lunedì 30 luglio 2012
Detenuto a Regina Coeli, bloccato in cella.Recluso da cinque anni, gli hanno negato la discussione della tesi per cavilli burocratici.
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​Una doccia gelata a un passo dal traguardo. Simone, (nome di fantasia, <+corsivo>ndr<+tondo>), 40enne recluso da oltre cinque anni nel carcere romano di “Regina Coeli”, aveva deciso di sfruttare il tempo della pena per conseguire una laurea. E così si era iscritto alla facoltà di Lettere e filosofia. Venti esami in tre anni, buoni voti, una tesi preparata con cura. Ma, a poche ore dalla convocazione davanti alla commissione, il Magistrato di Sorveglianza ha negato la richiesta di permesso, facendo sfumare tutto. «Vicenda incredibile e avvilente», commenta il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, che ha denunciato la vicenda. Alla base del diniego vi sarebbe un cavillo burocratico: una vicenda discussa dai legali dell’uomo a maggio e da due mesi in attesa dell’esito. Ma la vicenda, secondo il Garante, è anche lo specchio della complicata situazione in cui versa il Tribunale di Sorveglianza di Roma, caratterizzata da ritardi e lentezze nel rispondere alle esigenze del sistema carcerario. «Questa vicenda è uno schiaffo all’impegno di tante persone che sul recupero sociale dei detenuti investono molto -c ommenta amaramente Marroni -. E, come degna conclusione, Simone ci ha ufficialmente detto di non volersi più laureare in carcere. Aspetterà di farlo fra un anno, quando sarà libero».Sulla vicenda è intervenuto anche Luigi Pagano, vice capo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) che ha invitato Simone «a non vanificare i suoi studi e l’operato di chi ha lavorato con lui. Quella laurea sarebbe un vanto per tutta “Regina Coeli”, perché chi studia in carcere e riesce a farcela, vale il triplo».Una vicenda che mette in luce, ancora una volta, le criticità del sistema penitenziario italiano. Tema su cui è spesso intervenuto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ieri ne ha nuovamente denunciato «l’insostenibilità» e ha raccomandato «l’adozione di provvedimenti che realizzino un sistema rispettoso del dettato costituzionale sulla funzione rieducativa della pena e sui diritti e la dignità della persona». Un appello contenuto nella missiva inviata ieri da Napolitano in risposta alla lettera del professor Andrea Pugiotto (docente di Diritto costituzionale) e sottoscritta da 120 accademici e giuristi sul tema della efficienza della giustizia e della realtà carceraria. «Ho già detto in altre occasioni - prosegue il Capo dello Stato - che non escludo pregiudizialmente neppure l’adozione dei provvedimenti clemenziali dell’amnistia e dell’indulto. Essi richiedono però un ampio accordo politico di cui attualmente non ravviso le condizioni». Ma non sono solo i detenuti a soffrire per il sovraffollamento. I due suicidi di agenti di polizia penitenziaria avvenuti venerdì hanno messo messo sotto i riflettori le difficoltà in cui operano i “baschi blu”. Il capo del Dap, Giovanni Tamburino, ha convocato un tavolo sindacale per la prossima settimana. «Non si può perdere tempo - dice il segretario nazionale dell’Ugl polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti - bisogna agire subito per introdurre almeno i centri d’ascolto. Il malessere degli agenti è solo la punta dell’iceberg di una condizione di disagio che investe tutto il sistema carcerario».
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