mercoledì 25 novembre 2009
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È l’esercito degli sfollati sulla costa quello che al mattino sta in coda ai caselli autostradali dell’Aquila, in fila per entrare nel capoluogo terremotato. Nella nebbia di novembre li si vede dormire con la testa appoggiata al finestrino del bus, che dai mille alloggi nella regione li porta a scuola o al lavoro nel capoluogo ancora ferito dal 6 aprile. La sveglia suona all’alba per gli oltre 15mila terremotati che vivono sulla costa negli alberghi o in case private tra le provincie di Teramo, Pescara, Chieti e Ascoli Piceno. Poi di corsa alla fermata delle navette per L’Aquila o alla guida delle car pool, le macchine organizzate, con cui gli sfollati si accordano per tornare in città. Una sorta di mini autobus privati tra colleghi d’ufficio, vecchie conoscenze o nuove amicizie post terremoto per non pesare troppo sulle tasche già alleggerite dai danni del sisma e per non ingolfare il traffico del capoluogo. La fatica dopo mesi sembra a tratti insopportabile, i bimbi continuano il loro sonno sui sedili posteriori delle auto, ma loro sono gli unici a non lamentarsi se tornando nelle nuove case marine alle quattro del pomeriggio devono pranzare all’ora della merenda e iniziare a studiare quando è già buio.«Partiamo alle sette di mattina da Roseto – racconta Antonio Ingiacomo che ogni giorno viene all’Aquila per lavoro con la moglie Sabrina – lasciamo la nostra piccola di due anni al nido sulla costa e poi aspettiamo pazientemente di entrare a L’Aquila; quando va bene l’attesa al casello è di mezz’ora». Ma la loro via crucis non è finita, Sabrina alle due riparte con le navette gratuite messe a disposizione dei terremotati, mentre Antonio resta al lavoro fino a sera e arriva nel residence che li ospita al mare in tempo solo per dare il bacio della buonanotte alla sua piccola. «È un sacrificio grande per noi – prosegue con aria rassegnata – ma è nulla in confronto a quello che è successo alla nostra città».Antonio tira fuori il meglio del suo essere abruzzese e come lui migliaia di aquilani viaggiano ogni giorno con la ferma volontà di vivere dove c’è posto, anche lontano cento chilometri dalla vecchia casa. Le storie di ordinario pendolarismo si intrecciano con i problemi della ricostruzione, con quelli di viabilità, con le commissioni per gli uffici o la spesa da fare prima che parta l’ultima navetta. Ma i racconti dei viaggi della speranza sono intervallati anche da nuovi gesti di vera rinascita, come i piccoli negozi che riaprono in periferia e i locali del centro che sorgono in fantasiosi chalet di legno o su autobus londinesi. Per gli sfollati sulla costa tanto sacrificio, ma anche la soddisfazione di tornare la domenica a passeggio per il centro ancora puntellato e solo parzialmente riaperto. «La voglia di ricominciare all’Aquila c’è – dice ancora Antonio Garofalo –. Non è facile fare ogni giorno oltre 200 chilometri in macchina, si arriva al lavoro già stanchi e c’è il rischio di addormentarsi al volante la sera al ritorno». Per chi vive sulla costa, le agevolazioni ci sono anche nell’orario d’ufficio e di scuola; un ingresso flessibile che tenga conto del traffico in tilt ogni mattina, della strada resa scivolosa dalla brina del mattino e, quando succederà, anche delle abbondanti nevicate della notte. In alternativa alle auto, i bus del servizio di trasporto regionale consentono a chi non vuole o non può utilizzare il mezzo proprio dei collegamenti ogni mezz’ora con le principali località di mare.
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