venerdì 17 novembre 2023
La premier dopo il "no" della segretaria ad Atreju: "Bertinotti venne...". La replica: "Confrontati in aula sul salario minimo". La gara a distinguersi delle due capipartito
Schlein e Meloni

Schlein e Meloni - Ansa

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Quel "no" di Elly Schlein all'invito ad Atreju, storica manifestazione di Fdi, Giorgia Meloni non lo ha preso bene. E non fa niente per nasconderlo. E derogando alla regola che spesso raccomanda ai giornalisti, quella di non parlare di faccende italiane all'estero, la premier da Zagabria punge la segretaria del Pd: "Un tempo Fausto Bertinotti non aveva timore a presentarsi e a dialogare, con l'orgoglio della diversità delle posizioni - è l'affondo della premier -. Prendo atto che le cose sono cambiate. Io mi sono sempre presentata quando sono stata invitata. Sarebbe la prima volta, una delle pochissime volte che qualcuno dice di no, ma non mi sento di giudicare, la manifestazione si svolge lo stesso, supereremo...".

Il riferimento a Bertinotti non è puramente storico. È un messaggio in bottiglia. Anche un leader di sinistra radicale ha accettato il faccia a faccia, spiega nemmeno troppo tra le righe Meloni. Insomma, Schlein prenda esempio.

La segretaria dem si ritrova dunque nella posizione scomoda di dover giustificare la sua scelta. E lo fa con oggettiva fatica: “Dopo mesi di rinvii - detta alle agenzie di stampa - Giorgia Meloni vuole sfilare definitivamente al Parlamento la discussione sul salario minimo, voltando le spalle a 3.5 milioni di lavoratori e lavoratrici. È lì che vi aspettiamo per confrontarci e votarlo, se ne avete il coraggio”.

È l'ennesima circostanza in cui la prima donna presidente del Consiglio e la prima donna a capo del Pd giocano a chiamarsi e poi ignorarsi. Pochi giorni fa, raccogliendo l'appello della regista Paola Cortellesi a lavorare insieme, Meloni e Schlein, contro la violenza sulla donne, la segretaria dem era stata la prima a tendere la mano: "Io ci sto. Da qualche tempo rivolgo un appello alla presidente Meloni affinché almeno sul contrasto alla violenza di genere possiamo mettere da parte l’aspra dialettica tra maggioranza e opposizione e far fare passi avanti al Paese, non solo sulla repressione ma anche sulla prevenzione”. Difficile non notare però come Giorgia Meloni, nell'afferrare la richiesta di Cortellesi, nemmeno citi la segretaria dem. La premier loda il recente film di successo della regista e la invita a Palazzo Chigi, poi puntualizza: "La politica del governo e la mia posizione personale sul contrasto alla violenza sulle donne sono sempre state tese alla ricerca della massima collaborazione. Lo abbiamo dimostrato con il Ddl del ministro Roccella, sul quale abbiamo cercato le più ampie convergenze, ottenendo dopo alcune interlocuzioni e aperture l'unanimità del voto parlamentare". Tocca alla stessa Cortellesi prendere saggiamente il buono da questa situazione, l'impegno verbale indirizzato verso lo stesso fine. Ma alla regista piu acclamata nel momento non riesce l'impresa di strappare una foto delle due leader insieme che potrebbe essere paragonata a quella di Totti e Spalletti che si sono riappacificati al Bambin Gesù dopo 6 anni al veleno.

Insomma, quando Meloni chiama, Schlein la ignora. Quando ci prova Schlein, la premier schiva. Mancanza di solidarietà femminile? Paura di legittimarsi a vicenda? Davvero la politica è cambiata al punto tale che ostentare le rivalità fa parte della tattica per rosicare consenso? O il timore che un'opinione pubblica sempre sospettosa e attraversata dai complottismi gridi all'"inciucio"?

In attesa di risposte a queste domande, ieri a Bologna degli studenti hanno bruciato le foto della premier e della segretaria dem: un corteo "arrabbiato" (e che ha ricevuto giuste condanne trasversali) le accomuna nelle "colpe" rispetto alla condizione delle giovani generazioni. La gara a distinguersi può divertire gli addetti ai lavori e i rispettivi "tifosi", ma non è detto che funzioni sempre e che serva davvero.

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