mercoledì 15 aprile 2009
Il governo dovrebbe spostare il termine ultimo per lo svolgimento della consultazione di una settimana Il premier pensa a una mediazione con il Senatur Lega in trincea. Compromesso possibile sul 21 giugno.
COMMENTA E CONDIVIDI
La Lega fa muro e 'uccide' l’idea di accor­pare referendum elettorale, europee e amministrative. Election day sabato 6 e domenica 7 giugno? Roberto Calderoli, al ter­mine di un vertice a via Bellerio con Bossi e gli altri ministri del Carroccio, scandisce il suo no: è anticostituzionale e finora non è mai succes­so. Capitolo chiuso. Ora però serve la soluzio­ne e tocca ancora a Silvio Berlusconi muover­si. È lui a chiamare Bossi. A ripetergli che sa­rebbe assurdo costringere gli italiani a votare tre domeniche elettorali consecutive, 7-14-21 giu­gno. Insomma serve un’intesa e la Lega a fine vertice batte un colpo. «Anche in questo caso cerchiamo una soluzione... Lo abbiamo sem­pre fatto per essere in pace con gli alleati», ri­pete il sottosegretario Roberto Castelli. La so­luzione a questo punto è una sola: un 'mini ac­corpamento' tra il referendum e i ballottaggi delle amministrative il 21 giugno. Un’ipotesi che a tarda sera confermano le parole di Fa­brizio Cicchitto: quella del 21 giugno – ripete il presidente dei deputati del Pdl – è «la data più ragionevole» per il referendum elettorale. C’è, insomma, la soluzione (o almeno è a portata di mano), ma c’è anche un crescente fastidio ver­so la linea dura della Lega e Cicchitto scandi­sce l’atto d’accusa: «È indispensabile che ogni forza politica, Lega compresa, si faccia carico di tutti i problemi che stanno in campo perchè non è neanche ipotizzabile che se ne risolva u­no lasciando aperti gli altri». Si guarda avanti e sembra ormai assodato che si procederà per decreto a spostare proprio al 21 giugno il termine ultimo della consultazio­ne referendaria che, per legge, deve tenersi tra il 15 aprile ed il 15 giugno.Franceschini attac­ca ancora: «Non è moralmente serio in questo momento buttare i soldi dalla finestra quando servono per i terremotati». Ma Cicchitto si ri­bella: «Di strumentalismi sul referendum ne stanno emergendo molti, forse troppi. Anche coloro che lo hanno proposto avevano messo nel conto che esso implica una spesa rilevan­te... ». La soluzione è vicina e la linea di chi, an­che nel Pdl, reputa prioritario privilegiare il rap­porto con la Lega, coesione e capacità opera­tiva di governo e maggioranza, rispetto alla bat­taglia referendaria prevale. Maurizio Gasparri ha una sua idea e un suo perché. «Non siamo più nell’Italia di Prodi e dei 10 mila partiti, la riforma politica è già avvenuta con la nascita del Pdl e del Pd e non è necessario strattonare la Lega con ulteriori accelerazioni», chiarisce il presidente dei senatori del Pdl che chiosa: «Le urgenze adesso sono altre. Dobbiamo pensare al terremoto, alla crisi economica, portare a­vanti alla Camera ed al Senato l’iter di diverse leggi, senza che questo voglia dire cedere ai dik­tat della Lega, che a sua volta deve saper fare un passo indietro, non innalzare bandiere su certe norme come ha fatto di recente sui tem­pi di permanenza nei Cie. Insomma, cercare l’intesa discutendo nella maggioranza è una buona norma che deve valere per tutti». Parole chiare e anche Berlusconi, che rientrerà oggi dalla Sardegna, nei suoi contatti telefoni­ci ha mostrato di gradire la ricerca di un com­promesso con il prezioso e fidato alleato leghi­sta, a patto che sia il meno possibile oneroso per le casse dello Stato, proprio nei giorni della tra­gedia in Abruzzo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: