giovedì 5 marzo 2020
Il 27enne fu ferito ad Altamura alla testa tra il 4 e il 5 marzo 2015 nell'esplosione di una sala giochi. I boss sono stati condannati. La famiglia in prima linea nell'impegno contro la criminalità
Domenico Martimucci

Domenico Martimucci - .

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Cinque anni fa, nella notte tra il 4 e il 5 marzo 2015, ad Altamura, cominciava il drammatico calvario di Domenico Martimucci, la prima vittima innocente delle "azzardomafie". Cinque mesi di agonia, fino alla morte l'1 agosto in una clinica austriaca specializzata in riabilitazione neurologica, dove era stato trasportato nella speranza di una ripresa.

Ma cinque anni fa cominciava anche il forte impegno della famiglia a non dimenticare, a trasformare quella drammatica e ingiusta morte in un percorso di riscatto. "In quella situazione poteva trovarsi chiunque, un figlio, un fratello, un padre - spiega la sorella Lea -. È successo a casa nostra, non in una città lontana. Questo vogliamo che i ragazzi capiscano. Per questo abbiamo pensato di fare qualcosa per la nostra città e anche per noi".

Tutto comincia quella notte quando una bomba viene fatta esplodere davanti alla vetrina della sala giochi "Green table", quasi un chilo di tritolo "pari a 20 granate da guerra" l’hanno definita i pm Giuseppe Gatti e Renato Nitti che hanno condotto l'inchiesta. Dentro la sala alcuni ragazzi stavano guardando una partita in tv. Tra loro Domenico, "Domi" per tutti, promettente calciatore, soprannominato "piccolo Zidane" per la sua bravura. Viene colpito alla testa da pezzi di metallo, è gravissimo. Rimane in coma per cinque mesi, fino alla morte l'1 agosto. "Vittima innocentissima di mafia", ci ha detto la mamma Grazia, a Bari in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera. Perché i familiari hanno scelto subito di partecipare, fin da allora, "per essere tutti uniti, sperando che la mafia sia sconfitta. Parlandone".

Parlando di Domi, della sua storia, della sua morte e del perché. E il perché parte dal mandante, il boss Mario D’Ambrosio, che fece piazzare il potentissimo ordigno davanti alla sala. Una vera e propria "volontà stragista" è stata l’accusa, una bomba dall'effetto devastante, oltre a Domenico vengono feriti otto ragazzi. "Non era soltanto un’operazione finalizzata a un recupero di clientela – hanno sostenuto i pm – ma a rimpinguare il patrimonio mafioso del D'Ambrosio profondamente destabilizzato da tutta una serie di eventi: l’uccisione del fratello Bartolo, il tentato omicidio di Mario". D’Ambrosio "aveva bisogno del terrore, di un gesto eclatante" perché per lui l’azzardo, azzardo legale, non clandestino, era un affare che non poteva perdere assieme alla reputazione mafiosa. Dunque non si ferma davanti a niente, colpendo un rivale.

La sorella e la madre di Domenico Martimucci

La sorella e la madre di Domenico Martimucci - .

Ma grazie alle telecamere della zona, i carabinieri riescono a individuare l’auto degli attentatori, di proprietà di un incensurato 21enne, Luciano Forte. E seguendo lui vengono individuati l'esecutore e il mandante. Il primo, Savino Berardi, 25 anni, è stato condannato a 20 anni fino in Cassazione. D'Ambrosio a 30 anni e Forte a 18 in appello. Per loro manca solo la Cassazione. La famiglia attende l'ultimo atto. "Nulla può alleviare il nostro dolore, nulla ci potrà ridare Domi. Ma noi continuiamo a credere nella giustizia. E ringraziamo i pm Nitti e Gatti, e le forze dell’ordine per il loro impegno".

Diverso il comportamento della burocrazia ministeriale. La famiglia ha fatto domanda per il riconoscimento di vittima innocente, ma il ministero dell'Interno l'ha respinta dicendo che era giunta dopo i tre mesi previsti. "Non è vero - ci dice la sorella Lea - e infatti abbiamo fatto ricorso. E aspettiamo entro marzo una risposta. Ma è assurdo che ci siano dei tempi così ristretti e che ci trattino in un modo così burocratico".

