venerdì 14 agosto 2009
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Fuori dagli scrutini i professori di religione, come dice la sentenza del Tar del Lazio? Sarebbe un danno agli studenti. Dal punto di vista didattico. Ma anche dal punto di vista umano, perché spesso è all’insegnante di religione che si dialoga e si confidano i problemi che pesano sul profitto scolastico in età difficili. Oggi l’87% degli insegnanti è laico: il 57% sono donne, il 30 uomini. Il resto sono sacerdoti (11%) e religiosi. A loro la parola per raccontare il rapporto costruito con gli allievi e la ricchezza culturale di un’ora che molti considerano a torto superflua.«Quasi 25 anni di insegnamento – spiega Ester Cappucciati, storica docente del liceo Colombini di Piacenza – mi portano a definire speciale il rapporto con i miei alunni. Ho incontrato diverse generazioni e inquietudini. Ho un metodo personale, consiste nell’affrontare le grandi questioni scientifiche e culturali alla luce dei valori della fede cristiana. Propongo di dare un senso a quel che studiano, stimolo il confronto sui valori religiosi, che sono i cardini della nostra cultura. Mi metto in gioco, verso di loro ho una grande disponibilità al confronto, che per me è eccezionale. Essere al loro servizio ha significato il mio personale scopo di vita, lo stesso che i ragazzi stanno ancora cercando. Credo con questa sincerità di aver costruito un bel rapporto, fatto di confidenze e anche richieste d’aiuto. Poi ognuno porta via ciò che gli serve dalle mie lezioni».L’anno scorso la professoressa Cappucciati ha raccolto i pensieri degli allievi, arrivati attraverso lettere, email e sms, in un libro, «Varco nel muro», edito da Ares. E se venisse esclusa dagli scrutini?«Seguo 18 classi – conclude – mai avuto problemi con i colleghi, anzi. Non capisco quali siano le discriminazioni verso chi sceglie un’ora alternativa. Penso anzi che capire il contesto culturale in cui vive sia interessante anche per un musulmano o un ateo».La sentenza del Tar non va giù a Margherita La Rocca, in servizio da 27 anni, 20 dei quali all’Alighieri di Roma e gli ultimi sette a Palermo, al liceo scientifico Basile del quartiere Brancaccio, a rischio mafia, .«L’altro ieri i giornali erano terribili. Il "Manifesto" sosteneva che la prossima tappa sarà metterci fuori dall’orario scolastico. Assurdo. Noi applichiamo il Concordato. Così si discrimina la nostra professionalità. Forse i giudici non sanno che siamo lavoratori preparati come i nostri colleghi delle altre materie e che abbiamo superato concorsi. Sono laureata in psicologia, ho il master in scienze religiose e la licenza in teologia. Non si tratta di essere clericali o laicisti, è questione di chiarezza. In classe non facciamo proselitismo, applichiamo programmi precisi e lavoriamo seriamente su libri di testo per stimolare la conoscenza dei principi del cattolicesimo, patrimonio storico del nostro Paese. A noi spetta interessare i ragazzi alla materia. E ci riusciamo, evidentemente. A Palermo il 100% degli allievi sceglie l’ora di religione, a Roma il 98%. Percentuale invariata per i maggiorenni. Vorrà pur dire qualcosa». E senza voi cosa accadrebbe negli scrutini?  «Non mi sento di serie B. A me viene spesso richiesto dai colleghi un aiuto per capire i problemi personali di alcuni e valutare serenamente in collegio di classe». Non è sempre stato facile lavorare per Graziella Biondi, 28 anni di servizio al classico Spedalieri di Catania. «I rapporti con gli allievi sono sempre stati ottimi. Se li stimoli, scattano. Anche con molti colleghi, spesso neppure credenti, sono riuscita ad avviare collaborazioni interdisciplinari. Ad esempio alle classi del primo liceo offro una diversa visione del Medioevo, mettendo in evidenza l’importanza del monachesimo. In seconda tratto la questione del rapporto tra fede e ragione, con quelli dell’ultimo anno parliamo di morale e relativismo. L’ora di religione offre una diversa angolazione sui programmi delle altre materie e arricchisce il bagaglio culturale, tuttavia in questo istituto, quando gli studenti chiesero chiarezza sull’omicidio dell’ispettore Raciti, vi furono colleghi che li criticarono perché la scuola, secondo loro, deve insegnare la circospezione». E gli scrutini? «Trovo docenti, per fortuna meno rispetto a un tempo, che non mi lasciano esprimere. Usano gli stessi argomenti del Tar laziale. Altri ci delegano il dialogo con i ragazzi difficili. Perché la nostra presenza sarebbe discriminante? La scuola dia un’offerta formativa a chi sceglie l’alternativa».Sottolinea il buon rapporto che tradizionalmente si instaura con gli allievi il sacerdote Ottavio Villa, in forze al Liceo don Gnocchi di Carate Brianza, in provincia di Monza.«Per noi l’approccio è certamente più facile perché siamo sentiti dai ragazzi più vicini. Penso che senza l’insegnante di religione i collegi dei docenti perdano un’antenna e gli allievi qualcuno che li conosce meglio».Ribadisce l’importanza dell’insegnamento fin dalle elementari Antonella Cremaschi, insegnante di  religione e inglese in una primaria pubblica di Fidenza. «A lezione spiego ai bambini il senso delle cose che accadono, dalla festa alla gioia ai momenti tristi. Mai sentito una famiglia lamentarsi».
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