martedì 20 febbraio 2024
Il 20 febbraio 2020 la prima diagnosi di Covid-19 ad un paziente di Codogno. Matteo Bassetti: un momento per onorare i professionisti della salute. Per i grandi Comuni un costo da 2 miliardi di euro
La Rianimazione del Policlinico San Martino di Genova

La Rianimazione del Policlinico San Martino di Genova - Ansa

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Quattro anni fa si apriva l’“era Covid”. Una guerra tra un nemico spietato, invisibile e sconosciuto, un nuovo parassita appartenente alla famiglia dei coronavirus, e la scienza medica. «Era il 20 febbraio 2020, quando Mattia Maestri, un 38enne di Codogno risultò positivo al Sars-CoV-2, segnando di fatto il primo paziente italiano con il Covid e l'inizio della pandemia in Occidente – ricorda oggi il direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico universitario San Martino di Genova, Matteo Bassetti -. Sono passati quattro anni e possiamo dire che abbiamo vinto questa guerra, grazie soprattutto al lavoro di tutti i sanitari e ai progressi della medicina e della scienza. La vittoria non è di una parte politica o di un'altra (spesso la politica si è divisa infatti su temi da cui avrebbe dovuto stare molto lontana), ma è tutta dei professionisti della salute».

Un intervento, quello di Bassetti, che arriva nella “Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato”, istituita quale «momento per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020. Grazie a tutti i sanitari per lo straordinario lavoro che compiono ogni giorno e per il continuo impegno», conclude Bassetti.

Intanto, proprio in queste ora c’è chi fa i conti in tasca ai Comuni sui costi della pandemia. È il Centro studi Enti locali, per il quale l'emergenza è costata alle grandi città italiane oltre due miliardi di euro ma con forti variabili: dai 703 euro procapite della spesa di Venezia, ai 64 di Taranto. Risorse che sono state compensate dal governo attraverso lo strumento del cosiddetto “fondone” e sulle quali la Ragioneria generale dello Stato sta tirando le somme per vedere chi ha avuto più del dovuto, e deve quindi restituire le risorse eccedenti, e chi invece è a credito e riceverà ulteriori rimborsi. Per calcolare il “costo del Covid” per ogni Comune le principali voci prese in considerazione nelle certificazioni inviate da ogni ente al Ministero dell’Economia riguardano l'acquisto dei dispositivi per assicurare il distanziamento sociale, la sanificazione degli ambienti e le spese legate alle corse aggiuntive nel servizio di trasporto urbano ed extra-urbano per garantire la riapertura delle scuole. Per le mancate entrate, si è tenuto conto dei minori introiti derivanti dalle restrizioni anti-pandemiche di tributi come l'Imu, l'imposta di soggiorno o la tassa per l'occupazione del suolo pubblico.

Oltre a Venezia, il podio della maggiore spesa procapite è composto da Milano dove la pandemia è costata 486 euro a cittadino e Firenze (246 euro), quello della minore dopo Taranto a Napoli (71) e Prato (80). In termini assoluti, la città in cui il conto del Covid è stato più salato è Milano (oltre 650 milioni), seguita da Roma (quasi 370 milioni) e Venezia (177 milioni). Importanti anche le mancate entrate e le spese registrate da Torino (145 milioni) e Palermo (143 milioni). Secondo i dati comunque quasi tutti i Comuni hanno avuto fondi compensativi per evitare la paralisi delle funzioni fondamentali, congrui rispetto alle effettive necessità.

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