martedì 26 novembre 2019
Hanno un reddito sufficiente a pagare un affitto o anche un mutuo, ma riescono a malapena a pagarsi di che mangiare o a pagare le utenze: costantemente a rischio povertà
Roma, gli «equilibristi della povertà» in aumento
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Una nuova tipologia di poveri si sta diffondendo nella città di Roma. Sono gli “equilibristi della povertà”, persone che hanno un reddito sufficiente a pagare un affitto o anche un mutuo, ma che riescono a malapena a pagarsi di che mangiare o a pagare le utenze.
Una situazione vulnerabile che li fa camminare costantemente sull’orlo del precipizio della povertà vera e propria, in cui cadono di fronte a imprevisti anche minimi.
È la novità descritta nel rapporto “La povertà a Roma: un punto di vista. Anno 2019”, elaborato dalla Caritas diocesana della Capitale. "Sono persone - si legge nell'introduzione del direttore della Caritas, don Benoni Ambarus - che vivono sul piano inclinato del disagio senza mai riuscire a mettersi al sicuro in maniera definitiva. Sono persone che facilmente ricorrono al sostegno di finanziarie impassibili, entrano nel gorgo del sovraindebitamento, ricorrono a prestiti usurai con la speranza di riuscire a trovare una soluzione momentanea e rassegnandosi a vivere alla giornata". "Con tutte le conseguenze del caso in termini di equilibrio psicologico individuale, di autopercezione della deprivazione, di pudore e nascondimento di uno stato di povertà cui non si è assuefatti e cui non ci si vuole assuefare", aggiunge Elisa Manna, responsabile del Centro Studi della Caritas diocesana.

ECCO CHI VIVE A RISCHIO POVERTÀ
Già, ma chi sono i poveri a Roma? E chi a rischio povertà? In primo luogo gli anziani. A Roma l'indice di vecchiaia, che misura il numero di anziani presenti in una popolazione ogni 100 giovani, è passato dal 163,8% del 2016 al 166,2% del 2017 e al 170,2% dello scorso anno. Anziani sempre più dipendenti. A Roma nel 2018 l'indice è del 34,7%, cioè ci sono circa 35 persone in età non attiva ogni 100 in età lavorativa con una tendenza in crescita: un dato nettamente superiore a quello dei Paesi Ue-28 che arriva al 30,5%.

L'altro indice di rischio povertà è quello economico. La quota delle persone con redditi fino a 35mila euro è pari all’80% dell’intera popolazione, così suddivisa: 40,1% da 0 a 15mila euro e un altro 40,1% tra 15mila e 35mila. Una situazione che si aggrava se prendiamo in considerazione le famiglie. A Roma quelle con figli minori e con redditi fino a 25mila euro rappresentano il 9,2% del totale. Per capire come vivano queste famiglie basti pensare che nel caso del valore massimo (25mila euro) una famiglia tipo monoreddito, con 2 adulti (di età compresa tra i 18-59 anni) e 2 bambini (di età tra i 4-10 anni), ha una disponibilità stimata netta di circa 21mila euro l’anno, cioè di circa 1.700 euro al mese per 4 persone (che nel caso di abitazione in locazione diventano effettivamente meno di mille euro).

FAMIGLIE A RISCHIO POVERTÀ

Basti pensare che l’Istat stima la soglia di povertà (per il caso tipo in esame) sotto i 1.541,25 euro mensili. Basta niente e si cade nel baratro. Ma a Roma cresce soprattutto la "solitudine della sfera privata, per molti non più luogo del ritrovo tra persone care ma tutt’al più di ritrovo con l’animale domestico". A fronte di un numero totale di famiglie pari a 1.360.158 quelle formate da una sola persona arrivano a 602.695, con un'incidenza media del 44,3%. Era il 43,8% nel 2018. E questo, si legge nel rapporto, ha "risvolti nelle dinamiche socio-economiche che producono significative conseguenze nella gestione delle relazioni personali e dell’affermazione del sé individuale a discapito del sé sociale".



POVERTÀ E DISPERSIONE SCOLASTICA
Ma ci sono altri preoccupanti indici di rischio. A Roma il tasso di dispersione scolastica negli ultimi 4 anni ha registrato un aumento del +19,6%, passando da -575 studenti nel 2015/2016 a -715 nel 2018/2019. Ben 2.442 bambini e ragazzi hanno abbandonato la scuola. C'è poi il dramma della casa. Il numero dei nuclei familiari aventi diritto ed in lista di attesa per un alloggio popolare, è di circa 13mila Nel 2018 sono state emesse 6.113 sentenze di sfratto (di cui l’92% per morosità), e ne sono stati eseguiti 2.150 con l’intervento dell’Autorità pubblica. "Il dato della morosità - denuncia la Caritas - è persistente e persino in aumento sugli anni precedenti, ed è una segnalazione chiara che le difficoltà a pagare un affitto, permangono ed anzi aumentano".

