mercoledì 17 marzo 2021
Parla Bartolomé Vargas, il magistrato a capo della Procura specializzata in sicurezza stradale che segue il caso delle 7 studentesse italiane Erasmus, vittime della strage del pullman del 2016
Bartolomé Vargas, magistrato a capo della Procura specializzata in sicurezza stradale: sullo sfondo la foto delle ragazze morte sull’autobus

Bartolomé Vargas, magistrato a capo della Procura specializzata in sicurezza stradale: sullo sfondo la foto delle ragazze morte sull’autobus - .

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«Dall’inizio abbiamo fatto tutto il possibile perché le famiglie delle vittime avessero giustizia. Ricordo i nomi uno a uno, Elisa, Elena, Valentina, Francesca... E non dimentico il dolore composto dei genitori, la ferma richiesta perché siano chiarite le cause dell’incidente e tragedie come quella di Freginals non accadano più». Su una parete del suo ufficio, nel quartiere madrileño di Salamanca, Bartolomé Vargas, magistrato a capo della Procura specializzata in sicurezza stradale, ha una foto delle 7 studentesse italiane Erasmus, vittime della strage del pullman in cui nel 2016 persero la vita 13 ragazze che rientravano a Barcellona, dopo una gita a Valencia per assistere alle feste de Las Fallas. La foto è memento dell’incontro avuto da Vargas con i genitori straziati. Sulla scrivania, i faldoni dell’inchiesta, con la richiesta di rinvio a giudizio per l’autista, Santiago Rodríguez Jiménez, 63 anni, firmata dal pm delegato, Anna Fonts, il 10 dicembre 2020. Il 20 marzo si compiono 5 anni dalla strage, ma il processo ancora non c’è.

Procuratore Vargas, perché?
Il Tribunale di istruzione di Amposta ha archiviato tre volte la causa, che è stato poi possibile riaprire grazie ai ricorsi del pub- blico ministero e di parte civile accolti dalla Corte d’Appello di Tarragona. È stata un’istruzione complessa, con molte vittime e feriti coinvolti, e che ha richiesto perizie e verifiche tecniche per stabilire le cause. Infine, lo stato di emergenza, decretato per la pandemia di coronavirus, ha provocato un’interruzione delle scadenze processuali. Ma ora siamo in dirittura d’arrivo.

Qual è l’accusa che sostiene la Procura?
Omicidio colposo per imprudenza grave, poiché l’autista era in stato di stanchezza. Non aveva riposato abbastanza nel viaggio di andata e ritorno da Valencia in 24 ore, cominciato alle 4 del mattino. La sonnolenza è iniziata oltre un’ora e mezza prima dell’incidente, avvenuto alle 5.51. In questo tempo, l’autobus ha sbandato, con sterzate e manovre a zigzag, finendo ripetutamente fuori corsia. Le brusche accelerate e frenate provano i colpi di sonno del conducente. Avrebbe dovuto fermarsi e riposare ma continuò. Le testimonianze degli studenti sopravvissuti sono decisive. Ma anche l’analisi tecnica iniziale dei Mossos d’Esquadra (la polizia catalana, ndr) era stata rapida e completa, escludendo guasti strutturali.

Eppure l’autista non è mai entrato in carcere. Ora che rischia?
Chiediamo sia ritenuto responsabile di 13 reati di omicidio colposo per imprudenza grave, e 24 reati di lesioni. L’imprudenza prevede da 1 a 4 anni di detenzione, ma in regime di concorso ideale e, dunque, non cumulabile. Per cui, la pena richiesta è di 4 anni di reclusione, 6 anni di privazione della guida di veicoli, la perdita della patente e 2 anni di interdizione dalla professione.

Parecchio mite, non le pare? È il massimo previsto, in assenza del dolo, a quella data. È lo stesso anche per le sciagure aeree, con vittime o lesioni, o grandi catastrofi, tanto da essere stata poi modificata. Se l’incidente fosse avvenuto oggi, avremmo potuto chiedere 9 anni di reclusione, l’aumento stabilito dalla riforma dell’articolo 142 bis del Codice Penale nel febbraio 2019. Chiediamo inoltre che l’imputato e la compagna di assicurazioni Ges siano riconosciuti responsabili civili diretti e la società proprietaria del pullman Alejando Tours responsabile civile sussidiario. Dovranno risarcire i genitori, ci battiamo perché ricevano presto gli indennizzi.

Quando si prevede l’inizio del processo?
Nelle circostanze attuali è difficile dirlo. Faremo tutto quanto è nelle nostre mani perché sia a marzo dell’anno prossimo. Ma non dipende dalla Procura, bensì dal Tribunale penale di Amposta, che deve stabilire la data. È un rito complesso, con ampie prove e parti lese, e bisognerà citare i testimoni in commissione rogatoria. Anche noi lo vogliamo quanto prima. Personalmente, mi addolora l’attesa delle famiglie, che aumenta la loro sofferenza e le espone a una vittimizzazione secondaria.

Per evitarla basterebbe un giudizio, la sola riparazione possibile. Mesi per i risultati della perizia sui freni del bus, richiesta dalla difesa dell’autista, peraltro inconcludenti. Lunghe attese per le verifiche all’ispettorato del lavoro, normalmente immediate. E tre archiviazioni si direbbero ostruzione alla giustizia...
La lentezza è indubitabile, ma se avessimo avuto il minimo sospetto di favoreggiamento nei confronti del-l’autista, avremmo chiesto un’inchiesta. I ritardi del Tribunale di Amposta sono dovuti al sovraccarico di procedimenti, ai mezzi scarsi rispetto alle tante funzioni penali, sempre più specializzate per l’amento della complessità sociale, che gli uffici devono assumere. Sono problemi della giustizia spagnola come di quella italiana, aggravati dalla pandemia. Il governo ha previsto un aumento delle risorse e un progetto di riforma perché le inchieste siano portate avanti da un pm, come avviene in Italia, e non da un giudice istruttore, che interverrebbe solo in funzione di Gip, per evitare il collo di bottiglia.

L’inchiesta doveva correggere le criticità che hanno provocato la tragedia, individuando responsabilità dell’impresa di trasporto, dell’agenzia che organizzò la gita, etc. per prevenire incidenti analoghi e per la sicurezza degli studenti Erasmus che studiano in Spagna. Cosa ha conseguito su questo fronte?
Saranno aspetti segnalati nel processo, che coinvolgerà tutti i soggetti, perché dopo l’accertamento delle responsabilità si possano adottare le misure per la prevenzione e la sicurezza. La Procura generale ha intensificato la cooperazione con la Procura italiana in tutti gli ambiti, e il giudizio servirà a rafforzare al massimo la collaborazione. Siamo in contatto permanente con l’ufficiale di collegamento e l’ambasciata italiana che assiste le famiglie. Ci batteremo perché fra un anno si arrivi al dibattimento e possano avere finalmente giustizia e riparazione.

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