Solo la pioggia di lunedì mattina ha spento il gravissimo incendio, sicuramente doloso, nel cuore del Parco nazionale dell’Aspromonte, non lontano dal santuario della Madonna della Montagna di Polsi, nel territorio del Comune di San Luca. Scoppiato nel pomeriggio di sabato ha percorso e distrutto circa 300 ettari di stupendo bosco malgrado l’intervento di ben due Canadair e un elicottero. Incenerite anche alcune querce plurisecolari, veri monumenti naturali, ma si è salvata “Demetra”, la più vecchia quercia del mondo, coi suoi 940 anni, una rovere battezzata col nome della dea greca della natura e dell’agricoltura, e studiata da varie università.
Le fiamme hanno devastato in particolare la Valle di Polsi e la cosiddetta “Piana dei riggitani” che si trovano lungo il cammino che percorrono i pellegrini che salgono dal Tirreno. Un evento non casuale. In questi giorni si svolgono i festeggiamenti per la Madonna della Montagna, che portano al Santuario di Polsi migliaia di persone, sia dal versante tirrenico che da quello jonico. Una lunga “carovana” che le fiamme hanno bloccato per due giorni.
«È stato un incendio molto serio. Ora bisognerà capire bene i danni che comunque sono molto gravi», ci dice Giuseppe Bombino, ex presidente del Parco e docente di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. E fa due riflessioni molto forti.
«C’è il fallimento di un approccio troppo scenografico che punta solo sui droni che posso scoprire l’incendiario di un canneto ma non gli incendi dei boschi che sono un’altra cosa. Il drone nulla può fare sotto il manto forestale, non può vedere. Si dimostra di non conoscere la montagna e neanche gli incendi come fenomeno sociologico. Per questo era importante il progetto che avevamo realizzato col coinvolgimento della popolazione che possa far sentire partecipi anche le persone che frequentano e vivono la montagna come i pastori. Si creerebbe così una struttura immateriale fatta di occhi e intelligenze che aiuta a fare prevenzione. Un sistema che è stato adottato dagli altri parchi calabrese, Sila e Pollino, ma abbandonato in Aspromonte. Lo ripeto, i pastori possono essere carnefici o custodi del territorio. Se li coinvolgi in un progetto, trasformi il carnefice in alleato».
Ma dietro questo incendio, denuncia il professore, «si mescolano delusioni, aspettative, istanze non ascoltate. E provvedimenti che hanno allontanato da Polsi. C’è gente che è arrivata ed è dovuta tornare indietro». Il riferimento è al blocco della auto a tre chilometri dal santuario, deciso dalle forze dell’ordine. Così, aggiunge Bombino, “come è accaduto altre volte qualcuno si è voluto vendicare, oppure adotta una causa non sua e la cavalca». Il riferimento è alla ‘ndrangheta che, allontanata dal Santuario grazie all’impegno della Diocesi, potrebbe provare a riaccreditarsi. Una preoccupazione che ha anche il vescovo, don Franco Oliva. «Non mi piace come sta andando questo anno. I blocchi stradali impediscono alle persone di arrivare al santuario. Invece bisogna garantire l’accesso ai fedeli. C’è un malcontento generale: l’area mercatale è stata messa sotto sequestro, l’unico punto di ristoro è stato fatto chiudere. E poi se la prendono con noi».
Ricorda il forte cambiamento degli ultimi anni. «La Madonna è la donna di speranza che invita alla conversione quanti nel corso della loro vita hanno fatto scelte sbagliate o hanno preferito il malaffare alla vita onesta e laboriosa. Qui a molti ha fatto ritrovare la gioia di vivere la riconciliazione con i fratelli. Questo santuario è stato fonte di speranza per tanti, che hanno scoperto che una vita diversa è possibile, che il male, l’illegalità e il malaffare possono essere sconfitti, che dal tunnel della violenza si può uscire».
Ma questo speranza, denuncia Oliva, «oggi è messa duramente alla prova quando l’accesso al Santuario è reso difficile, se non impossibile, a causa delle difficoltà del cammino, dei blocchi stradali, della mancanza di servizi di ristoro essenziali. Chi viene in pellegrinaggio a Polsi sa di dirigersi in un luogo di preghiera accogliente, gradevole e riposante. Non pensa di trovarsi in un deserto, dove non è possibile avere neppure una bottiglietta d’acqua, per ristorarsi o un panino per il proprio figlioletto. Senza la tutela dei pellegrini non c’è speranza per questo Santuario». Il vescovo ha chiesto invece alle istituzioni di supportare i pellegrini. «Non c’è legge che tenga di fronte ai bisogni primari essenziali. La legge è fatta per l’uomo non l’uomo per la legge. Su questo invito a riflettere seriamente». Anche per evitare altri gesti violenti come il gravissimo incendio.