giovedì 28 marzo 2019
Pierpaolo Donati: «L’evento di Verona? Idee condivisibili, ma si deve valutare anche il momento storico È prioritario il sostegno alle coppie generative». Blangiardo (Istat) non andrà
Il sociologo Pierpaolo Donati

Il sociologo Pierpaolo Donati

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Spiccano i rappresentanti dei Paesi dell’Est, le teste coronate e i politici del centrodestra. Nell’intenso programma del Congresso di Verona organizzato dall’International organization of the family e da altre sigle, finalmente diffuso a tre giorni dall’evento, ci sono nomi altisonanti e altri meno noti. Il settore nobiliare vedrà la presenza della principessa Gloria Thurn und Taxis e del principe Luigi di Borbone, duca d’Angiò. Dall’Est Europa arriveranno il russo Victor Zubarev, deputato della Duma coordinatore del partito di Putin; l’ungherese Katalin Novak, ministero per la famiglia; il serbo Rados Pejovic, presidente del consiglio per lamfamiglia e gli affari sociali; l’ucraino Pavel Unguryan, direttore del Forum ucraino per la famiglia; la croata Zeljka Markic, leader dell’associazione familiare 'Nel nome della famiglia'. Tra i politici italiani sono annunciati Elisabetta Gardini, Giorgia Meloni, Marco Bussetti, Lorenzo Fontana e, naturalmente, Matteo Salvini che ieri ha ribadito in diretta Facebook: «Sabato sarò a Verona, ma senza voler togliere i diritti acquisiti come il divorzio, l’aborto, la parità fra i sessi e la libertà di scelta delle donne, la libertà di far l’amore con chi si vuole e quando si vuole...». L’esperto più noto presente nel programma era sicuramente il demografo Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, a cui però lavoratori e lavoratrici dell’Istituto nazionale di statistica avevano rivolto un appello: ci pensi, nel ruolo che ora riveste non è giusto partecipare a manifestazioni che non hanno nulla di accademico o di scientifico. E in serata Blangiardo ha accolto la richiesta. Non andra a Verona per evitare che «una decisione del tutto personale possa essere interpretata come una decisione del presidente dell’Istat».

In questi giorni, a proposito e sproposito, si parla tanto di famiglia. Ma i problemi reali rischiano di passare in secondo piano o di essere strumentalizzati da un dibattito che, alla vigilia del Congresso mondiale di Verona, appare molto ideologizzato. Ne parliamo con Pierpaolo Donati, docente di sociologia a Bologna, già direttore dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, tra i massimi esperti mondiali di politiche familiari, autore di centinaia di studi e direttore di progetti di ricerca internazionali. Donati a Verona non ci sarà.

Professore, possiamo tentare di dire una parola equilibrata nel dibattito scatenato in vista del Congresso mondiale di Verona?

Sarebbe un discorso lungo, mi limito a dire che concordo con la posizione del Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin: d’accordo nella sostanza, non nelle modalità. Ho sentito parlare in questi giorni alcuni relatori del Congresso di Verona, tra cui Massimo Gandolfini, e devo dire che le tesi sono in gran parte condivisibili.

Il problema sono le modalità?

Appunto, come la partecipazione delle delegazioni di alcuni Paesi dell’Est di chiaro orientamento politico. E questo andrebbe evitato per fare un discorso più positivo sulle questioni che riguardano la famiglia. Occorrerebbe cioè avanzare proposte costruttive guardando al futuro e non limitarsi semplicemente a impostare una difesa di posizioni che possono rischiare di apparire non adeguate al momento storico che stiamo vivendo.

Cioè il rischio è quello di trascurare i mutamenti che la famiglia sta vivendo?

Un discorso equilibrato non può trascurare l’evoluzione dei modelli familiari. Quattro anni fa, quando ero direttore dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, ho presentato un Piano di politiche familiari che, nonostante l’approvazione del governo, è rimasto lettera morta. Dovremmo riprendere a ragionare sui dati, sulla situazione della famiglia in Italia, su come affrontare questa emergenza. E questo mi sembra che non venga fatto.

Dove invece si può concordare?