Anche perché la reazione della famiglia è state positiva, davvero un esempio. "Forze dell'ordine e magistrati sono stati impeccabili. Ora tocca a noi", dice ancora Lea. È nata così l'associazione "Noi siamo Domi" con la finalità di aiutare i più bisognosi, la lotta alla criminalità e l'impegno per la legalità, "nel nome e nel sorriso di Domi". E non dimentica neanche il Comune che si è costituito parte civile nei processi e che oggi, assieme all'associazione, promuove la "Giornata della legalità "Io non dimentico"". Nell'occasione sarà posta in largo Nitti, luogo dell'attentato, una targa in ricordo di Domi che riporta queste parole: "Non si può tornare indietro, ma fermandoti può servire a riflettere, a non dimenticare ed impedire che accada ancora. Ricordati sempre da quale parte vuoi stare... LOTTA, CREDI, VIVI".

Il consiglio comunale sospenderà la propria seduta per dare un segnale forte alla città e raggiungere tutti insieme il luogo della strage. Qui interverranno il vescovo monsignor Giovanni Ricchiuti, il pm Nitti, il comandante della Legione Carabinieri Puglia, generale Alfonso Manzo, il sindaco, Rosa Melodia. Nello stesso luogo, all'ora dell'esplosione, come ogni anno, si è tenuto un momento di preghiera e la famiglia ha acceso un cero e posto un fiore presso il monumento funerario.

Nella mattinata in piazza Duomo sarà allestita la mostra "Il filo della memoria" realizzata dai ragazzi degli istituti superiori di Altamura: mille cartoncini colorati legati ad un filo, su ogni cartoncino un inno alla memoria di ogni vittima innocente di mafia. Ma non ci si ferma a questa giornata. I prossimi programmi dell'associazione sono tutti legati dal tema "sport e legalitá".

Sport, gioco vero, non azzardo. In particolare il progetto del "Centro sportivo Domenico Martimucci- DM10" (10 era il numero della sua maglia, lo stesso di Zidane) che sta sorgendo nei pressi della parrocchia del Redentore e che su 8mila metri quadrati espiterà due campi di calcio a 5, uno di beach volley, una pista di atletica, un area fitness attrezzata all'aperto, gli spogliatoi, affiancati ad un parco meditativo. Il progetto ha vinto un bando regionale per impianti sportivi privati da 100mila euro ma l'importo complessivo dei lavori supera i 500mila.

Così la parrocchia e l'associazione stanno aprendo una raccolta fondi in crowdfunding, ma già ci sono state diverse donazioni di alberi e bordure, molti professionisti hanno donato il loro tempo per redigere il progetto, e altri hanno donato o prestato attrezzature per gli scavi. "È lo spirito di condivisione - riflette Lea -. È un progetto partito dai desideri dei bambini. La comunità parrocchiale è giovanissima e molto grande, raccoglie più di 4mila famiglie. Tutti come possono partecipano attivamente a questa nostra avventura perché lo sport unisce, e il rispetto delle regole è fondamentale per crescere inseguendo gli ideali di legalità e, perché no, anche di bellezza".

Per questo è stato chiesto ai bambini di disegnare cosa avrebbero desiderato nel parco. E sono arrivati più di 100 disegni. Inoltre l'associazione ha già avuto le autorizzazioni per realizzare un murales decorativo a tema antimafia sociale, che avrà per soggetto Domi e che "oltre ad abbellire le pareti degradate di una palazzina popolare in periferia servirà a far riflettere".

Memoria e impegno. Un messaggio di speranza e di cambiamento, come sottolinea il pm Nitti. "Il territorio di Altamura è stato a lungo coperto da una cappa di omertà. Le persone andavano dal mafioso per risolvere i propri problemi, da una furto a problemi di cuore. La prima reazione forte che lascia sperare è quella della famiglia e dell'associazione. Purtroppo la società si è smossa solo dopo il dramma della morte di un innocente, ma è un primo passo importante".

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