giovedì 18 maggio 2023
Il bimbo lasciato a pasqua nella culla per la vita della Mangiagalli affidato a una coppia
Per il piccolo Enea una famiglia e un nuovo nome

ANSA

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Ora il piccolo Enea ha una famiglia nuova. Ha una mamma e un papà per il cammino di vita che lo attende. E ha un nome nuovo di zecca, registrato all’anagrafe. «Una famiglia con la quale potrà vivere e avere un futuro di affetto e di cure. E se lo avrà, è anche grazie alla mamma che ha deciso di affidarlo alla culla per la vita del Policlinico », scandisce Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano.

Erano le 11,40 del giorno di Pasqua, domenica 9 aprile, quando la culla per la vita all’ingresso della Clinica Mangiagalli si attivava per accogliere un neonato di 2,6 chilogrammi, che la mamma biologica aveva lasciato assieme a una lettera in cui spiegava come il piccolo Enea – questo il nome scelto dalla donna – fosse nato in ospedale e fosse «super sano». Ebbene: poco più di un mese dopo nella storia di Enea si apre una pagina nuova e decisiva. Il Tribunale per i minorenni ha scelto una delle coppie che si erano rese disponibili ad adottare il bimbo. « Nella nuova famiglia rimarrà per un anno in affidamento preadottivo, avendo il Comune di Milano quale tutore. Verificato l’inserimento positivo del bambino, si procederà alla sua adozione – spiega Maria Carla Gatto –. Sono in media 530 le coppie che ogni anno fanno domanda al Tribunale per i minorenni. La loro domanda va in comparazione con quelle delle altre coppie per un periodo di tre anni. Il Tribunale fa le sue scelte nella sua composizione multidisciplinare di giudici togati e di giudici onorari – questi secondi vanno dallo psicologo al neonatologo, competenze preziose per poter formulare le decisioni migliori per il bene del bambino e del suo futuro cammino di vita». Così si è fatto anche con Enea. «Che però ora ha non solo una data di nascita, ma un nome e un cognome nuovo, che ha ricevuto dall’ufficiale di stato civile dell’anagrafe di Milano », precisa la presidente.

Il bambino che per poco più di un mese ha portato il nome di Enea – nome di guerriero, viaggiatore e uomo pio – è il terzo affidato alla culla per la vita del Policlinico, attivata 16 anni fa. Prima di lui vi avevano trovato accoglienza Mario, nel 2012, e Giovanni, nel 2016. Pochi giorni dopo questa ultima domenica di Pasqua, una vicenda analoga: una donna e il suo compagno si sono recati all’ospedale Buzzi per lasciare la loro neonata alle cure di medici e infermieri, senza riconoscerla e chiedendo di restare anonimi. In questo modo i genitori – coppia di senza dimora in condizione di grande precarietà – hanno voluto assicurare la possibilità di un futuro alla bambina. Altra vicenda simile a inizio maggio a Bergamo, dove una neonata viene affidata alla culla per la vita attivata accanto alla sede del Comitato della Croce Rossa Italiana. Storie di abbandono, sì, ma che aprono ai piccoli una speranza di vita migliore. Speranza negata invece alla neonata rinvenuta, ormai cadavere, in un cassonetto per abiti usati della Caritas, in zona Città Studi a Milano. Una storia tragica che, come e più delle altre, ha lanciato una provocazione a una società che fatica a riconoscere, ascoltare, aiutare le mamme sole e “invisibili”.

E a tutelare davvero la vita nascente. Le opportunità ci sono: dalle culle per la vita, ancora troppo poche, al parto in anonimato, ancora troppo poco conosciuto. La cosa importante: « Lasciare in pace le mamme, rispettare l’anonimato, evitare la diffusione di dati sensibili », insiste Maria Carla Gatto, anche alla luce, in alcuni casi, di esposizioni mediatiche eccessive e inopportune. « Dobbiamo garantire le condizioni per il futuro sereno di questi bambini. E rispettare le scelte di mamme che, comunque, hanno assicurato un avvenire al loro figlio».

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