Sul fatto che la famiglia abbia una struttura ben definita, che sia urgente sostenere in modo particolare le famiglie che hanno una capacità generativa, che occorra favorire la nascita dei figli. Certo, questo non deve significare negare o cancellare altri diritti. Mi sembra invece emergano posizioni e- stremiste che sul piano personale non condivido.

Si tratta insomma di combinare il sostegno alla famiglia generativa con altri diritti che non possono essere negati perché frutto di un’evoluzione che potrà non piacere ma che esiste?

Questo è il problema. La famiglia in Italia si sta disgregando. Quindi il sostegno alle coppie che intendono concretamente 'far famiglia' è urgente e doveroso. Ma in Italia per questi obiettivi non si fa nulla. Non si tratta di negare altri diritti, ma di riconoscere che da trent’anni a questa parte le politiche familiari sono risultate largamente inadeguate. L’abbiamo detto e ridetto. Ma tutto sembra inutile.

Famiglia 'naturale', famiglia 'tradizionale'. Come far chiarezza in questo dibattito evitando le strumentalizzazioni?

Bisogna fare attenzione. Se 'naturale' vuol dire che i bambini nascono dal rapporto da un uomo e una donna, mi pare evidente. Certo, ci sono anche le tecniche di riproduzione assistita. A mio parere è giusto sostenere quelle omologhe, mentre quelle eterologhe rappresentano un grave problema soprattutto per i bambini stessi. Perché dalle ricerche cliniche sappiamo che un figlio che non conosce la paternità o addirittura la maternità nel caso di donazioni di ovuli, si trova in gravi difficoltà. Sono trasformazioni che vanno comunque studiate in modo scientifico.

Non basta insomma proclamare qualche slogan per risolvere i problemi.

Certamente no, occorre da una parte non trascurare i dati della ricerca e dall’altra sostenere politiche adeguate. E questo, ripeto, non è mai stato fatto. Promuovere una politica per la famiglia non vuol dire, ribadisco, negare i diritti ad altre forme di convivenza che nascono dalla libera scelta delle persone. Quando ci sono aspetti di vicinanza, di mutuo aiuto, di amicizia solidale, queste convivenze vanno rispettate. Perché anche in queste relazioni le persone possono realizzarsi. Ma sempre tenendo distinte realtà che sono diverse. La famiglia ha un suo genoma insostituibile. Altre forme, come le unioni civili, sono 'altro'. Ed è giusto distinguere. Che non vuol dire discriminare. Ma una famiglia con figli ha funzioni sociali che altri tipi di unione non possono avere. E queste funzioni vanno riconosciute.

Un altro aspetto che rischia di essere equivocato è il grande tema dei rapporti di genere. Questioni che non possono essere regolate con l’accetta…

Qui si mette sotto accusa il mondo contemporaneo, e quindi si rischia di ignorare quello che io definisco la morfogenesi della famiglia. E si tratta di una visione un po’ riduttiva che non tiene conto di alcune modalità evolutive che sono inevitabili e che hanno lati positivi ma anche rischi. Si tratta di gestire il cambiamento per andare incontro al futuro e non rivolgere la testa al passato, inseguendo modelli che sono ormai difficilmente riproponibili, soprattutto quando si pretende di ridurre il ruolo della donna a quello della maternità. Occorre comprendere il cambiamento complessivo della società che è culturale, sociale, tecnologico. E quindi promuovere una forma di famiglia che, senza rinunciare ai fondamenti di sempre, riesca ad essere interprete di questa evoluzione.

Manca insomma un’attenzione a quella complessità in cui la famiglia è obbligata ad inserirsi. Discernere i segni dei tempi dovrebbe essere un atteggiamento profondamente cristiano. A Verona questo sforzo non sembra presente?

Da questo governo non vengono altro che slogan che non incidono nel problema perché ignorano le necessità reali delle famiglia in quanto famiglie e non in quanto persone che hanno problemi economici. Occorre guardare la famiglia come struttura relazionale. Perché, per esempio, non favorire la conciliazione famiglia-lavoro con le nuove, varie, modalità che ben conosciamo? Di queste misure non si parla. Come sociologo devo dire che mancano le iniziative concrete per migliorare le relazioni familiari. Si continua a parlare di individui e non di relazioni. Tutti i modelli di welfare sono in crisi e manca una riflessione culturale adeguata. Di questo si dovrebbe dibattere. E invece...

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