giovedì 12 novembre 2009
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Ogni anno sono in media 150 le persone che muoiono dietro le sbarre dei penitenziari italiani. Circa un terzo dei decessi censiti sono suicidi (1.005 i casi accertati dal 1990 a oggi) mentre un terzo delle morti vengono immediatamente riconosciute come decessi per cause naturali. Resta però un’ultima quota che, nei registri dell’amministrazione penitenziaria, finisce sotto la voce «per cause da accertare»; sono tutti quei casi nei quali viene aperta un’inchiesta giudiziaria. In base ai dati del dossier «Morire di carcere», elaborato dalla redazione di «Ristretti orizzonti» del carcere di Padova, solo nel 2009 i casi da accertare sono 16, a fronte di 148 morti. Nel 2008 erano stati 32 a fronte di 142 decessi.Ci trovi morti «per infarto» con la testa spaccata, a spulciare quel dossier. Detenuti «suicidi» con il corpo ricoperto da lividi. Il caso Cucchi, purtroppo, non è isolato. È solo l’ultimo (anzi, il penultimo) di una lunga serie. «La morte di Stefano – dicono i curatori del dossier – ha avuto l’effetto di scoperchiare il calderone infernale delle morti in carcere, di far conoscere all’opinione pubblica un dramma solitamente relegato alla  cerchia degli addetti ai lavori». Tra le centinaia di storie che i detenuti redattori hanno raccolto dal 2000 a oggi ce ne sono almeno una trentina «che richiederebbero un approfondimento nelle sedi opportune». Il quadro però è solo parziale: si tratta delle vicende più clamorose, quelle che saltano maggiormente all’occhio. Come quella di caso di Marcello L. (29 anni). Ufficialmente morto per collasso cardiaco, dopo essere caduto battendo la testa, il 1° ottobre 2003 nel carcere di Livorno. La madre non ci crede e sospetta che si sia trattato di omicidio, anche perché il corpo del figlio era coperto di lividi. Come testimoniano alcune foto del corpo del ragazzo: il volto tumefatto e tracce di sangue sul volto. Anche il decesso di Hebteab Eyasu, 36enne eritreo, sembra sospetto. Rinchiuso da due mesi nella sezione Alta sicurezza del carcere di Civitavecchia, il 14 maggio 2006 si è tolto la vita impiccandosi. Questa la versione ufficiale. Ma nelle fotografie scattate all’ospedale di Civitavecchia si nota che l’uomo ha una ferita in fronte e una grande macchia rossa di sangue dietro la nuca. Senza contare quello che non  è possibile vedere a occhio nudo, ma a volte emerge dalle autopsie (quando vengono disposte e poi è dato conoscerne l’esito): costole spezzate, milze e fegati «spappolati», lesioni ed emorragie interne. «Questo è quanto emerge dalle cronache, dalle perizie, dalle fotografie e questo è quanto ci limitiamo a testimoniare – concludono i redattori di "Ristretti orizzonti" –. Se ci sono responsabilità per queste morti e, nel caso, chi sono i responsabili, non spetta a noi dirlo, ma alla magistratura».
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