Ancora una volta Napolitano ci mette la faccia. E appoggia la decisione del governo Berlusconi di intensificare, con lanci mirati di missili, l’impegno militare dell’Italia in Libia. «Quanto annunciato dal presidente del Consiglio è il naturale sviluppo della scelta compiuta a metà marzo – dice il capo dello Stato nell’ambito dell’incontro con le associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma –, non potevamo restare indifferenti alla sanguinaria reazione di Gheddafi». Un sigillo che si associa ad un duro richiamo alla comunità europea sulla gestione dell’emergenza-immigrati: «Nulla sarebbe più miope, meschino e perdente del ripiegamento su se stessi dei paesi membri. Abbiamo un futuro solo se siamo uniti». Il capo dello Stato affronta la questione libica - e in generale quella delle «rivoluzioni o evoluzioni democratiche nel mondo arabo» - davanti ad una platea difficile e significativa, gli ex combattenti della Resistenza e delle forze armate, incontrata come da consuetudine nell’ambito delle celebrazioni per il 25 aprile. L’intenzione di Napolitano, chiara sin dal tono di voce, è quella di 'blindare' la linea dell’esecutivo. Accenna alla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu, rammenta che la guida delle operazioni è affidata alla Nato (fatto per cui l’Italia ha dovuto lottare dopo l’iniziale protagonismo francoinglese), poi fa intendere di essere pienamente informato e consenziente: la linea che si sta seguendo, spiega il Colle, è quella «fissata nel Consiglio supremo di difesa da me presieduto». Infine, ultimo tassello, fa notare che sull’intervento libico c’è già stato «ampio consenso in Parlamento». Insomma, ci sono tutti gli ancoraggi internazionali e i passaggi istituzionali previsti dalla Carta. Napolitano li mette in fila nella speranza che il Paese proceda unito in politica estera. Prevedendo però le contestazioni della sinistra radicale e le perplessità di chi (Lega in primis) è contrario a un inasprimento delle operazioni militari, il presidente assicura che «i comandi e le Forze armate faranno la loro parte con la solita dedizione». Poi precisa: «Naturalmente le armi non bastano, la risposta di fondo al rischio di flussi migratori disperati è un fattivo e forte impegno di cooperazione allo sviluppo». È questa, dice il presidente, la strada per essere «all’altezza delle nostre responsabilità come mondo più sviluppato e ricco». Non solo per un generico «senso di solidarietà», ma perché ne va «del nostro stesso interesse». Più risorse, dunque, per aiutare a riscattarsi chi ora sta lottando per democrazia e diritti, in modo che le popolazioni non scelgano la strada (spesso di morte) del mare. Ed è un richiamo all’Europa perché «ci sia una svolta» nell’azione comune: agendo in modo «miope e meschino », ognuno per sé e senza coordinamento, i paesi dell’Ue, in primo luogo l’Italia, «finirebbero per subire gravi contraccolpi». Nella cornice della Casa madre del mutilato, Napolitano, per dare forza al suo ragionamento, non esita a tracciare una linea di continuità tra il 25 aprile e le «istanze di libertà e giustizia in regioni a noi vicine», tra la Resistenza italiana e «i moti di ribellione contro regimi oppressivi e dittature personali, con il loro contorno di privilegi e corruzione ». L’intervento internazionale ha allora un unico fine: che non sia «brutalmente soffocata» questa «carica liberatoria». Vale per la Libia, ma vale per tutte le aree di crisi in cui l’Italia, acquisendo «credibilità», manda militari, mezzi e aiuti umanitari. D’altra parte, il capo dello Stato ha di fronte esponenti delle associazioni d’armi, ma il riferimento non è formale, visto che di tanto in tanto (ancora con la Lega capofila) si mettono in discussione le missioni internazionali che impegnano il Paese. «Siamo lì per la sicurezza e la pace, contro le trame destabilizzanti del terrorismo, contro negazioni sistematiche dei diritti umani». Tutto ciò fa parte di una visione «che rifiuta anacronistici approcci nazionali». Al bando, dunque, ogni tentazione (anche interna all’esecutivo) di uscire dal quadro comunitario e sovranazionale. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano