lunedì 22 dicembre 2008
«Prima il federalismo, poi vedremo». Il ministro delle Riforme boccia il premier, che nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno aveva auspicato una svolta presidenzialista entro la fine della legislatura.
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Nel dibattito politico sulle riforme irrompe il presidenzialismo. A auspicare una riforma in senso presidenzialista, da farsi entro la fine della legislatura, è stato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno. Ma la riforma viene subito bocciata da Bossi: «È un'idea che ha sempre avuto Berlusconi. Noi non abbiamo mai pensato al presidenzialismo. Ora pensiamo al federalismo, poi vediamo...».La conferenza stampa. Il sistema Italia, nonostante la crisi economica internazionale è solido. E gli interventi che il governo ha predisposto e predisporrà tamponeranno le emergenze sociali ed economiche più vistose. Ma i cittadini «devono continuare a spendere», perché «in questo momento la durata del periodo una crisi, che non sottovalutiamo, è nelle loro mani». Infonde fiducia il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante la conferenza stampa di fine anno. Disteso, rilassato, ha parlato per quasi due ore di quello che il suo governo ha fatto e intende fare nei prossimi mesi. Al centro di tutto, naturalmente, la pesante crisi economica, per la quale ha voluto far arrivare agli italiani questo messaggio: tranquilli, la crisi è grave, ma ho saldo il timone in mano. Altri grandi capitoli la riforma della giustizia – essenziale la separazione tra pm e magistratura giudicante e il divieto di intercettazioni telefoniche anche per i reati contro la pubblica amministrazione – il rapporto con le opposizioni («Non entro nelle questioni interne del Pd», ma si liberi «dall’alleanza con il campione del giustizialismo che è Di Pietro»), le politica internazionale, con il suo pallino dell’incontro tra il nuovo presidente americano e quello russo. Crisi economica. Economia, dunque, in primo piano. Berlusconi ha detto di aver ereditato una situazione difficile per «l’euro troppo apprezzato», l’enorme debito pubblico, la cronica carenza infrastrutturali e della pubblica amministrazione, il problema energetico. Nonostante questo e nonostante al crisi, ha detto, «abbiamo messo in sicurezza il sistema delle banche», mentre per le categorie più svantaggiate «ci sono i provvedimenti sociali del governo» e la proposta di allargare gli ammortizzatori sociali per la cassa integrazione «anche a categorie che finora ne erano escluse», come i lavoratori delle piccole imprese e i precari. Di più: «Ci sono alcune categorie, come gli statali» che, grazie all’aumento del contratto e al calo delle tariffe e del petrolio «non solo non hanno nulla da temere, ma quest’anno stanno meglio dell’anno scorso». E dunque niente panico, occorre invece battere le voci pessimiste che circolano incontrollate. Il governo intende anche fronteggiare l’emergenza con i fondi recuperati dall’evasione fiscale (che è «troppo alta») e con la riforma della pubblica amministrazione (che «costa troppo e non funziona»).Giustizia. «Se mi sedessi attorno al tavolo con chi mi chiama Hitler o mi paragona a un dittatore sudamericano, sarebbe una farsa». Ma il ministro e i gruppi di maggioranza «hanno carta bianca per trattare con le opposizioni». L’auspicio è «una riforma condivisa», ma certo – fa capire il premier – da alcuni principi non si arretra: accorciamento dei processi civili, separazione netta del ruolo del pm dal corpo della magistratura («deve diventare l’avvocato dell’accusa con eguali diritti e doveri di quello della difesa»), con poteri delle indagini riservati soprattutto alla polizia. Per il futuro politico dell’Italia, infine, vede «una classe dirigente anagraficamente più giovane di me al quale possa lasciare il governo», una repubblica presidenziale e un bipolarismo europeo consolidato, «meglio ancora se bipartitismo».
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