giovedì 20 agosto 2009
Secondo l'esponente Udc, anziché «discussioni fuori dalla realtà» sarebbe importante occuparsi della difesa dei posti di lavoro e della diseguaglianze che tocca i redditi familiari. «Basta contrapposizioni Nord-Sud».
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Dal mare della Liguria Savino Pezzotta, esponente di pun­ta dell’Udc, riflette su «un’I­talia che sembra stia andando a ra­mengo», impelagata come si ritrova in questa estate 2009 in «discussio­ni totalmente fuori dalla realtà». I sa­lari differenziati? Ma «qui la priorità è ancora la difesa dalla crisi dei po­sti di lavoro». L’Agenzia per il Sud? Sì, ma meglio pensare prima a «uno strumento indipendente di verifica di come si spende ogni euro inve­stito». E Pezzotta ne ha anche per chi, nell’Udc, sembra guardare già ad alleanze stabili: «È inopportuno ora, non è finito il processo di for­mazione del nostro progetto politi­co». Pezzotta, è diventato pessimista su come sta andando il Paese? Io muovo da un dato di realismo: questo è un Paese che ha un bisogno basilare di rinnovarsi in profondità. È sbagliato pensare - e lo dico da set­tentrionale - che il Nord sia l’isola del bene, da contrapporre a un Sud dove nulla funziona. Questo è un di­battito stantìo. La priorità, invece, è produrre un processo di rinnova­mento: della classe politica come dei comportamenti sociali. Basta con le operazioni di facciata, in cui cam­biano i partiti, ma la classe dirigen­te resta la stessa. E basta con la 'po­litica- spot ': dal ritiro delle truppe dall’Afghanistan all’uso del dialetto, dalle fiction sottotitolate sulla Rai ai vessilli regionali nella Costituzione, la Lega vuole dettare l’ordine del giorno. Mi chiedo quando comin­ceremo a discutere dei problemi se­ri. La Lega ha parlato però anche dei salari differenziati. Non è un tema serio, questo? Sappiamo tutti che, in fondo, sono inapplicabili. Il punto è che l’eco­nomia non ha ancora trovato un as­setto stabile. Sappiamo che la ripre­sa, quando arriverà, per sua stessa natura determinerà anche costi so­ciali alti. Se l’Inps segnala che ci so­no 100mila lavoratori con la Cig in deroga, che ne sarà di loro una vol­ta trascorsi i 6 mesi della cassa? Quante piccole imprese riapriran­no a settembre? La difesa dei posti di lavoro è la priorità. Poi è chiaro che si pone anche una questione sa­lariale e di potere d’acquisto. Dove va detto, però, che la differenza non la fanno tanto i territori di residen­za. Piuttosto occorre spostare l’at­tenzione dai redditi individuali a quelli familiari, è qui che passano oggi i fattori di diseguaglianza. Tut­ti, dall’Istat alla Caritas, ci dicono che a far salire la povertà sono i bassi red­diti nelle famiglie, peraltro diventa­te ormai un vero ammortizzatore so­ciale. Insomma, la Lega sbaglia bersaglio? Sì, come sull’immigrazione dove, dopo questo agosto di parole in li­bertà, finalmente Bankitalia ci ha ri­cordato che questo problema va considerato in modo diverso, non i­deologico. Noi dell’Udc non parlia­mo di salari differenziati, ma di quo­ziente e di assegni familiari. E a chi obietta che il quoziente costa trop­po, ricordo che chi è davvero rifor­matore ha nel suo dna la gradualità. Anche il Welfare che abbiamo oggi non lo si è introdotto in un colpo so­lo. Da ex leader sindacale, come vede il dibattito avviato anche nella Cgil sui contratti decentrati? Dico che era uno dei temi sottintesi già nel Patto per l’Italia del 2002. In un Paese che non ha un salario mi­nimo garantito, il passaggio dal con­tratto nazionale a un livello di con­trattazione decentrata che sia effet­tivo e riscuotibile, è l’unico modo per riuscire a operare una valorizza­zione in base alla produttività, alla qualità del lavoro e al merito. È an­che lo sbocco per ridare un ruolo al sindacato e per spingere le imprese a innovare. Il dibattito sul Sud si è incentrato pure sull’esigenza di un nuovo stru­mento d’intervento del governo. Bisogna capire bene che cosa sarà. Va evitato che diventi un carrozzo­ne alla Sviluppo Italia, per intender­ci. Prima ancora di pensare a una re­visione dei fondi per lo sviluppo del Sud, che peraltro sono una parte mi­nima di tutte le risorse destinate al Meridione, dovremmo però avere il dovere di fare il punto su quanti sol­di sono stati spesi fino a ora, su do­ve sono finiti e perché. Nel 2008 il governatore di Bankita­lia Draghi ipotizzò «un sistema in­dipendente di valutazioni dei ser­vizi». Pensa a qualcosa del genere?Sì. Per un senso di equità verso il Pae­se - e anche per porre fine a certe di­scussioni - , un’agenzia che rendi­conti ogni euro investito sarebbe u­tile. Anche per aiutarci ad avere una visione più articolata. Bisogna co­minciare a parlare di Mezzogiorni al plurale, perché al Sud ci sono anche realtà interessanti che hanno già a- vuto un loro sviluppo. Aggiungo che se si fosse spesa per la criminalità organizzata al Sud la stessa atten­zione posta sugli immigrati, sta­remmo già un passo avanti. E poi manca ancora una strategia per una ricollocazione mediterranea del no­stro Paese che valorizzi il Sud. In questi giorni si fa un gran parla­re anche delle alleanze future del­l’Udc. Come finirà, secondo lei? Registro innanzitutto che l’unico vo­to utile sembra diventato oggi quel­lo dell’Udc e per l’Udc, dopo che fi­no alle europee eravamo ritenuti so­lo un intralcio al bipolarismo. E que­sto mi fa dire, a chi nel mio partito si sta dando da fare, che è inopportu­no parlare ora di alleanze che nes­suno ha il compito di decidere per tutti. Il primo compito resta quello di ricomporre per quanto possibile la diaspora cattolica e costruire una forza assieme a quelle realtà laiche che tengono conto del ruolo socia­le della religione.
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