venerdì 18 agosto 2023
La città stava per essere ceduta dagli Alleati, vincitori della guerra, alla Jugoslavia. L'attentato, sulla spiaggia, fu pensato per fare emigrare la comunità italiana, terrorizzandola
Strage di Vergarolla. Il vigile del fuoco Mario Angelini, mentre corre sulla spiaggia portando in braccio una bimba decapitata dall’esplosione, il 18 agosto 1947

Strage di Vergarolla. Il vigile del fuoco Mario Angelini, mentre corre sulla spiaggia portando in braccio una bimba decapitata dall’esplosione, il 18 agosto 1947 - Archivio

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Un piccolo passo per l’uomo, ma un passo lungo 77 anni per la Storia: è un fatto epocale quello che avverrà la mattina del 18 agosto a Pola, il capoluogo istriano fino al 1947 italiano (poi ceduto alla Jugoslavia di Tito e oggi in Croazia), dove per la prima volta l’amministrazione croata della città e le due comunità di italiani – gli esuli nel mondo e i rimasti in Istria – celebreranno congiuntamente la strage di Vergarolla con i suoi oltre cento morti, il primo e più mortale attentato terroristico della Repubblica Italiana.

Il 18 agosto del 1946 a Vergarolla, sulla spiaggia di Pola ancora italiana, 28 ordigni furono fatti esplodere tra le migliaia di bagnanti assembrati per assistere a una importante manifestazione sportiva di stampo patriottico. Data e luogo della strage non furono scelti a caso: il giorno precedente, 17 agosto 1946, a Parigi si chiudeva la sessione plenaria della Conferenza di pace e le grandi potenze vincitrici si accingevano a decidere sui confini adriatici d’Italia, in particolare proprio sulle sorti di Pola, la cui popolazione (al 95% italiana) ancora sperava nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli e quindi di non essere ceduta alle mire del maresciallo comunista Tito.

Ma alle 14.15 di quella domenica d’agosto l’apocalisse irruppe improvvisa durante il riposo tra una gara e l’altra, frantumò le rocce, divampò nella pineta, arrossò il mare del sangue delle vittime, sparse le loro membra a centinaia di metri (i testimoni ancora ricordano le grida dei gabbiani che se le contendevano), mentre da lontano tutta Pola sobbalzava, i vetri in frantumi e un lugubre presagio in quel fungo nero di fumo che si vedeva salire dal mare. Solo a 64 corpi fu possibile dare un nome, per gli altri furono i medici a fare un bilancio mettendo insieme i pezzi e contando le membra. Un terzo erano bambini. Il messaggio era chiaro, agli italiani non restava che l’esodo. E Pola si svuotò dei suoi 34mila abitanti diventando una città fantasma.

“Si era in tempo di pace, la guerra era finita ormai da un anno e mezzo, la Repubblica Italiana era nata da due mesi e mezzo: quella di Vergarolla è dunque la prima e la più sanguinosa strage terroristica nella storia della Repubblica, più di Piazza Fontana e della Stazione di Bologna... Eppure ancora oggi l’Italia finge di non sapere, nessun libro di scuola ne parla, nessun primo ministro viene alla commemorazione che facciamo tutti gli anni a Pola, nessun messaggio dal Quirinale”, dichiara Graziella Cazzaniga, presidente di Aipi-Lcpe, l’associazione che raccoglie migliaia di esuli istriani nel mondo e i loro figli e nipoti.

Eppure quel passo lungo 77 anni questa mattina cambierà la storia: sarà proprio il sindaco croato di Pola (oggi Pula) Filip Zoričić a presiedere le celebrazioni per la strage che cambiò definitivamente il volto della città romana (era l’antica Pietas Iulia), prima partecipando alla Messa in lingua italiana nel Duomo, poi commemorando le vittime insieme al console italiano Davide Bradanini, al presidente dell’Unione Italiana Maurizio Tremul, al presidente della Regione Istriana Boris Miletić, al presidente dell’Associazione dei combattenti antifascisti Boris Siljan, e alla presidente dell’Associazione degli Italiani di Pola e Istria in esilio Graziella Cazzaniga, che commenta commossa: “Ci abbiamo messo decenni, ma ce l’abbiamo fatta. Non solo una tragedia da sempre censurata per questioni di realpolitik viene riconosciuta, ma da oggi la memoria diventa condivisa con la città e crea un documentabile precedente da poter citare in futuro!”.

