sabato 14 novembre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Non erano lupi solitari, e neanche cellule di cani sciolti. A mano a mano che le investigazioni ci daranno di più, si potrà tracciare un profilo più preciso dei terroristi di Parigi. Ma i lupi solitari non vanno trascurati. Non solo perché possono colpire nel mucchio, senza che vi sia modo di prevedere quando e come entreranno in azione. Ma perché la propaganda jihadista è ora in grado di sedurre gli aspiranti mujaheddin di casa nostra, inserendoli in gruppi più strutturati.Il web come luogo di incontro e di radicalizzazione di un terrorismo islamico che si sta facendo sempre più "molecolare", cioè composto da cellule chiuse e autonome, ma in grado di entrare in azione simultaneamente, come è accaduto ieri nella capitale francese. Alcuni mesi fa preconizzava questo scenario Roberto Di Legami, primo dirigente del Servizio di polizia postale che in un sagggio per la rivista della Polizia di Stato spiegava come “il mondo virtuale ha semplificato questa rivoluzione, permettendo agli jihadisti di divulgare oltre i confini del Medio Oriente il proprio credo". Non solo "la Rete è fonte illimitata di informazioni e di istruzioni utili per la costruzione e l'utilizzo di armi e ordigni anche non convenzionali", ma nelle strategie dei gruppi riconducibili al fondamentalismo islamico c'è ormai "la piena consapevolezza" che per assicurare la divulgazione delle proprie ideologie e il reclutamento dei militanti occorre "una costante presenza attiva nello spazio cibernetico".Un salto di qualità comunicativa messo in atto soprattutto dall'Is, che proprio per questo si avvale di propri siti web per la divulgazione di video riguardanti operazioni jihadiste oppure contenenti dichiarazioni politiche e "fatwa" (sentenze, pareri, o indicazioni) religiose. Completa il quadro "la messa on line di pubblicazioni periodiche, di interviste e di messaggi da parte di scrittori vicini al mondo jihadista sull'utilizzo dei moderni strumenti di comunicazione elettronica ai fini del jihad: interventi che diventano ben presto oggetto di discussione nei forum, nei blog, sui social network e su altri canali di comunicazione". È questa la linfa della jihad 3.0. Già con la strage del settimanale Charlie Hebdo si era avuta conferma di questo doppio livello di partecipazione eversiva. Il radicalismo ha fornito un pretesto alle frustrazioni dei fratelli Kouachi, la tecnologia ne ha alimentato l’odio antioccidentale e fornito gli strumenti per organizzare gli attacchi.I membri dei commando protagonisti degli attacchi multipli potrebbero essere foreign fighters, che solo in Francia sono più di mille. E’ l’ipotesi che avanza “Rivista Italiana Difesa”, in uno studio su quanto avvenuto la scorsa notte a Parigi. Per gli autori che i terroristi fossero combatenti di ritorno non è una novità: "È del resto accaduto per gli attacchi contro Charlie Hebdo. Potrebbero essere persone che hanno combattuto in Siria o in Iraq, o su uno dei tanti fronti dello Jihad, che hanno fatto rientro poi in Europa. Cittadini europei, ma anche non europei islamici residenti in Europa. Solo in Francia potrebbero essere anche più di 1.000 se guardiamo agli ultimi 2-3 anni".Uno scenario del genere sembra al momento meno probabile in Italia, ma nell’intelligence nessuno si sente di escludere che dopo Parigi possa toccare ad altre capitali. Nel nostro Paese sono 45 gli estremisti islamici (tra i quali 2 imam) espulsi quest'anno, mentre 64 persone sono state arrestate nell'ambito del contrasto alla minaccia jihadista. Complessivamente, dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, dal 2002 ad oggi, sono 228 le persone espulse dall'Italia in relazione al terrorismo islamico, 299 gli arresti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: