martedì 10 maggio 2022
Il sit-in dei "Giovani per la pace" a Castel Sant'Angelo. La testimonianza di Lea Polgar, testimone della Shoah
Torna il "Peacemob", i ragazzi delle medie in piazza
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Dopo i sit-in di piazza del Campidoglio, piazza Vittorio e piazza di Spagna, i ragazzi delle scuole medie di Roma hanno fatto sentire la loro voce durante il Peace mob organizzato a Castel Sant’Angelo dalla Comunità di Sant’Egidio. Un’esplosione di allegria tra cori, balletti, striscioni e risate che hanno lasciato spazio anche ad importanti momenti di riflessione sulla guerra e le sue terribili conseguenze. L’appuntamento è alle 10.30, in uno dei posti più belli e suggestivi di Roma: largo Giovanni XXIII, ai piedi di Castel Sant’Angelo. I ragazzi, accompagnati da professori ed organizzatori, sono tutti “armati” di striscioni e cartelloni colorati. «Che bravi! Li avete fatti tutti voi?». «Sì - ci risponde un ragazzino – giornalisti, venite a vedere anche quelli che abbiamo appoggiato a terra!». Sono coloratissimi, in uno c’è scritto “La parola pace non si scrive con le armi, ma con l’amore”, in un altro “Non fate la guerra, altrimenti ci tocca studiarla!”. E poi tanti cartelli più piccoli con i nomi dei Paesi che stanno vivendo una situazione di conflitto «perché la guerra, purtroppo, non è solo in Ucraina – spiega una ragazza dal palco- ma anche in altre parti del mondo».

Manifestazione per la pace in via della Conciliazione

Manifestazione per la pace in via della Conciliazione - Francesca Massimano

Inizia il “Peace mob” e i ragazzi invitano sul palchetto una donna straordinaria, Lea Polgar, scampata alla deportazione degli ebrei con la sua famiglia nel 1943. «Sono una nonna, per me è come se foste tutti miei nipoti- spiega Lea - vi voglio raccontare una storia, la mia storia». Così Lea racconta che all’età di 5 anni ha dovuto lasciare l’Istria: «La gente è scappata con quel poco che riusciva a racimolare e oggi la storia si ripete, perché le guerre sono sempre guerre e sono bruttissime sotto tutti i punti di vista». Poi descrive, ma col sorriso rassicurante di una nonna, la paura provata da bambina quando vedeva i cacciabombardieri volare, le finestre che tremavano, la persecuzione degli ebrei. «La mia famiglia, però, ha avuto la fortuna di trovare persone che non sono rimaste indifferenti. Ed è questo quello che voglio raccomandare a voi, di non rimanere indifferenti verso quello che sta succedendo». Poi aggiunge: «Adesso, a scuola, conoscerete ragazzi che vengono dall’Ucraina, o li conoscerete ai giardinetti dove andate a giocare, o in palestra: cercate di stare loro vicini. Fate loro sentire la vostra amicizia, la vostra comprensione, aiutateli a pensare ad altro, a non ricordare le cose brutte della guerra», perché «siete ancora piccoli e il vostro compito si limita a questo, stare vicino a questi ragazzi, voler loro bene, giocare con loro, mangiare insieme un gelato, guardare insieme una partita. Questa è la raccomandazione che vi voglio fare. Io sono qui perché delle persone hanno rischiato la propria vita per aiutarmi e questo è un debito. Per questo vi raccomando: siate generosi col vostro affetto e con la vostra comprensione».

Poi, sul palchetto salgono altri ragazzi per raccontare la loro storia. Ci sono Francesca e Paola che, con i “Giovani per la Pace”, si recano abitualmente nella casa di riposo “Santa Francesca romana” a Trastevere per visitare gli anziani ospiti. Lì hanno conosciuto una signora di 87 anni, Silvana, e hanno letto il suo personale racconto sulla seconda guerra mondiale. Infine il racconto di Ionis, scappato dalla Siria, e quello di Caterina e Uliana, arrivate a Roma dall’Ucraina. Il corteo inizia a marciare con una sorta di coreografia di bandiere e striscioni al grido di “Sì alla pace, no alla guerra!”. Lo sguardo affettuoso di Lea Polgar li segue, mentre dice: «È importante stare qui oggi, perché l’indifferenza dei grandi i bambini non la devono avere».

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