sabato 30 gennaio 2021
Un'indagine del EngageMinds Hub, il centro di ricerca dell'università Cattolica, analizza i cambiamenti nei consumi alimentari, ora più orientati verso cibi con origine certa e non "arricchiti".
Più made in Italy e prodotti a Km0 per gli italiani durante la pandemia

Università Cattolica

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Più attenti alla propria salute, più oculati nei comportamenti igienici per evitare il contagio da Covid, ma la pandemia ha cambiato anche le abitudini alimentari degli italiani, che adesso preferiscono i prodotti locali e made in Italy, ancor più quando si è sopraffatti da ansia e stati depressivi legati al Coronavirus. Banditi dunque sempre più prodotti con olio di palma e arricchiti con vitamine, si cercano alimenti a Km0 o di cui si è certi dell’origine. È questo il risultato di un’indagine che ha coinvolto 4mila persone targata EngageMinds Hub, il Centro di ricerca dell’università Cattolica, e in particolare dall’Area food del Centro che ha sede a Cremona nel Campus di Santa Monica. La pandemia così ha modificato non solo le nostre abitudini di vita e socializzazione, ma anche ciò che mettiamo a tavola, spingendo verso i prodotti locali e certificati: infatti si stima che il 70% delle persone acquisti spesso o sempre prodotti Dop, Igp o Stg, cioè a qualità certificata europea. La preferenza per i prodotti locali e il made in Italy inoltre è ancora maggiore tra le persone sopraffatte da stati d’ansia e depressivi e da un’aumentata percezione del pericolo del Covid.

L’indagine ha rappresentato un vero e proprio monitor continuativo, una ricerca iniziata con una prima survey lanciata a fine febbraio 2020, alla quale hanno fatto seguito altre due rilevazioni (a maggio e settembre) sino alla quarta di poche settimane fa: nel complesso, oltre 4000 persone intervistate e molti dati elaborati e interpretati dal team di psicologi-ricercatori dell’università Cattolica, in modo che, tra l’altro, si possano iniziare a costruire trend.

La ricerca

E il trend principale emerso è che oltre la metà degli intervistati (52%) ha acquistato cibi a “Km 0”, ovvero prodotti localmente, con il fattore provenienza dei prodotti alimentari che ha iniziato a pesare sempre più nei consumi di questi mesi. Gli ultimi dati (raccolti nell’ambito del progetto Craft) evidenziano, innanzitutto, come ai primi posti tra le scelte degli italiani ci siano i prodotti più garantiti, soprattutto per la loro origine.

«Da un punto di vista psicologico, che in tempi di Covid-19 il consumatore sia orientato verso alimenti di qualità, ma soprattutto di cui è nota, anzi, certificata, l’origine – spiega Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia dei consumi e della salute e direttore dell’EngageMinds Hub – è una dinamica coerente con atteggiamenti più generali di diffidenza verso “l’esterno” o l’esotico” che una pandemia sorta in Asia ha portato in molte persone, e che sfocia in comportamenti un poco più chiusi, anche in campo alimentare». E che il fattore psicologico giochi un ruolo rilevante è segnalato anche dal fatto che, rispetto al dato medio nazionale, prodotti sentiti come “made in Italy” siano preferiti in misura maggiore da cittadini che in questi mesi percepiscono il rischio sanitario e il rischio economico particolarmente elevato.

Scelta dei prodotti “free-from” e arricchiti

Una tendenza nei comportamenti dei consumatori ormai consolidata negli ultimi anni ( e confermata nella ricerca) riguarda inoltre i prodotti alimentari per i quali viene dichiarata dal produttore l’assenza di un ingrediente o di un componente nutrizionale particolare (i cosiddetti alimenti “free-from”) e quelli per i quali, al contrario, si fa leva sull’arricchimento di qualche altro ingrediente o componente nutrizionale (detti anche cibi “arricchiti” o “enriched”). L’analisi dell’EngageMinds Hub conferma perciò che nell’ultimo mese ben il 49% del campione ha acquistato con elevata frequenza prodotti “senza olio di palma”. È dunque questo, a oggi, il “free-from” con più appeal per il consumatore. Un quarto degli italiani ha dichiarato di aver consumato poi spesso o sempre latte “senza lattosio” e il 19% alimenti “senza glutine”. In costante crescita nel tempo sono infine i prodotti “arricchiti”, perché se a dicembre sono risultati acquistati molto frequentemente dal 32% degli italiani, nel febbraio 2019 questa quota partiva dal 27% per poi passare al 30% a maggio 2020 e al 31% a settembre.

«Sui prodotti free-from ed enriched la psicologia ha un forte impatto – sottolinea ancora Graffigna – perché attivano una sorta di irrazionale equazione psicologica secondo cui alcuni ingredienti se proposti come “eliminabili” o “sostituibili” allora vengono anche percepiti come “nocivi”». In questo momento sul piano psicologico oggi i consumatori italiani sono particolarmente provati dalla pandemia, perché spaventati, traumatizzati, frustrati ed affaticati dalla lunga convivenza con l’emergenza e le conseguenti restrizioni, «questi meccanismi emotivi hanno il sopravvento nelle nostre decisioni di consumo. Insomma, quando il consumatore è più emotivamente scombussolato si affida di più a dei meccanismi irrazionali di scelta e valutazione».

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