliere subito in secondo piano. Già perchè a Fini che aveva definito «non remota» l’ipotesi del premier al Quirinale, Berlusconi replica con un sorriso e cin­que parole: «Io non ho letto niente». Per il resto solo flash. La legge sulle intercettazioni? «Non è quella che volevo, ma è comunque un passo avanti. Non è una democrazia quella in cui non si può parlare libera­mente al telefono». Il piano casa? «Approderà al Con­siglio dei ministri di venerdì prossimo», conferma il premier che spiega: «Non è un piano per la cementi­ficazione come dice l’opposizione, ma solo buon sen­so che servirà a mettere in moto l’edilizia nel nostro Paese». E il decreto con gli incentivi? Sta dando buo­ni risultati, «si stanno svuotando i magazzini e stan­no ripartendo gli ordini per le auto, gli elettrodome­stici e i mobili. I vertici di Fiat e Volkswagen mi han­no ringraziato». Poi ancora messaggi. «Le banche con­tinuino a fare le banche e a sostenere le imprese», ri­pete Berlusconi che annuncia: oggi a VillaMadama «a- vrò un incontro molto importante con imprenditori e banchieri: a questi ultimi chiederò di non avere pau­ra e di continuare a sostenere le imprese». Sulle pri­me pagine dei giornali online resta però la sfida sui regolamenti. Berlusconi va dritto. Anzi, a sostegno della sua tesi, chiama il ministro degli Esteri Franco Frattini. Che fa capire di condividere l’idea del pre­mier. E che racconta quello che succede all’assemblea nazionale francese. «Da 40 anni – spiega Frattini – è possibile il voto per delega, quando ci sia una mis­sione autorizzata dal governo o una malattia. Il de­putato può delegare il suo presidente per 8 giorni consecutivi». Non è chiaro quanto sia complicato 'importare' il si­stema francese. Serve una modifica costituzionale o è sufficiente una legge ordinaria? O potrebbe basta­re la sola modifica dei regolamenti dei due rami del Parlamento? In attesa di capire l’apposizione reagi­sce. Il Pd si affida a una nota dei due capigruppo, So­ro e Finocchiaro, per respingere la proposta del pre­mier: «Come un fiume carsico ciclicamente riemer­gono le pulsioni autoritarie del presidente Berlusco­ni. L’idea di sopprimere il Parlamento con una rifor­mina regolamentare, delegando a pochi eletti la fun­zione legislativa, esprime in modo plateale l’assenza di cultura costituzionale di Berlusconi». Anche la Le­ga sembra scettica, ma il suo capogruppo a Monte­citorio, Roberto Coda, decide di minimizzare: penso che quella di Berlusconi «sia stata una provocazione». E le nuove tensioni con Fini? A tarda sera il ministro della Difesa Ignazio la Russa attraversa il Transatlan­tico e prova a fare chiarezza: «Il presidente Fini non è arrabbiato e non ha fatto nessuna critica alla pro­posta avanzata da Berlusconi. Ho appena parlato con lui e gli ho chiesto se era arrabbiato... Beh, mi ha det­to di no. Fini ha espresso solo un giudizio sulla fatti­bilità della proposta e non un giudizio di merito». Poi un chiarimento ulteriore: «Per me non è una cosa scandalosa – chiosa La Russa – ma non credo che ci siano le condizioni perchè la proposta ottenga la mag­gioranza qualificata». Insomma serve una legge co­stituzionale per dare seguito al 'piano' del premier? Vedremo, ma intanto anche l’altro pezzo dell’oppo­sizione alza la voce. Il vicepresidente della Camera e presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, ricorda l’ar­ticolo 67 della Costituzione e spiega: «I parlamenta­ri rappresentano tutta la nazione e non il partito an­che se attraverso i partiti». Inevitabile il no dell’Italia dei Valori con Donadi: «Berlusconi vuole ridurre il Parlamento a un ruolo di notaio».
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