sabato 30 luglio 2022
Secondo l’ex ministro, Pd e centristi uniti dovrebbero far emergere il punto debole degli avversari
Giorgio La Malfa, ex ministro

Giorgio La Malfa, ex ministro - Imagoeconomica

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«Ci vogliono 200 candidati di grande qualità e combattivi nei collegi uninominali soprattutto sui temi della politica estera: così si metterà in difficoltà la destra». Giorgio La Malfa, dopo la proposta di un patto sulla politica estera tra il Pd e il centro, torna sul tema per spiegarne i dettagli.

La proposta di una coalizione Pd e centristi sulla politica estera non rischia che si costituisca un fronte puramente atlantista?

No. Il tema fondamentale di politica estera della coalizione di centrosinistra che si può formare è l’Europa. L’Italia deve esprimere un governo che possa collaborare pienamente agli ulteriori passi dell’unione politica e le forze che condividono pienamente questo obiettivo sono collocate sul versante di centro e di sinistra. La destra è contraria: Meloni sta con Orbán, Salvini con gli euroscettici di Le Pen e dell’Afd tedesca. Berlusconi coi suoi distinguo su Putin non ha più titolo a parlare. Naturalmente l’Europa dialoga con gli Usa. E con i democratici americani è ben possibile.

Con quale posizione sul conflitto ucraino?

La Russia ha invaso un paese indipendente tentandone l’annessione. Difendere l’indipendenza del- l’Ucraina è un dovere, e una protezione contro il rischio, domani, di altre che ci precipiterebbero nella Terza guerra mondiale. Aiutare un Paese non vuol dire essere militaristi. Solo se l’Ucraina resta in piedi, il negoziato si aprirà.

Perché con il 'patto' che lei propone il centrodestra dovrebbe accusare il colpo?

Noto un paradosso. Il centrosinistra ha posizioni comuni su molti nodi, ma si preparava a correre diviso. Fdi, Lega e Fi che sono stati divisi in tutta la legislatura puntano a fare man bassa di seggi grazie alla legge elettorale. Ma è un inganno per gli italiani, foriero di guai per il Paese se questa confusione vincesse. A mio parere, però, su tutto si può trovare un accordo posticcio, tranne che sulla politica estera. E lì bisogna battere. Le rivelazioni sui contatti della destra con la Russia e sui migranti dalla Libia stanno avendo un effetto deflagrante. Lì c’è il punctum dolens. Va fatto emergere.

Eppure Giorgia Meloni ama presentarsi come filo atlantica.

Meloni fa dichiarazione iperatlantiche per cercare di coprire le vergogne dei suoi alleati sulla Russia, e per far dimenticare che in Europa lei sta con l’ultradestra di Vox e con Orbán. Ma quanto può durare se si mette la politica estera al centro?

Lei chiede al 'patto' di scegliere personalità con grande sensibilità ai temi dell’Europa e della politica estera. Perché?

Se il centrosinistra candida nei collegi uninominali personalità che pongano con forza i temi dell’Europa, della solidarietà atlantica, della pace, l’altro polo entrerà in enormi difficoltà. Che farà? Farà parlare gli euroscettici alla Bagnai e Borghi o li nasconderà? Farà tacere Berlusconi e parlare Tajani? Si capirà chi ha la coda di paglia.

Nomi per questo centrosinistra?

Non voglio fare nomi, ma i leader dell’area sono autorevoli e così molti esponenti del governo Draghi. Si può fare appello, poi, a personalità della società civile. Metterei i più bei nomi nei collegi uninominali di frontiera.

Non sarebbe meglio guardare all’economia e al sociale, come dicono in molti, e ipotizzare un rapporto magari solo 'tecnico' con i Cinque Stelle?

Presentare candidati comuni dicendo che è un accordo tecnico allontana gli elettori. Se si presentano candidati comuni, bisogna sostenerli a pieno titolo. A mio parere sulla politica estera le distanze nel centrosinistra sono limitate. Sugli altri temi i partiti avranno i propri programmi con cui cercheranno di raccogliere il loro elettorato vecchio e nuovo.

Lei è ottimista, non c’è il rischio che l’elettorato senta il richiamo della foresta populista?

Vede, cinque anni fa gli elettori italiani erano largamente euroscettici perché avevano percepito una grande ostilità dell’Europa e con Trump non percepivano più il valore della comunità atlantica. Magari qualcuno pensava che Cina e Russia fossero mosse da altruismo. La pandemia e la guerra hanno cambiato tutto. Con il Pnrr, gli italiani hanno sentito la solidarietà dell’Europa. Hanno anche percepito che il gas russo è un’arma di ricatto. A destra ci si illude che ci sia ancora quell’onda, che secondo me nella coscienza degli italiani è già finita. Per questo va fatta una campagna elettorale a viso aperto sul tema della collocazione dell’Italia nel mondo. Se lo si farà, sono ottimista sull’esito.

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