martedì 18 giugno 2019
Arriva l'"antenna italiana" del coordinamento di 40 ong e movimenti presente in Francia, Germania, Svizzera e Gran Bretagna: «Indignati contro la guerra» e gli ostacoli posti a chi cerca di fuggirne
La presentazione della sezione italiana di UAI

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Il rafforzamento dei controlli alle frontiere di terra e di mare. Il trattamento inumano dei richiedenti asilo sbarcati. Nuove leggi e regolamenti per ostacolare le ong nel salvataggio. Una narrazione ansiogena su "invasioni" e "crisi migratorie" inesistenti. Sono i principali filoni della criminalizzazione dell'asilo, secondo l'analisi di United Against Inhumanity (UAI) , uniti contro la disumanità, rete di organizzazioni non governative e associazioni impegnate nella difesa dei diritti e dell'ambiente che esordisce anche in Italia, dopo aver messo radici in Gran Bretagna, Francia, Germania e Svizzera.

A presentare alla sala stampa estera la rete di organizzazioni italiane, ben decise a opporsi a chi demonizza l'impegno umanitario e usa «buonista» come il peggiore degli insulti, è Antonio Donini, co-fondatore di UAI: «Vogliamo essere un movimento globale di individui e gruppi, indignati contro le atrocità delle guerra: non resteremo a guardare, di fronte alle sofferenze dei civili così come alle politiche che impediscono a bambini, donne e uomini di fuggire dai conflitti armati». In Italia i sequestri delle navi umanitarie in Italia, in Francia come in Grecia i procedimenti penali contro singoli che hanno soccorso profughi: il vento della criminalizzazione del bene - dicono i promotori - soffia in molti paesi europei.

Missione di UAI - recita il manifesto fondativo - è quindi incoraggiare la società civile a denunciare le parti belligeranti, i loro sponsor, i governi e le organizzazioni internazionali attraverso azioni congiunte a livello locale, regionale e internazionale. Obiettivo della rete è «produrre conoscenza, con documenti credibili e verificati in modo indipendente sui danni inflitti ai civili» e istituire un «Osservatorio umanitario indipendente per sviluppare un indice di inumanità» per stimolare il rispetto delle norme del diritto internazionale e il rispetto dei valori umani universali.

Kostas Moschochoritis, segretario generale di Intersos, esprime «preoccupazione per le sistematiche violazioni del diritto umanitario, che restano quasi sempre impunite, ma spesso distruggono vite umane». Stefano Poli, vicedirettore dell'Ansa, plaude all'iniziativa «perché ci ricorda valori di noi cittadini europei che ci stanno scivolando dalle mani» nella «crisi profonda del multilateralismo delle grandi organizzazioni sovranazionali, sempre più incapaci di incidere e di spingere gli stati ad agire». Poli constata che «Ungheria e Polonia se facessero domanda oggi di aderire all'Unione Europea avrebbero difficoltà ad essere ammesse, per il tasso di rispetto della democrazia, delle libertà, dell'indipendenza della magistratura». Francesco Martone, portavoce di "Rete In Difesa Di", sottolinea come «molti richiedenti asilo spesso fuggono dai loro Paesi perché attivisti dei diritti umani perseguitati dai governi locali, ma arrivano in Italia e vengono nuovamente criminalizzati, diffamandoli come potenziali delinquenti o terroristi».

Nino Sergi, fondatore di InterSos e attivista di Link 2007, giudica con amarezza il momento politico e culturale: «Siamo ad un passaggio nel deserto, e sarà fondamentale attraversarlo non da soli, ma in rete; individuando la giusta direzione, cioé i valori fondanti e irrinunciabili; nutrendoci adeguatamente di corretta informazione. Spero di sbagliarmi, ma temo che il cammino non sarà né breve né semplice». Di corretta informazione e di lavoro in comune parla anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio: «Sì, bisogna ricostruire reti, per dire che non è vero che si sta bene da soli. Perché l'individualismo delle persone ha generato, attraverso l'individualismo dei gruppi, il sovranismo: ma nessun popolo può salvarsi da solo». Tarquinio sottolinea come in una società che alza muri l'unico muro che non doveva crollare, ma è caduto è il muro della vergogna: perché non ci si vergogna più di dire cose indicibili fino a un po' di tempo fa. Oggi chi dice che i poveri danno fastidio e puzzano, miete successi elettorali».



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