IL DISAGIO DELL'AFFITTO
L’area del disagio all’affitto è estesa a oltre 30mila nuclei familiari. Ma la risposta dell'Amministrazione Capitolina rimane solo quella dei residence dove vivono "oltre 1.200 nuclei familiari, con costi elevatissimi per il bilancio pubblico". In mancanza di vere risposte c'è poco da stupirsi se "nelle occupazioni di immobili pubblici e non (non destinati ad abitazione: ex uffici, ex scuole e depositi abbandonati o altro), vi sono ancora oggi circa 5.500 persone".
Il Comune di Roma Capitale, depositario del sistema delle assegnazioni delle case popolari, delle circa 650-700 case che all’anno ritornano nella disponibilità pubblica (per decessi, per spostamenti, ecc.) ne riesce ad assegnare circa 300. "Non si capisce che fine fanno le altre", denuncia la Caritas sottolineando come "la casa pubblica a Roma è dunque un indicatore di un contesto di welfare che non funziona e che crea disuguaglianza".

I NUMERI DELLA POVERTÀ A ROMA
Le persone che si sono rivolte ai servizi della Caritas nel 2018 sono state 19.969, in particolare alla Caritas diocesana 13.780 e ai Centri Caritas parrocchiali 6.189. Nel 2017 erano state 15.046 i diocesani e 6.103 i parrocchiali.
"La lieve diminuzione registrata dagli utenti dei Centri Caritas diocesani - spiega il rapporto - conferma il fatto che la povertà, contrariamente a quanto ritenuto comunemente, prevalentemente non è una condizione necessariamente perpetua ma, al contrario, è caratterizzata da un carattere oscillante che fa sì che la persona vulnerabile ed esposta ad essa si ritrovi a vivere costantemente su una frontiera che separa i poveri dai non poveri, gli ultimi dai penultimi". La conferma, anche in questi dati, dei poveri “equilibristi”.

CHI SONO I POVERI
Per quanto riguarda lo status degli utenti, troviamo nei centri diocesani che gli uomini sono il 71,7%, mentre nei parrocchiali prevalgono le donne con il 68,7%. I primi accolgono utenti più giovani (il 28,9 % non arriva a 30 anni), nei secondi prevalgono le classi d’età più elevate: il 46,6% appartiene alla fascia d’età 46-65 e gli ultra65enni sono il 15,5%.

Aumenta nei centri diocesani l’incidenza dei cittadini extraUe e degli italiani, mentre diminuiscono i comunitari. E così anche nei centri parrocchiali. L’extraUe che chiede aiuto fugge soprattutto dalla violenza o dalla guerra; è in Italia per asilo politico nel 38% dei casi, per motivi umanitari (21%) e per esigenze di protezione sociale (14%). L’81% si dichiara in regola, il rimanente 19% irregolari.

SI RIVOLGONO ALLA CARITAS ANCHE MINORENNI
Tra gli utenti della Caritas diocesana c’è un 6% di minori. "Si tratta di giovanissimi stranieri per i quali si prefigura un destino di ereditarietà della condizione di deprivazione che, molto probabilmente, ne limiterà in futuro le opportunità". Presente un basso livello d’istruzione con non pochi analfabeti (13,6% tra gli utenti dei centri Caritas diocesani, 3% nei parrocchiali).
Ma molti hanno un diploma di scuola media superiore (27,5 tra i diocesani, 33,6 % per i parrocchiali) e non mancano i laureati. "Ancora una volta emerge il profilo di una fascia di vulnerabili, che non sono veri e propri emarginati: soggetti in condizioni lavorative, anche con un titolo di studio medio-elevato, ma in condizioni costanti di precarietà, perché non contrattualizzati oppure con contratti a tempo o precari, che hanno una dimora, ma non riescono a contare su una piena autonomia economica e si ritrovano a chiedere aiuto soprattutto per i beni alimentari cui dedicano una quota ridotta di reddito che dedicano all’affitto o alle utenze".
Sembra incredibile, ma le persone più istruite che entrano nel circuito Caritas cercano soprattutto prodotti di prima necessità: olio, pasta, pelati, scatolame, zucchero, caffè, omogeneizzati, pannolini. Per quanto riguarda l’occupazione, circa i 3/4 degli utenti dichiara di avere un contratto di lavoro temporaneo. Ma si conferma l’incidenza dei lavori a più basso capitale formativo (operai e assimilati), dei disoccupati, dei precari.

Tutto questo incide prevedibilmente sulla disponibilità economica: i due terzi degli utenti diocesani non possono contare su alcuna fonte di reddito; tra i parrocchiali la situazione è diversa, quasi il 45% gode di sussidi, il 22% è pensionato, il 17,3 ha reddito da lavoro. Una differenza sostanziale dei profili confermata anche per i rapporti personali. Tra gli utenti parrocchiali il 59,1% vive in famiglia e solo il 10,9% da solo. Invece il 52,1% degli utenti diocesani dichiara di vivere da solo, con o senza dimora, e scarse relazioni con familiari e amici. "La povertà - osserva la Caritas - dunque non è solo economica, ma anche educativa e relazionale. È una condizione multidimensionale ed è frutto di una combinazione di fattori personali, sociali e ambientali".

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