C’è di più: l’accesso dal mare a Vergarolla, da decenni interdetto in quanto zona militare, questa mattina verrà aperto a un centinaio tra sopravvissuti, familiari delle vittime e giornalisti, mentre dall’imbarcazione i due polesani 93enni Salvatore Palermo e Livio Dorigo lanceranno un’unica corona di fiori con due nastri congiunti recanti una scritta che è promessa di riconciliazione: “La Città e gli Esuli RICORDANO insieme il 1946".

A Pola manifesti in memoria degli oltre 100 morti in spiaggia

A Pola manifesti in memoria degli oltre 100 morti in spiaggia - per gentile concessione di P. Berra

Nessun accenno ai mandanti, si procede con cautela e a piccoli passi, ma che il sangue di Vergarolla sia finalmente storia di Pola tutta, e non solo ricordo clandestino di chi vi perse genitori e fratelli, è già un traguardo impensabile fino a pochissimi anni fa.

Certamente una parte fondamentale l’hanno avuta il giovane sindaco Filip Zoričić, croato di Spalato, e il vicesindaco italiano Bruno Cergnul, che fin dall’inizio del loro mandato hanno costruito un nuovo clima di comprensione e condivisione.

“Io che sono cittadino croato e ho studiato nelle scuole di questo Paese non sapevo assolutamente nulla di quanto avvenne a Vergarolla – ci ha detto a Pola Zoričić – e questo non può essere. Rappresento la città di Pula-Pola con tutte le anime e le etnie che la compongono, e certamente non si possono negare le profonde radici secolari degli italiani in questa regione”.

Accanto a incrostazioni anacronistiche sempre più rare di negazionismi e rancori anti italiani, le nuove generazioni di una Croazia che è Europa sanno affrontare la storia e guardare liberamente a un futuro diverso.

Solo da pochi anni l’eccidio di Vergarolla è materia di studio per gli storici italiani e non solo, che negli archivi di Londra, Belgrado, Zagabria, Roma, Washington indagano su una mole di documentazioni troppo scomode e quindi sepolte. “Da anni chiediamo che la Commissione Parlamentare Stragi si occupi anche della tragedia di Vergarolla come accade per tutte le altre stragi della storia italiana, per far luce su quanto avvenne”, dichiara Tito Sidari, ex presidente di Aipi-Lcpe. “Sono ancora in vita numerosi sopravvissuti con i loro netti ricordi: se non ora, quando?”.

Sono sempre più numerose le opere che trattano l’argomento, le più recenti sono il saggio Geppino Micheletti, vita, opere e riconoscimenti del medico eroe della strage di Vergarolla (Ed. Apice) di Duccio Vanni, professore aggregato di Storia della Medicina dell’università di Firenze (Micheletti, chirurgo dell’ospedale di Pola, continuò a operare le centinaia di feriti nonostante la notizia che tra i morti c’erano i suoi due bambini), e il dettagliato documentario Geppino Micheletti, un eroe istriano a Narni del giornalista Francesco Fagnani, che verrà presto diffuso anche con sottotitoli in croato.

Un apporto fondamentale alla ricostruzione dei fatti è arrivato nel 2016 proprio dalle pagine di Avvenire, che nel settantesimo anniversario di Vergarolla ha raccolto per la prima volta la testimonianza di un esule polesano in Australia, Claudio Perucich, il cui racconto inedito prova la matrice filotitina della strage (LEGGI), mentre il 18 agosto di due anni fa l’intervista a Bruno Castro, esule polesano in Canada (“Ha un nome l'uomo della foto della strage di Vergarolla”, Avvenire 18 agosto 2021 LEGGI) ci ha permesso di dare un volto al protagonista della foto simbolo di Vergarolla, il vigile del fuoco Mario Angelini, mentre corre sulla spiaggia portando in braccio una bimba decapitata dall’esplosione: un’intervista che ha scosso la Pola croata del 2021, ancora immemore della sua stessa storia.

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